Un tour virtuale all’Insubria con Cinzia Borciu

È il momento dell’Università degli Studi dell’Insubria, ateneo con sede a Varese e Como, raccontato da Cinzia Borciu dell’Ufficio formazione, sviluppo e comunicazione, che ha descritto in foto la quotidianità dei suoi studenti e non solo.
In un tour virtuale ci ha infatti portato a visitare i meandri più nascosti dell’ateneo, dai sotterranei fino ai laboratori, facendoci conoscere al contempo studenti, professori e personale.

 

1.  Descrivi in poche righe chi sei

Sono dei gemelli, quindi piuttosto estrema e appassionata nell’approccio alle situazioni.  
Quello che più mi appassiona è la musica e lo studio della comunicazione, in ogni sua forma.
Faccio del mio meglio per mettere in pratica quello che imparo, cercando di valorizzare al meglio l’Università degli Studi dell’Insubria, dove ho studiato e dove ora lavoro nell’ambito della comunicazione.

2.  Come è stata la tua esperienza con l’account di VareseNews?

Innegabilmente impegnativa, ma in ugual misura appagante.
E’ stata una bella occasione per decidere insieme un piano editoriale e cercare insieme il materiale da pubblicare.
E’ stato bello vedere anche studenti e docenti dedicare un po’ del loro tempo per fornire foto, video o informazioni sui loro progetti, con l’obiettivo di far conoscere le eccellenze dell’Ateneo.
Da parte mia, ho cercato di valorizzare al meglio il materiale raccolto.
Come? Soprattutto cercando di completarlo con didascalie brevi ma coinvolgenti, scegliendo filtri e colori adatti all’emozione che volevamo esprimere con la foto e pubblicando nell’orario più adatto, per creare un legame empatico col pubblico (ad esempio, intorno alle 21 abbiamo pubblicato il Chiostro di Sant’Abbondio illuminato o la foto degli studi in Antartide in una serata particolarmente fredda).

3.  Cosa pensi di Instagram come mezzo di comunicazione?

Non essendo appassionata di fotografia, l’ho sempre sottovalutato.
Recentemente, invece, lo sto apprezzando di più perché trovo che le immagini non mediate dalla parola lo rendano meno “morboso” di Facebook, in cui il desiderio di condivisione sembra aver lasciato il posto all’esigenza spasmodica di mostrare le proprie doti, spesso screditando qualcun altro, anche con toni ostili.
Sempre comparandolo a Facebook, ne apprezzo anche la minore frequenza di aggiornamento del newsfeed e la facilità di entrare in comunicazione con profili di tutto il mondo, grazie all’uso degli hashtag. 

4.  Cosa ti piace raccontare?

Per lavoro mi piace raccontare la vita di Ateneo dal punto di vista ludico e aggregativo, ad esempio condividendo le foto pubblicate dagli studenti stessi dopo un esame superato o mentre sono in erasmus.
Credo che sia molto importante anche fornire ai follower dei contenuti di valore, focalizzati per pubblico di riferimento (studenti, docenti, personale, enti, cittadinanza).
Ad esempio, recentemente abbiamo pubblicato un video in cui i nostri docenti chiarivano meglio le polemiche sul Piano nazionale per la conservazione del lupo e prossimamente ne gireremo altri per spiegare le procedure amministrative.
Del mio privato pubblico poco, perché preferisco condividerlo davanti a un aperitivo e, soprattutto, perché conosco i rischi del digitale.  
Mi divertono molto le storie, soprattutto quelle su Snapchat, dove però è un po’ complicato crearsi una base di follower.
Anche nelle storie condivido con ironia momenti semplici legati ai miei interessi, sempre senza fornire dati o informazioni personali. Credo che le storie siano ottime per fare personal branding.

5.  Cosa significa gestire un account Instagram per una testata giornalistica e cosa pensi del progetto Convaresenews?

Grande responsabilità.
E’ una sensazione che ho normalmente anche gestendo il profilo dell’Università, perché si lavora con la credibilità dell’Ente.
In questo caso c’era in gioco anche la fiducia dei lettori di VareseNews, ai quali abbiamo cercato di presentarci al meglio, ma anche la fiducia della Redazione, che ci ha coinvolti nel progetto.

6.  Cosa ti ha lasciato questa esperienza?

Molta soddisfazione per averci creduto da subito e perché siamo riusciti a raccontare l’Università con il tono di voce che ritengo più adatto: quello moderatamente informale e non artefatto, che guarda alla sostanza e alle persone che compongono un’Organizzazione.

7.  Quanta importanza ha l’uso dei social per promuovere l’università?

Sicuramente crescente.
Nonostante qualche difficoltà burocratica, utilizzeremo presto anche nuovi strumenti per potenziare al meglio questa attività.
Dall’apertura dei nostri profili, registriamo ogni giorno una crescita costante di follower e soprattutto dell’interazione.
C’è voluto un po’ di tempo per dimostrare la necessità di questi strumenti, ma soprattutto per acquisire credibilità nei confronti degli utenti. Oggi sanno di poter dire la loro, ricevere assistenza o informazioni contattandoci tramite i messaggi privati e iniziano a sentire la necessità di raccontare le loro storie attraverso i nostri canali.

8.  Sull’account Instagram di VareseNews avete pubblicato numerosi post sullo sport: quanta importanza date in università all’attività sportiva?

Lo sport è molto importante all’Insubria.
Lo testimoniano gli investimenti fatti sia in termini di impianti sportivi, sia in termini di accordi con le federazioni sportive nazionali per accogliere studenti atleti.

Un anno fa iniziava il progetto #convaresenews Oltre 50 realtà hanno gestito il nostro account di Instagram tra questi @uninsubria

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