Un pomeriggio in via Morandi 5 – sì, proprio l’indirizzo del carcere di Varese -, per conoscere culture diverse e raccontarsi. Procede così il progetto di Educazione alla Legalità “Percorsi a confronto” promosso dall’Area Educativa dell’Istituto Penitenziario con alcune scuole del territorio. Giovedì pomeriggio un gruppo di studenti ha avuto la possibilità di entrare in Istituto e incontrare alcuni detenuti provenienti dal Nord Africa che hanno raccontato e offerto alcune informazioni sui loro Paesi.
Il gruppo “stranieri” è un’attività ormai stabileall’interno delle iniziative trattamentali della Casa Circondariale e nell’ultimo mese tutti hanno lavorato “testa bassa” per organizzare l’incontro.
Ci incontriamo nella sala colloqui: gli studenti con i loro docenti sono pronti e tocca ad Ahmed rompere il ghiaccio. Sullo schermo bianco passano immagini della sua città in Tunisia e lui offre informazioni, dati, qualche curiosità sul giorno della sua partenza, l’acquisto del gommone e il suo arrivo una mattina sull’isola di Pantelleria. Poi tocca a Mohamed parlare del Marocco, la porta dell’Africa. Descrive la bellezza del paesaggio, parla del mare e di deserto, della sua terra, lasciata anni fa. Abdelghani offre a tutto il gruppo informazioni sulla lingua araba, sulla diffusione della stessa nel mondo arabo, si ripetono insieme le lettere con i loro suoni gutturali quasi impossibili. Insegna ancora il saluto arabo, mentre Said e Mustafa raccontano della cultura: il valore della famiglia e la loro religione, in particolare la festa del Ramadan, il mese sacro dell’Islam, quello del digiuno che si conclude dopo trenta giorni con una grande festa e con importanti momenti di solidarietà e vicinanza tra le persone “una grande festa di pace”. E poi Aziz e i sapori e colori della cucina araba: sembra di sentire l’odore delle spezie, vedere il colore delle verdure mentre parla di cous cous e da ultimo racconta del rito del thè.
Finiti i racconti e le parole offriamo agli ospiti un momento di convivialità: thè verde alla menta ebiscotti preparati nella cucina dell’Istituto dagli stessi detenuti. La tensione ora è allentata, ci si può conoscere con tranquillità e quasi in modo “normale”. Ognuno di noi ha dato il meglio che poteva: ci sono fogli interi scritti a mano e poi copiati con una scrittura più bella, chi va a scuola ha preparato il proprio lavoro al pc con l’aiuto degli insegnanti. La mattina tutti hanno provato e riprovato a ripetere il proprio discorso per fare bella figura con una lingua a volte ancora da conoscere nei suoi termini più difficili. Tutti hanno creduto nel potere delle parole e dei racconti per poter avvicinare i ragazzi delle scuole e i loro insegnanti alla conoscenza e all’incontro con una diversa cultura ed è stato un successo.
L’incontro prosegue con momenti di confronto e lavori di gruppo. Si parla di quel che succede in Italia, degli sbarchi, delle persone che arrivano e che cercano la fortuna. Una cosa è certa: se si decide di conoscere gli altri e di ascoltare una buona parte dei nostri pregiudizi crolla e si può parlare di integrazione, solidarietà, incontro.
È stato un pomeriggio diverso, non sembrava nemmeno di essere detenuti. Grazie a chi l’ha reso possibile, agli operatori dell’Istituto , Educatori, Polizia Penitenziaria, Insegnanti, Agenti di rete. Ma soprattutto grazie a Ahmed, Mohamed, Ibrahim, Abdelghani, Said, Mustafa, Aziz e anche a Rachid, Yassine e Chakib che in questo mese hanno dato una mano e poi sono andati altrove. Grazie alle parole, le immagini, i suoni e le emozioni di un pomeriggio di incontro con il “gruppo stranieri”.
E per finire, un saluto
UA ALAICUM SSALAM ,
CHE LA PACE SIA SU DI VOI