Da parte di tutte le persone che hanno partecipato a diverso titolo al progetto “Non solo accoglienza” vi ringraziamo per il supporto e la vostra partecipazione.
]]>Orari per visitare l’installazione:
Da venerdì 22 novembre a domenica 1 dicembre
Lu-Ve 9.30/16.30
Sa-Do: 10.30/17.30
Ecco come è stata raccontata dalla stampa:
Cinque minuti in cella per provare la vita in carcere (Video – Repubblica)
Cinque minuti in cella per capire l’effetto che fa (Repubblica)
Al “fresco” per cinque minuti: la cella è in centro città (Varesenews)
Vivere in cella, si sperimenta a Palazzo Cicogna (Prealpina)
Una cella in centro a Busto Arsizio: 5 minuti da detenuto-sardina (Inform@zione On line)
Pronti a vivere 5 minuti in cella? “extrema ratio” a Busto Arsizio (Legnano News)
Il servizio del Tg3 Lombardia (edizione 19.30, 24 novembre, min. 11.00)
Il carcere di Busto Arsizio sopra la soglia dei 400 detenuti (Il Giorno)
Cinque minuti da detenuti: la “sfida” da venerdì a Busto Arsizio per il progetto Extrema Ratio (Varese7Press)
Anche il jazz di Max De Aloe “5 minuti in cella” (L’Impronta)
Chiusi in cella, per capire cosa prova un detenuto. E suonare del jazz (Redattore Sociale)
Busto e la condizione carceraria: dopo la mostra sui detenuti del liceo Crespi, ora “Extrema Ratio” con Enaip (Assesempione.info)
ExtremaRatio fa parte degli eventi conclusivi del progetto “Non solo accoglienza” organizzato grazie alcontributo di Cariplo. Nella mattina di venerdì 22 novembre ci sarà anche un convegno organizzato dagli stessi partner ai Molini Marzoli. Tema dell’incontro sarà l’affettività e in particolare “L’anello invisibile. Il ruolo della partner a sostegno del percorso di reinserimento del detenuto”. «La donna fuori dalle mura – spiegano gli organizzatori – è l’anello invisibile di una catena che regge il carico affettivo e sociale di una storia famigliare e spesso risulta determinate sull’esito del percorso di reinserimento. In questo convegno ci domanderemo se e come il nostro operare può essere orientato al sostegno di questo caregiver di difficile ingaggio». Il convegno è in programma venerdì 22 novembre dalle 9.30 alle 13 alla Sala Tramogge, Molini Marzoli via Molino, 2 (angolo via Cadorna). I due eventi sono organizzati con il supporto del Comune di Busto Arsizio, del Provveditorato Regionale dell’Amministrazione Penitenziaria per la Lombardia, della Direzione della Casa Circondariale di Busto Arsizio e della Direzione Ufficio Esecuzione Penale Esterna sede di Varese.
Il programma del convegno di venerdì 22 novembre, ore 9.30
Orari per visitare l’installazione:
Da venerdì 22 novembre a domenica 1 dicembre
Lu-Ve 9.30/16.30
Sa-Do: 10.30/17.30
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Si è concluso ieri, con uno spettacolo di interpretazione teatrale, a cura dell’Associazione culturale Plateali, il progetto dedicato all’educazione alla legalità promosso dalla Casa circondariale di Varese in collaborazione con Enaip e alucune scuole superiori della provincia. Un momento di svago e di festa al termine di un articolato percorso fatto di incontri e di momenti di confronto.
«Il dialogo e la lettura delle esperienze in chiave critica ha permesso un arricchimento sia agli studenti che ai detentuti – ha spiegato il direttore del carcere Miogni, Gianfranco Mongelli -. Agli incontri e alle lezioni “teoriche” sono seguiti dei momenti di collaborazione pratica come i laboratori e gli approfondimenti dedicati all’intercultura».
Al progetto, che è giunto quest’anno alla sua quinta edizione hanno collaborato anche alcuni genitori degli alunni. «Abbiamo ottenuto dei segnali positivi anche da parte della Regione Lombardia che sta monitorando le nostrre attività. Il progetto nel suo complesso è stato considerato uno dei più interessanti tra quelli dedicati all’educazione alla legalità» ha aggiunto Sergio Preite di Enaip Varese. All’iniziativa hanno partecipato: l’Isis Newton, l’Istituto Maria Ausiliatrice e il liceo artistico Frattini di Varese oltre all’Isis di Bisuschio.
Giovedì 29 marzo, ore 14.00: appuntamento in Carcere a Varese tra i ragazzi delle scuole che aderiscono al progetto legalità e le persone ristrette, quelle del gruppo della legalità e gli stranieri.
Ci siamo preparati negli ultimi mesi per incontrarci e per provare a raccontare con le nostre storie di viaggio, di rapporti nelle nostre famiglie, di fatiche trascorse su un treno e chissà dove, di come siamo finiti qui in Italia e in questo posto in particolare. Il gruppo stranieri è variamente rappresentato: c’è chi arriva dall’Albania, dal Marocco, dal Pakistan, da Capoverde, dal Perù. Chi è cresciuto qui, chi è arrivato più grande inseguendo un sogno: quello di stare meglio in un Paese che tutti immaginano ricco, pieno di possibilità, libero.
Rompe il ghiaccio Leon, con la sua voce forte, si presenta. E poi legge la sua storia fin dal primo giorno, quella volta che scese dal treno alla stazione Centrale… poi Mustapha, Mohamed, Dongo, Fernando, Butt…. Tutti hanno da raccontare. Chi si è ritrovato a camminare solo in autostrada perché il passaggio dalla Spagna era troppo controllato, chi ricorda il suo paese e le sue tradizioni, i cambiamenti della primavera araba e immagina che ora non si potrà che stare meglio, chi ha un ricordo preciso della sua storia con un padre severo e testardo, chi ha rivisto la mamma dopo tanti anni proprio qui, in carcere.
Raccontarsi: quanta fatica a ritrovare le parole giuste, a decidere che alcune cose di sé si possono dire in pubblico, a ricostruire un pezzo di storia importante della propria vita. Come educatori Abbiamo deciso ori che le storie dei ristretti e in questo caso delle persone straniere potevano essere uno strumento di conoscenza, un modo per entrare e conoscere con rispetto la storia di chi sta in carcere. raccontarsi è anche un modo per ricostruire parti di sé, ritrovarsi, e forse riuscire a darsi una prospettiva possibile per il futuro.
Dopo i racconti c’è spazio per lavorare in gruppo: ci chiediamo cos è l’integrazione, come saremo tra vent’anni, qual è l’immagine dei nostri Paesi agli occhi degli altri… le parole che risuonano quando ci ritroviamo insieme sono “parole buone”, positive. Si parla di rispetto, di multi etnicità, di possibilità di incontro, di desiderio di conoscere gli altri per non essere vittime di pregiudizi. Sergio però ci provoca: osa dividerci in due gruppi, distinti, lontani: italiani da una parte, “il resto del mondo” dall’altra. Questa divisione irrita, non appartiene a nessuno, non siamo abituati alle divisioni, non hanno senso. Tra vent’anni saremo certamente più uniti, meticci, meno legati a immagini convenzionali rispetto agli stranieri. Seduto nella divisione nessuno vuole stare, non si vede l’ora che la provocazione finisca. E così è finalmente…
E come spesso accade negli incontri tra “nuovi amici” cè anche il momento per bere e mangiare qualcosa insieme: thè alla menta e corni di gazzella (dolci maghrebini preparati in cucina da Mustapha).
Ecco tre ore sono già finite: abbiamo condiviso parole ed emozioni, anche quelle più forti. Ora i detenuti lasceranno per primi la sala, per recarsi a trascorrere la solita serata preparando qualcosa per cena e guardando la TV. I ragazzi usciranno un attimo dopo. Nel loro ricordo le storie e l’importanza di un incontro. E poi un bel venerdì sera. Ci salutiamo, operatori e insegnanti. È stato un bell’incontro, positivo, come lo sono stati tutti quelli vissuti quest’anno all’interno del progetto di educazione alla legalità.
Un ringraziamento a chi c’era: alla direzione dell’Istituto e agli agenti di Polizia Penitenziaria presenti per tutto il tempo dell’incontro, alla Responsabile dell’area educativa che sempre ci sprona alla migliore preparazione delle attività, agli educatori che si sono dedicati con professionalità e costanza alla riuscita dell’incontro, al consorzio SolCo Varese e a Enaip che nonostante la fatica di progetti che stentano a essere confermati sempre ci permettono di partecipare in qualità di agenti di rete alle iniziative più importanti. Grazie agli studenti, alla loro rispettosa curiosità e al loro interesse…. E poi un grazie alle persone che sono ritornate in cella dopo le cinque: grazie per aver deciso di mettersi in gioco, di raccontarsi, di volersi esporre per dire una volta in più che quando saranno di nuovo liberi, liberamente potranno scegliere di vivere diversamente e di stare bene.
Sono le diciassette. Nelle celle c è musica. Ci si prepara alla sera, al film della tv, al passaggio di un altro giorno. Sono le diciassette: fuori c’è ancora tanto sole.