Il calcio di punizione secondo Gianni

Il campionato sta giungendo al termine (ancora tre giornate, a parte i recuperi), e vorrei sfruttare questi ultimi articoli per chiarire alcuni dubbi sul regolamento, che da anni ci tormentano e ci perseguitano, sperando che siano uno spunto di riflessione, oltre che per giocatori ed allenatori, anche per gli arbitri.
Oggi parliamo della distanza sui calci di punizione. Ogni settimana le interpretazioni sono molteplici. La frase più emblematica e ricorrente è «la palla deve essere giocabile», che poi qualche arbitro spiega dicendo che «bisogna stare ad un metro e mezzo dalla palla». I

l regolamento del CSI letteralmente recita che:

“nei calci d’inizio, d’angolo, di rigore, e nei calci di punizione (accordati fuori dalle aree di rigore) nessun avversario può essere a meno di m 6 dal punto in cui viene messo il pallone. Nei calci di punizione indiretti decretati in area di rigore, i calciatori difendenti possono stare ad una distanza minima di m 4 dal punto in cui viene posto il pallone”.

Quindi il regolamento è chiaro: quando viene assegnato un calcio di punizione il calciatore che difende deve stare a 6 metri di distanza. Sommossa popolare! Torpiloqui e improperi verso la mia persona! «Tutto questo è inaccettabile!».

«E io la barriera come faccio a metterla?». «Amico degli arbitri!», «vuoi diventare amico degli arbitri!». Niente di tutto ciò. Semplicemente credo che se si leggesse il regolamento (cosa che, diciamocelo, in pochi fanno) potremmo sfruttare le regole a nostro favore. E invece, chi per comodità, chi per pigrizia e chi per abitudine, preferiamo affidarci a voci e tradizioni tramandateci nei secoli dei secoli. Amen.

Cerco però di mettermi anche nei panni di chi ha commesso il fallo. Il calciatore: «quindi devo stare alla distanza di 6 metri. Ma, se sono già vicino al pallone, posso far finta di disinteressarmene, scambiare quattro chiacchiere sul tempo, bere un caffè o fumare una sigaretta (anche se quest’ultima, oltre che nociva per la salute, credo sia vietata dall’onnipresente regolamento), e portarmi a 6 metri (magari lentamente, fingendo il crampo o altro escamotage)?». Teoricamente sì, ma potrebbe scattare l’ammonizione.

L’allenatore: «se prendo un gol perché ti metti a 6 metri ti sostituisco subito. Attaccati alla palla e piuttosto prendi l’ammonizione».

Visto che non è mia intenzione creare dell’acredine tra giocatori e allenatori, dico semplicemente che da regolamento bisogna stare a 6 metri. D’altro canto, da nessuna parte c’è scritto che il giocatore pronto a battere la punizione debba chiedere “la distanza” perché l’arbitro pronunci l’agognata frase «fischio io». Semplicemente, se gli arbitri applicassero, oltre alle regole, anche il buon senso, su falli in prossimità dell’area di rigore direbbero subito «fischio io!». E anche se gli arbitri sono costretti a leggerlo il regolamento (e per la maggior parte di loro questa lettura può essere  interessante quanto i “Promessi sposi” per uno studente del liceo), molti (chi per comodità, chi per pigrizia e chi per abitudine) preferiscono affidarsi a voci e tradizioni tramandate nei secoli dei secoli. Amen.

Sarò riuscito a chiarire qualcosa? Non so. Da oggi vedremo calciatori che seguono il regolamento e arbitri che usano il buon senso? Non credo. Ma per certi cambiamenti ci vuole pazienza.

Settimana prossima l’argomento di questa rubrica sarà “La bestemmia: a volte l’arbitro non sente, ma Lassù non sfugge nulla”.

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