Corleone, chi è contro le cosche ora vuole un turismo della legalità

L’agriturismo sequestrato a Totò Riina

Corleone, la memoria, il riscatto, i boss e il futuro di un territorio che sta cercando di uscire da una secolare arretratezza. Eppure, la visione che abbiamo di Corleone è sempre un po’ parziale. La bottega dei prodotti di Libera Terra si trova in una casa a tre piani, confiscata a Bernardo Provenzano. In fondo al vicolo, abitano ancora i figli del boss, e quando i ragazzi di Libera aprono la porta, la mattina, trovano spesso i parenti del capomafia: si salutano, non fraternizzano, certo, ma vivono gomito a gomito. Qui vicino abitano anche la moglie di Totò Riina, e altri figli e parenti delle famiglie dei due grandi boss. La botteghe e il laboratori della legalità sono organizzati come un negozio che vende prodotti, e nei piani superiori come una casa museo. C’è un percorso con i quadri che rappresentano le stragi mafiose, e delle gigantografie di Totò Riina, Provenzano e Ciancimino, ma anche di Falcone, Borsellino, Dalla Chiesa. E’ un luogo davvero interessante, ma una parte della storia della mafia è raccontata anche grazie alla figura di Bernardino Verro, primo sindaco socialista di Corleone, ucciso dai mafiosi, martire della giustizia, animatore delle cooperative di contadini, difensore dei poveri. Ci tengono molto alla memoria, da queste parti. C’è una tradizione di lotta contro l’ingiustizia della mafia che ha radici nella fine dell’ottocento, e che l’Italia forse non conosce adeguatamente.

Nel pomeriggio abbiamo mangiato in un agriturismo chiamato “Terre di Corleone”, che sorge su un bene confiscato proprio a Totò Riina. E’ una casa rurale affacciata su una splendida valle. Abbiamo mangiato pietanze sopraffine. Libera Terra sta cercando di sviluppare un percorso di turismo su questi beni sequestrati e la visita alle stanze, affacciate su una cascata di campi gialli e verdi, lascia l’impressione di un luogo incantato, nonostante il vecchio proprietario della struttura sia l’ex capo di cosa nostra. Nel patio dell’agriturismo, affacciato sulla valle, abbiamo incontrato Davide Licari sindaco di San Giuseppe Jato, l’assessore alla cultura e legalità Pierluigi Basile, e il presidente della cooperativa Placido Rizzotto Francesco Galante. I beni in questi comuni sono assegnati dal “consorzio sviluppo e legalità”, (che comprende i comuni della valle dello Jato) e che lavora in sinergia con la prefettura per i bandi, e la scelta dei soggetti a cui affidare le gestioni. C’è tanto da fare, ma il sindaco e l’assessore ci hanno parlato dell’orgoglio e del riscatto di questo territorio. Tanti problemi, ma anche molte speranze, e soprattutto la voglia di non fermarsi.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *