parto – Mamma e bambino http://www3.varesenews.it/blog/mammaebambino Un nuovo sito targato WordPress Fri, 27 Apr 2018 18:10:31 +0000 it-IT hourly 1 https://wordpress.org/?v=4.6.11 Ci sono contrazioni e contrazioni: impariamo a conoscerle http://www3.varesenews.it/blog/mammaebambino/?p=349 Mon, 13 Oct 2014 14:05:13 +0000 http://www3.varesenews.it/blog/mammaebambino/?p=349 Continua a leggere]]> contrazioni doglieIl ventre si contrae, si indurisce, resta in tensione per qualche minuto e poi torna a rilassarsi. Chi è in attesa ed ormai prossima al parto, conosce bene questi movimenti: si tratta delle contrazioni di “Braxton Hicks” importanti perchè preparano il collo dell’utero all’espulsione: « Concretamente – spiega la professoressa Antonella Cromi ginecologa della clinica ostetrica al Del Ponte di Varese – si tratta dell’accorciamento delle fibrocellule muscolari che formano la parete dell’utero. La loro funzione è quella di modificare e dilatare la cervice uterina e far progredire il bimbo verso il canale del parto».

Le contrazioni di Braxton Hicks cominciano ad avvertirsi circa sei settimane prima del termine e lavorano per rendere più morbido e cedevole il collo dell’utero. Sono, in genere, fastidiose ma mai dolorose e per questo si differenziano da quelle che determinano l’inizio del travaglio.

La dottoressa Cromi è responsabile dell'ambulatorio di gravidanza patologica

La dottoressa Cromi è responsabile dell’ambulatorio di gravidanza patologica

Già prima di quest’epoca di gravidanza, comunque, la donna può avvertire l’indurimento dell’utero. Si tratta di reazioni a stimoli esterni: « Sin dal secondo trimestre – spiega la professoressa Cromi – si avvertono a volte irrigidimenti della parete uterina: così l’utero replica a stimoli esterni come la stanchezza, lo stress, il sesso, ma anche interni quando il feto è particolarmente vivace e si muove molto. Queste contrazioni non sono mai dolorose e, soprattutto, sono sporadiche e non pericolose. Potrebbero essere un monito se si è esagerato un po’ troppo nel corso della giornata e si arriva a sera stanchi. In questi casi è sufficiente rallentare i ritmi e permettere al corpo di riposare adeguatamente. Ribadisco: queste contrazioni sporadiche e non dolorose sono del tutto innocue e non inducono al travaglio pretermine».

Altra cosa, quindi, le contrazioni che preparano alla nascita: « Sono francamente fastidiose e anche dolorose e, soprattutto, sono regolari: iniziano lentamente, arrivano all’apice e poi recedono lasciando un intervallo di tempo libero. Quando questo tempo di quiete si accorcia, ci si avvicina al travaglio, che entra nel vivo quando l’attesa tra una contrazione e l’altra scende sonno i dieci minuti».

Se le contrazioni diventano dolorose, regolari e con un intervallo di attesa inferiore a 10 minuti è ora di recarsi in ospedale: « Farei un’importante distinzione – specifica la ginecologa – nel caso di primo figlio, i tempi sono decisamente più lunghi e c’è tutto il tempo di prepararsi con calma al trasferimento in ospedale. Il secondo figlio, invece, ha di solito tempi più brevi. Nel caso di parto gemellare, infine, le tempistiche non cambiano, ma in questi casi, però, l’attenzione è più alta perché, in genere, la nascita avviene pretermine».

Dopo il parto l’utero continua il suo movimento contraendosi per espellere anche la placenta. Si tratta di una contrazione non dolorosa ma costante, fondamentale per evitare che vi siano eccessive perdite di sangue dopo che la placenta si è staccata dalla parete uterina.

Indurimenti si possono continuare a sentire anche successivamente durante il puerperio: nel caso di primo figlio si tratta di contrazioni sporadiche che non fanno male, ma che diventano un po’ più dolorose nel caso di secondo, terzo figlio. Si tratta della fisiologica involuzione dell’utero che dopo la gravidanza deve ritornare piccolo, delle dimensioni pre-gravidiche. Questi “assestamenti” dell’utero si avvertono nei primi giorni dopo il parto, soprattutto in concomitanza con l’allattamento (allattando viene prodotta ossitocina che fa contrarre l’utero) e generalmente sono ben tollerati, senza necessità di dover assumere analgesico.

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Il reparto “invisibile” che cura i bimbi prematuri http://www3.varesenews.it/blog/mammaebambino/?p=243 http://www3.varesenews.it/blog/mammaebambino/?p=243#comments Thu, 30 Jan 2014 08:51:13 +0000 http://www3.varesenews.it/blog/mammaebambino/?p=243 Continua a leggere]]> La Tin dell'ospedale Del Ponte

La Tin dell’ospedale Del Ponte

«Non avrei mai pensato che esistesse un reparto simile». Quante volte i genitori che hanno dovuto utilizzare il reparto di Neonatologia-TIN (terapia intensiva neonatale) hanno avuto questo pensiero. È un reparto “invisibile”. Una di quelle realtà presenti, segnalate, ma che gli occhi fanno fatica a mettere a fuoco. Venti culle ospitate al piano terreno dell’ospedale Del Ponte. Qui arrivano tutti i bimbi prematuri sofferenti del territorio: « La Regione ci ha assegnato il ruolo a livello provinciale – spiega il primario della neonatologia e della TIN Massimo Agosti – Abbiamo un’ambulanza attrezzata con un’ incubatrice da trasporto operativa 24 su 24 ore.  Nel nostro Ospedale assistiamo, oltre a tutti i neonati sani, anche tutti quei neonati che sono prematuri, oppure affetti da difficoltà alla nascita,  con malformazioni o  problemi chirurgici, non solo nati al Del Ponte, ma anche in tutti gli altri punti nascita del nostro territorio, ovvero Cittiglio, Angera, Gallarate, Busto Arsizio e Tradate».

Il primario della Neonatologia e TIN all'ospedale Del Ponte Massimo Agosti

Il primario della Neonatologia e TIN all’ospedale Del Ponte Massimo Agosti

Questi neonati rappresentano circa l’8-10% della totalità dei nati: « Ogni persona è preparata ad affrontare la gravidanza a termine e il parto fisiologico – spiega Agosti – Ed è giusto che sia così perchè la gravidanza non è una malattia ma una condizione. Quando il bimbo nasce “patologico”, si apre un mondo completamente diverso. Le ansie relative all’allattamento, al bagnetto, al pannolino, improvvisamente svaniscono e nuove preoccupazioni emergono. Madre e padre vengono catapultati in una dimensione sconosciuta. Il progetto pensato e cullato per mesi, viene stravolto: il neonato viene portato in un reparto diverso dalla mamma (la Neonatologia_TIN appunto), preso in carico da medici e infermieri, collocato in una incubatrice e spesso collegato a macchine attraverso tubi e cannule».

Dopo l’iniziale sconcerto, comincia il cammino dei due genitori che rimangono in bilico, aggrappati a discorsi medici che si fa fatica a comprendere: « In questa fase, il padre assume un ruolo centrale – commenta il primario – è lui il primo a scendere nella TIN. A lui per primo si spiega la situazione, si forniscono gli strumenti per imparare a gestire il complesso momento. Insieme al padre, poi, il neonatologo riferirà alla madre, che attende nel suo letto di ostetricia e che, non appena sarà in grado di poterlo fare, verrà poi a conoscere e a trovare suo figlio».

La culletta termica

La culletta termica

Il momento della consapevolezza è molto delicato, per questo, in reparto lavora anche una psicologa dedicata, la dottoressa M. Elena Bolis: « Noi dobbiamo fare in modo che dallo sconcerto iniziale emerga gradualmente la consapevolezza del proprio ruolo, fondamentale e terapeutico per il proprio bambino. La cura, infatti, pur essendo principalmente medica ed infermieristica, vede una componente psicologica-relazionale importante: si parla di tecnologia e scienza ma anche di affettività. Padre e madre vengono invitati ad essere presenti accanto al bimbo fin dai primissimi momenti di ricovero in Terapia Intensiva, incoraggiando il contatto precoce e il progressivo recupero della relazione, interrotta così bruscamente dal parto prematuro».

In reparto è attivamente presente l’associazione “Tincontro”, nata dalla volontà di alcuni genitori di aiutare quanti si trovano ad affrontare l’esperienza della  prematurità: « Il nostro ruolo è estremamente delicato – spiega Daniele Donati, presidente dell’Associazione “Tincontro” – visto che operiamo in una terapia intensiva neonatale dove l’emotività e i vissuti dei genitori sono spesso molto forti. In sinergia con il personale del reparto, abbiamo pensato di promuovere iniziative differenziate per supportare il lavoro degli operatori e i vissuti dei genitori: dall’ acquisto di attrezzature, al sostegno della formazione, al progetto di assistenza domiciliare».

La terapia intensiva neonatale è quindi uno spazio di grandi tensioni e forte emotività. I medici e gli infermieri lavorano cercando il giusto equilibrio tra aspettative e qualità della vita, eutanasia passiva e accanimento terapeutico: « Dobbiamo sempre cercare il bene del paziente – commenta Agosti – ovvero il suo miglior interesse, avendo presente l’ambiente e le condizioni di vita. Viviamo in un contesto, quello attuale, ad alta tecnologia, per questo ogni scelta va ponderata attentamente».  Parliamo di bimbi che nascono anche sotto il chilo, piccolissimi esseri viventi che lottano con tutte le forze: « Le condizioni di intervento sono diverse a seconda delle cause di prematurità: possono esserci casi legati alle condizioni fisiche del feto, che nasce con una fragilità più accentuata, e casi legati ad insufficienza della placenta. I motivi sono diversi: possono essere legati all’età materna o a difficoltà di riproduzione pregressa, a infezioni che intervengono, piuttosto che a uso di sostanze. Ci possono essere anche cause genetiche o idiopatiche cioè sconosciute alla scienza».
La prematurità, inoltre, è legata all’età della nascita: ogni settimana  che passa è fondamentale per aumentare le probabilità di sopravvivenza. Tra la 24esima settimana di gestazione e la 26esima ci sono grandi diversità e aspettative.

In quasi 30 anni di attività, il dottor Agosti ha conosciuto tante storie, diverse e drammatiche. Ha visto lo sviluppo della tecnologia e l’aumento delle possibilità di salvare i prematuri. Ha lottato perché si aumentassero gli strumenti ma anche le diverse professionalità al servizio di neonati e genitori.

Nel futuro reparto di Neonatologia-TIN all’ospedale Del Ponte, le culle della TIN dovrebbero aumentare a 30 con spazi differenti a seconda della gravità della situazione. Una cosa, però, il primario sa per certo: «Continueremo a lottare per difendere l’importanza della cultura della nascita, sia in condizioni di normalità sia e –soprattutto- in condizioni di patologia, quindi di difficoltà».

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Partorire senza dolore, con l’epidurale http://www3.varesenews.it/blog/mammaebambino/?p=233 http://www3.varesenews.it/blog/mammaebambino/?p=233#comments Tue, 14 Jan 2014 14:46:46 +0000 http://www3.varesenews.it/blog/mammaebambino/?p=233 Continua a leggere]]> Iniezione epidurale

Iniezione epidurale

Si ritiene che il dolore di un parto sia secondo solo a quello che si prova nell’amputazione i un dito. I recettori periferici in contatto con il cervello sono molteplici. Ecco perché, tra le maggiori paure delle donne che si accingono a partorire o che pensano alla maternità ci sia proprio il momento conclusivo della gravidanza: quello del parto. Sin dagli antichi egizi, si sono sviluppate tecniche, pratiche e sostanze per limitare la sofferenza della partoriente.  Dagli anni ’30, però, quando si individuò la possibilità di bloccare, con la tecnica peridurale, la trasmissione degli impulsi del dolore dalla periferia al cervello, molto si è fatto per ridurre al minimo il dolore. Negli  anni ’60, questo sistema venne utilizzato efficacemente anche in sala parto. Si tratta dell’iniezione di una sostanza anestetica nello spazio peridurale della colonna vertebrale che interrompe il flusso nervoso dai ricettori periferici al cervello.

Carolina Zannoni anestesista all'ospedale Del Ponte

Carolina Zannoni anestesista all’ospedale Del Ponte

All’ospedale Del Ponte di Varese lo scorso anno sono stati effettuati circa 1150 parti in analgesia a cui si aggiungono 800 anestesie spinali per i tagli cesarei: « Praticamente ogni anestesista di sala parto ha una media di 2-3 manovre di blocco centrale al giorno e questo ci permette di avere una buona manualità – spiega la dottoressa Carolina Zannoni, anestesista all’ospedale Del Ponte – La tecnica è decisamente migliorata nel corso degli anni e anche i materiali utilizzati. La percentuale di efficacia è elevata: i rarissimi casi di insuccesso vanno poi letti con attenzione. Perché l’analgesico faccia effetto occorre del tempo: se una donna si presenta a ridosso della fase espulsiva è comprensibile che non ne tragga giovamento. Grazie al catetere, noi possiamo modulare concentrazione e tempi di somministrazione del farmaco, a seconda di quello che sente la donna». Le manovre effettuate ( peridurali + spinali ) sono in media 6 al giorno.

Per poter partorire in analgesia è altamente consigliabile una visita preventiva nell’ambulatorio apposito: « Durante la gravidanza, nell’ambito dei corsi di preparazione al parto , ogni terzo martedì del mese, agosto escluso, in un incontro informativo aperto a tutte le gravide e ai loro compagni , spieghiamo cosa sia l’epidurale, come funziona, quali conseguenze comporta, e qual è il ruolo dell’anestesista in sala parto. – spiega la dottoressa – Quindi le invitiamo a prendere appuntamento perché un specialista possa redarre la cartella necessaria al momento del parto. L’ambulatorio è aperto tutti i giorni dal lunedì al venerdì e basta chiamare in ottagono per fissare un appuntamento. Alla visita, che deve essere effettuata dalla 36esima alla 38esima settimana, e prenotata con un certo anticipo, chiediamo di portare gli esami ematici specifici con controllo di piastrine e coagulazione completa oltre alla cartella ostetrica. Nel corso dell’incontro chiediamo informazioni sulla storia della paziente e l’anamnesi generale. Queste visite diventano importantissime soprattutto nei casi difficili, quando si è in presenza di patologie: avere sotto mano la fotografia del caso facilità il compito nella fase compulsiva dell’espulsione. Ricordo che il parto in analgesia avviene solo su richiesta della donna che firma il consenso informato».

Ma come avviene? La donna,  quando è in travaglio, se richiede l’analgesia, si posiziona sul lettino, della “sua” sala travaglio-parto, in posizione seduta o su un fianco. Intanto l’anestesista si prepara ad effettuare una manovra sterilmente : prepara se stessa, il  tavolino e la zona dove verrà inserito il cateterino. La donna e il bimbo vengono costantemente monitorati sia con  cardiotocografia  sia con bracciale della pressione e saturimetro.  Si esegue, quindi, un’anestesia locale nella zona lombare, poi, con un apposito ago e utilizzando la tecnica chiamata “a perdita di resistenza”, si posiziona il cateterino nello spazio peridurale , inserendolo per 2/4 cm, tra il terzo e il quarto o tra il secondo e il terzo spazio intervertebrale lombare .  Dopo aver rimosso l’ago e medicato, si comincia a iniettare l’anestetico locale, si fissa il cateterino ad una spalla dopo aver completato la medicazione e si collega ad una pompa siringa che rilascia l’anestetico a un volume orario variabile a seconda della risposta della donna  e si attende circa mezz’ora che faccia il suo effetto. In questo lasso di tempo, la donna deve rimanere a letto sempre monitorata, seppure libera di assumere diverse posizioni. «I volumi e la concentrazione del farmaco vengono decisi tenendo conto di ciò che “sente “ la donna – spiga la dott.ssa Zannoni-  pur sempre alla luce di protocolli collaudati».

Dopo la prima mezz’ora ferma a letto, la donna si può muovere liberamente e cercare, d’intesa con l’ostetrica, la posizione migliore. Il compito dell’anestesista, a questo punto, diventa solo di discreta supervisione esterna  perché il parto procede normalmente. Solo in caso di necessità o complicanze viene richiamato. L’infusione del farmaco si interrompe con la nascita del bimbo anche se il cateterino viene rimosso in seguito: come minimo si attendono due ore per far finire completamente l’effetto anestetizzante così che la rimozione avvenga senza provocare alcun problema.

EFFETTI COLLATERALI: in circa il 20% dei casi, può capitare l’ipotensione che, di solito, si risolve facilmente facendo sistemare la donna sul fianco sinistro. Solo se il problema permane, vengono somministrati liquidi via flebo.  Può avvenire che insorga prurito generalizzato, un disturbo che viene ben tollerato senza alcun intervento. Una conseguenza è anche la “lateralizzazione”: la donna percepisce un lato più addormentato dell’altro . « Questo accade soprattutto in quei casi dove il travaglio , e quindi l’analgesia ,sono prolungati come nei casi di parto indotto».

COMPLICANZE: la principale è la cefalea , circa tra i 3 e i 6 casi all’anno ( 0,3-0,5%) « È conseguenza  della puntura della dura madre e se ne accorge chi sta effettuando la tecnica. Voglio però chiarire che è una complicanza benigna, cioè che passa senza lasciare alcuno strascico o possibilità di reiterarsi.  Il mal di testa compare tra le 24 e le 48 ore dopo la puntura e può durare sino a 15 giorni.  Si definisce “posturale” perché insorge quando si sta in piedi mentre scompare in posizione sdraiata. Nei casi di cefalea, noi tratteniamo la paziente per tutto il tempo del sintomo che curiamo con la posizione supina e se necessario antidolorifici compatibili con l’allattamento.

In caso di manovre particolarmente difficoltose,che richiedano più punture, può residuare una dolenzia lombare.  Rarissime, infine, sono le complicanze di tipo neurologico come ha dimostrato una ricerca britannica del 2009».

CONTROINDICAZIONIassolute rifiuto della tecnica coagulopatie
infezioni locali ( nel sito dove deve essere eseguita la puntura )
infezioni sistemiche con febbre relative
Interventi maggiori al rachide dorsale
Allergia ad anestetici locali
Assunzione di farmaci anticoagulanti, antiaggreganti
Presenza di tatuaggi, angiomi cutanei o neoformazioni nel sito di puntura

Per gli anestesisti, può essere difficoltoso individuare l’esatto punto dove pungere per inserire il catetere: « Dipende molto dalla donna, dalla sua corporatura ma anche dalla sua capacità di distendere bene la schiena e appiattire la colonna, nonostante la presenza del bimbo in grembo. Noi agiamo in spazi di millimetri, basta un piccolissimo movimento che dobbiamo ricalcolare tutto. Se, poi, insorge una contrazione, allora ci blocchiamo e attendiamo che passi completamente. Quando necessario ci aiutiamo con l’ecografia ».

Tecnica e posizioni si ripetono anche nel caso del parto cesareo con anestesia spinale: « Ricordiamoci, però, che in questo caso si tratta di un intervento chirurgico. La tecnica è simile anche se  si usano aghi differenti perché il farmaco viene iniettato oltre la dura madre, direttamente nel liquido cefalo-rachidiano. Anche farmaco, volumi e concentrazione sono diversi perché dobbiamo ottenere una anestesia, cioè un blocco in grado di far eseguire l’intervento. L’analgesia epidurale invece è volta al solo controllo del dolore non coinvolgendo la capacità di movimento della donna o la sua forza di spinta».

Oltre alle controindicazioni alla tecnica peridurale esposte prima , non ci sono complicanze specifiche per la gravida e la puerpera, né riguardo all’andamento del travaglio-parto né per il post-partum .

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Il piccolo nasce: chi lo accoglie? http://www3.varesenews.it/blog/mammaebambino/?p=175 http://www3.varesenews.it/blog/mammaebambino/?p=175#comments Wed, 20 Nov 2013 14:50:47 +0000 http://www3.varesenews.it/blog/mammaebambino/?p=175 Continua a leggere]]> Il bagnetto con acqua e olio

Il bagnetto con acqua e olio

In sala parto si conclude la vita “intrauterina” di un bambino. Il suo arrivo può avvenire nei modi che meglio rispondono alle richieste della madre. In sala parto, oltre alla donna e al suo compagno, ci sono le ostetriche, le infermiere e le puericultrici pronte a prendere il piccolo e a posizionarlo sul petto della madre per il “bonding”.

Il bonding è una pratica introdotta all’ospedale Del Ponte di Varese da un paio d’anni anche se vanta una lunga tradizione. Il piccolo, appena espulso, viene appoggiato sul petto della madre e coperto con un lenzuolino. Questa posizione serve al neonato per ritrovare il suo equilibrio,  messo in discussione dall’arrivo in un mondo pieno di luci e suoni amplificati. Il contatto dura circa due ore, in cui il neonato si avvicina anche al seno della madre per iniziare la suzione. È una fase di rilassamento per il piccolo ma anche per la madre che rimane coinvolta da questo rapporto speciale, mentre si completa la fase del parto con l’espulsione della placenta e l’eventuale ricucitura dei tessuti rimasti danneggiati dall’uscita. La pratica del bonding viene proposta in caso di parto fisiologico e quando non intervengono complicanze.

La culla che si aggancia al tetto

La culla che si aggancia al tetto

Al termine del periodo, il bimbo viene lavato con acqua e olio, vestito e restituito alla madre o al padre per essere spostato nella stanza di degenza dove si segue il “rooming in”. Anche il “rooming in “ è un modello di degenza consolidato da anni e prevede che il bimbo rimanga sempre accanto alla madre. In questo modo si approfondisce subito il rapporto, non si perdono momenti preziosi per attaccare al seno e si affrontano le problematiche eventuali che la donna ritroverebbe a casa propria. Oggi, al Del Ponte, il rooming in è facilitato dall’uso di cullette che si agganciano direttamente al letto della madre creando così uno spazio unico: « In ogni caso – spiega la caposala Maria Pia Paganelli, coordinatore infermieristico del nido –  è sempre possibile rivolgersi al nido per avere informazioni o aiuto. Solo in casi particolari, come un taglio cesareo, se la donna non è assistita, o se la madre esce molto affaticata dal parto è possibile lasciare il bimbo per favorire la ripresa fisica».

La dottoressa Maria Pia Paganelli, coordinatore infermieristico del nido all'ospedale Del Ponte

La dottoressa Maria Pia Paganelli, coordinatore infermieristico del nido all’ospedale Del Ponte

In caso di parto cesareo, non potendo effettuare il bonding, si passa subito al bagnetto . Il bimbo quindi viene affidato al padre in attesa che la madre esca dalla sala parto. Dopo circa una ventina di minuti la donna può già abbracciare il proprio piccolo.

Da quando si arriva in camera, la giornata della madre ruota attorno al piccolo: «Ogni mattina, i bimbi vengono portati al nido per l’igiene – spiega ancora Maria Pia Paganelli – Il bagnetto, infatti, è indicato solo dal sesto giorno. Le dimostrazioni di come si lava o si medica il cordone ombelicale avvengono alle 16.30 nel corso di incontri specifici».

La degenza per mamma e bambino sani dura tra le 48 e le 72 ore. Il tempo necessario a verificare la crescita del piccolo, che viene pesato solo in seconda o terza giornata, e le condizioni della madre: « In una saletta dedicata del reparto, inoltre, si danno suggerimenti  aiuti per l’allattamento, intervenendo nei casi di difficoltà o dolore. Al momento della dimissione, infine, consegniamo un libretto  con tutte le indicazioni su come gestire il bambino».

Nei due giorni di ricovero, quindi, infermiere, puericultrici e ostetriche aiutano le madri, alla prima esperienza, ad affrontare la nuova avventura. Un percorso fatto di istinto ma anche di tensioni che con pazienza e attenzione si riesce a superare.

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Il neonatologo in sala parto http://www3.varesenews.it/blog/mammaebambino/?p=170 Mon, 18 Nov 2013 14:31:42 +0000 http://www3.varesenews.it/blog/mammaebambino/?p=170 Continua a leggere]]> Il piccolo viene visitato subito dal neonatologo solo se ci solo imprevisti

Il piccolo viene visitato subito dal neonatologo solo se ci solo imprevisti

La nascita di un bimbo è, spesso, una questione tra madre e ostetrica. In sala parto si cerca di mettere a proprio agio la donna, accompagnata dal compagno, di creare un ambiente sereno e accogliente. In alcuni casi, la stessa sala si anima di altri professionisti, che intervengono per gestire qualche imprevisto. Così si deve considerare la presenza del neonatologo: « Il nostro intervento non è contemplato – spiega la dottoressa Angela Bossi  responsabile clinico del nido, della neonatologia e della terapia intensiva neonatale all’ospedale Del Ponte di Varese – ma siamo chiamati sempre in caso di taglio cesareo oppure se il neonato evidenziava già una malformazione in età prenatale. Parliamo di problemi renali, per esempio, o se la mamma ha assunto farmaci particolari. Al momento dell’espulsione, quindi, facciamo la valutazione: se va tutto bene, il bimbo viene dato alla madre per il bonding altrimenti viene portato in neonatologia per l’assistenza».

Anche nel caso in cui il parto avvenga in maniera lineare, il neonatologo ha

La dottoressa Angela Bossi

La dottoressa Angela Bossi

un ruolo ben definito: « Interveniamo, però, al termine del “bonding” e, comunque, non oltre le 6 ore. Visitiamo tutti i bimbi e ne facciamo una valutazione globale. Nel caso il piccolo sia sano, allora il nostro ruolo diventa secondario e ci rivediamo con madre e figlio solo alla dimissione. Durante questo incontro facciamo tutte le indagini: lo screening metabolico e uditivo oltre al peso. Inoltre diamo consigli alla madre sulle vitamine da somministrare oppure come si medica il cordone ombelicale. Nel caso di primipara, diamo anche l’appuntamento con l’ambulatorio dell’allattamento e l’appuntamento per l’elettrocardiogramma, che si effettua circa dopo il primo mese di vita. Diverso è il caso del controllo delle anche che deve essere effettuato al terzo mese, quando il bimbo è già stato preso in carico dal pediatra».

Nella gran parte dei casi, dunque, il ruolo del neonatologo rimane limitato alle visite previste. Ma la possibilità che intervenga qualche problema esiste sempre: « Può insorgere l’ittero o un’infezione che deriva dalla rottura delle membrane vaginali durante gli ultimi giorni di gravidanza oppure lievi prematurità. Sono casi in cui il nostro intervento è previsto anche se non è detto che il piccolo debba essere accolto in neonatologia. Se la prematurità avviene dopo la 35esima settimana e non ci sono controindicazioni, è sempre possibile effettuare il rooming in.  Se il bimbo prematuro  nasce prima della 35esima settimana viene accolto in neonatologia, dove viene seguito e monitorato, consentendo ai genitori di rimanere accanto al piccolo».

La figura della psicologa, comunque, è sempre presente nel reparto di ostetricia: consigli e supporto possono tornare utili anche in casi fisiologici, ogni volta che la madre dimostri di aver bisogno di sostengo.

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Taglio cesareo: i casi in cui è raccomandato http://www3.varesenews.it/blog/mammaebambino/?p=156 http://www3.varesenews.it/blog/mammaebambino/?p=156#comments Mon, 11 Nov 2013 14:12:28 +0000 http://www3.varesenews.it/blog/mammaebambino/?p=156 Continua a leggere]]> Quando è meglio il taglio cesareo

Quando è meglio il taglio cesareo

In Italia si discute di uso e abuso del taglio cesareo al momento della nascita. È una polemica legata soprattutto al sistema dei rimborsi che ottengono i diversi ospedali da parte del Servizio sanitario: un intervento chirurgico ottiene un rimborso più alto.

All’ospedale Del Ponte di Varese, il numero dei cesarei varia a seconda che si sia in presenza di gravidanze fisiologiche o patologiche, nelle prime il ricorso ad intervento chirurgico è sicuramente modesto ( solo il 6,6% dei casi) , mentre sale molto in caso di patologia ( il 41% delle gravidanze considerate patologiche).

Il grande divario è legato proprio alla casistica dell’ospedale, centro di terzo livello, a cui arrivano casi difficili da seguire per le complicanze legate alla condizione pre esistenti o successive della madre.

I casi in cui si deve intervenire chirurgicamente, però, sono ben indicati: situazioni in assenza delle quali si favorisce e promuove il parto naturale.
Si procede al taglio cesareo elettivo ( non vi rientrano dunque i cesarei legati a urgenze dell’ultimo momento) :

1) alla 39esima settimana se il bambino è podalico, cioè non si presenta con la testa in basso e non si è riusciti a capovolgerlo con il rivolgimento per manovre esterne a 37 settimane .

2) alla 38/39esima settimana se la donna è precesarizzata, cioè se ha subito uno o più parti chirurgici pregressi oppure è in esiti di miomectomia

3) alle 38esima settimana se si ha una gravidanza gemellare bicoriale biamniotica, cioè i feti hanno due placente distinte e si sviluppano in due sacche distinte,

4) si anticipa alla 35-37 settimana se la gravidanza gemellare è monocoriale, biamniotica,  cioè i bimbi sono nutriti da una solo placenta ma si sviluppano ognuno in una propria in sacca. Si attende, però solo se non si registrano complicazioni. Alla stessa data, si interviene in caso di placenta previa marginale, che si verifica quando si hanno anomalie di placentazione (la placenta si trova molto vicino all’orifizo uterino interno senza raggiungerlo), oppure nei casi di donne positive all’Hiv

5) Si interviene alle 36esima quando la gravidanza gemellare è bicorale e biamniotica ma complicata da fattori diversi

6) Alla 35esima settimana viene fissato il taglio cesareo elettivo se la placenta previa è centrale cioè copre interamente l’orifizio uterino

7) alla 32-34esima settimana se la donna è in attesa di tre gemelli che si sono sviluppati in placente distinte (tricoriale e triamniuotica)

8) alla 32esima se la gravidanza plurigemellare è monocoriale e monoamniotica. 

Sono casi che vengono seguiti con attenzione dall’ambulatorio della gravidanza  patologica. Un parto naturale è sempre da preferire in condizioni di fisiologia e la madre, anche se spaventata, va sempre rassicurata riguardo la possibilità di affrontare questo momento e di riuscire a superarlo nel migliore dei modi con ottime ricadute anche sulla propria autostima.

In presenza di patologia, invece,la situazione cambia radicalmente. Non si può assolutamente far correre nessun rischio alla mamma o al bambino, tanto più quando fattori di rischio o vere e proprie patologie sono stati individuati già nel corso della gravidanza. In tali condizioni un parto per le vie vaginali comporterebbe numerose conseguenze e rischi da bilanciare e anzi superare quelli legati all’intervento chirurgico programmato.

Ecco perchè gli specialisti preferiscono intervenire chirurgicamente: anticipando la data del parto ed evitando la sofferenza del momento espulsivo con maggiori certezze delle condizioni di salute del bimbo/bimbi e della madre.

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Partorire in acqua http://www3.varesenews.it/blog/mammaebambino/?p=67 Tue, 21 May 2013 07:42:09 +0000 http://www3.varesenews.it/blog/mammaebambino/?p=67 Continua a leggere]]> vascaDall’acqua, all’acqua. Naturalmente. Capita spesso che, al momento delle doglie, la gestante si faccia un bel bagno caldo rilassante prima di andare in ospedale. Un momento vissuto tra la preoccupazione dell’avventura che si sta per affrontare e l’esigenza di concentrarsi e trovare le energie necessarie.
Quel momento,  trascorso nell’intimità della propria casa, si può spesso riviverlo anche una volta giunti nel reparto ospedaliero.
Partorire immersi in una vasca da bagno, ad una temperatura dell’acqua di 37 gradi non solo assicura la massina naturalezza all’evento ma permette alla donna di “attutire” il dolore grazie all’azione vasodilatatoria della temperatura.
Il parto in acqua è una delle opzioni offerte alle gravide negli ospedali di Tradate ( che vanta la maggior casistica con un centinaio di casi nel 2008), Cittiglio ( circa 70) , Gallarate ( circa 40) e anche a Varese al Del Ponte.

Si tratta di trascorrere una parte a scelta del travaglio e dell’esplusione, immerse nella vasca da bagno, monitorate completamente.

Una lunga tradizione è garantita dal Galmarini di Tradate dove la sala in cui è inserita la vasca da bagno è stata pensata secondo i canoni del confort e del rilassamento: tende, luci, musica, tutto è studiato per garantire pace e rilassamento.
«Il parto in acqua è del tutto naturale, più veloce e permette alla donna di ridurre di almeno il 75% il dolore – spiega il primario Arturo Spadea – perchè l’effetto dell’acqua agisce sulle terminazioni nervose . Al parto in analgesia, che è comunque medicale e ha alcune controindicazioni, noi preferiamo questa metodica. È chiaro che occorrono adeguate professionalità e la costante presenza di un’ostetrica accanto alla vasca da bagno per monitorare la situazione. Posso assicurare che il nostro personale, soprattutto ostetrico, è altamente qualificato e, soprattutto, molto coinvolto».
In acqua, la donna può rimanere non più di 90 minuti: ecco, quindi, che, chi vuole vivere il momento dell’esplusione in vasca, ci entra a travaglio avanzato, quando la dilatazione è di almeno 7 centrimetri: «Una volta uscito, il piccolo può rimanere sott’acqua anche mezz’ora. La cosa importante è che non venga a contatto con l’aria perchè è in quel preciso istante che si innesca il meccanismo della respirazione dell’aria».
L’esplusione della placenta, però, si preferisce avvenga sul lettino, anche per una questione visiva: solo in quel momento, infatti, l’acqua si colora di rosso.
«L’effetto dell’acqua – prosegue Spadea – agisce anche sui tessuti rendendoli più morbidi e questo ci permette di evitare il ricorso ai punti e l’episiotomia».
Alle mamme che scelgono il Galmarini, viene offerta l’opportunità di partorire nella vasca da bagno anche se non tutte possono sceglierlo: « Innanzitutto la gravida non deve essere precesarizzata perchè le complicanze hanno bisogno di tempi e velocità di azione non garantibili in vasca. Poi è sconsigliato alle donne diabetiche perchè, in genere, i neonati sono molto grossi e possono incorrere nella distocia della spalla. Meglio evitare anche nel caso di madri cardiopatiche o quando la membrana è rotta e c’è pericolo di streptococco positivo».
Luci soffuse e colorate e un sistema di diffusione audio con musiche rilassanti ( spesso portate dalle stesse madri), oltre a una poltrona comoda e ampia dove vivere i momenti alternativi alla Jacuzzi, completano l’arredamento di questa speciale sala, fiore all’occhiello del Galmarini.

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Incontro sulla maternità http://www3.varesenews.it/blog/mammaebambino/?p=63 Fri, 17 May 2013 13:42:12 +0000 http://www3.varesenews.it/blog/mammaebambino/?p=63 Open day casa maternità Montallegro e incontro “I bambini sanno nascere e le donne sanno partorire, è vero?“. L’incontro si svolgerà si svolgerà sabato 18 maggio alle 11 in  Via Comi 57 Induno Olona

 

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Il parto secondo Ibu Robin Lim http://www3.varesenews.it/blog/mammaebambino/?p=46 Wed, 08 May 2013 12:20:26 +0000 http://www3.varesenews.it/blog/mammaebambino/?p=46 Continua a leggere]]> ibu «La vita è un miracolo. Se imparassimo tutti a meravigliarci davanti alla vita che si rinnova, nel mondo ci sarebbe più amore».
Dell’amore e dell’affetto che ci dovrebbero circondare ha parlato Ibu Robin Lai, ostetrica di origine americana che vive a Bali dove dirige un consultorio per madri e famiglie bisognose.
La sua, negli anni, è divetata una missione: rendere il più naturale possibile la nascita e limitare il ricorso alla medicina, soprattutto dove è a pagamento, come in Indonesia dove il tagli cesareo si paga.

La popolare ostetrica, che è stata insignita del premio Alexander Lager nel 2006 e nominata tra i CNN Hero 2011, è stata ospite del centro di Informazione Maternità e Nascita il Melograno a Gallarate.


Davanti a una trentina di donne (presente anche qualche uomo) Ibu Lim ha posto l’accento sulla necessità di rendere più naturale il momento della nascita: «È un momento traumatico che oggi si tende a rendere ancora più violento con il taglio immediato del cordone ombelicale e l’allontanamento dalla madre. Uscire da un ambiente ovattato per ritrovarsi in un luogo nuovo, fatto di luci, voci e mani che ti prendono è uno shock. Se poi consideriamo che nella placenta è contenuto il sangue del neonato: staccarlo con un taglio netto vuol dire privare improvvisamente il bimbo di un terzo del suo patrimonio sanguineo. Dovete imporvi perchè lascino passare almeno un minuto e mezzo, un tempo congruo perchè il piccolo guadagtni ossigeno e ferro importanti per la sua nascita».

L’allattamento è il secondo fattore fondamentale che Ibu sollecita ai presenti: « La natura ha fatto in modo che il piccolo, con tutta la sua sacca placentale possa accoccolarsi e attaccarsi al seno della madre. È un’azione che va fatta subito per mantenere il rapporto nella coppia mamma bambino. Un neonato circondato da affetto sarà un adulto più attento e sensibile».

L’ostetrica indonesiana ha anche parlato del taglio cesareo, che a volte è una necessità imprescindibile: « Le donne che affrontano un taglio cesareo sono molto coraggiose perchè corrono rischi maggiori rispetto alle altre. Loro si sentono madri a metà ma andrebbero sostenute e con maggior affetto proprio per la loro forza d’animo». Su richiesta specifica di una donna gravida, Ibu ha affrontato le linee guida mondiali che impongono di somministrare l’ossitocina prima del parto per diminuire i rischi dell’emorragia: « L’ossitocina altro non è che l’ormone dell’amore. Con più affetto e sostegno da parte di chi circonda la gravida ci sarebbero meno rischi. Ricordiamoci che la nascita poggia su tre gambe per rimanere salda: la natura, la medicina e l’amore».

Le sue storie, i suoi consigli, il suo insegnamento d’amore sono contenuti in due libri che Ibu Robin Lim ha scritto e che hanno avuto la traduzione italiana: “Dopo la nascita del bambino” e “Il libro della placenta – Il Chakra dimenticato”.

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“Care mamme, nel parto il papà non serve” http://www3.varesenews.it/blog/mammaebambino/?p=30 http://www3.varesenews.it/blog/mammaebambino/?p=30#comments Wed, 24 Apr 2013 08:55:10 +0000 http://www3.varesenews.it/blog/mammaebambino/?p=30 Continua a leggere]]> img_4604_copia«Cosa posso fare per lei? Niente».
E’ questo il consiglio che il padre del parto dolce ha riservato alle mamme e alle ostetriche riunite per lui alla Casa Maternità di Induno Olona, per ascoltare i suoi consigli. «Io sono un uomo, non ho consigli. Sapete tutto voi».

Frédérick Leboyer, ginecologo e ostetrico francese, autore nel 1975 del libro cult “Per un parto senza violenza” trova che le donne abbiano già dentro di sé tutte le informazioni naturali necessarie e ìncita la padrona di casa, l’ostetrica Marta Campiotti, a confermare questa ipotesi, e condurre lei la giornata. Ma per lei, come per molte delle ostetriche e delle mamme presenti, quell’uomo in formissima, che dimostra molto meno dei 92 anni che ha all’anagrafe, è una specie di mito vivente, e nessuna delle presenti non può fare altro che ascoltarlo, altrochè.

A lui del resto la maggior parte delle mamme moderne deve i principali passi avanti in sala parto: come il tenere il bimbo sulla pancia subito dopo la nascita, l’attesa prima del taglio del cordone ombelicale, certe migliorie nelle sale parto nel senso del confort, come luci più basse e calde o rumori più soft. Ma Leboyer è andato molto oltre, pur con la convinzione che per quanto riguarda il parto «Non si può fare nulla al posto della madre e non c’è nessun segreto da svelare».

frederik leboyer casa maternità marta campiottiIl punto cardine, in questa faccenda, è che i protagonisti sono due e solo loro: «La mamma, e il bimbo che nasce – spiega Leboyer – La cosa più importante nel parto è seguirne i suoi tempi. Che sono innanzitutto quelli del bambino, che nella nascita subisce due cambiamenti fisiologici fondamentali. Innanzitutto il suo cuore, che prima faceva circolare il sangue solo sugli atrii attraverso un buco che si richiude proprio alla nascita, e dalla nascita fa funzionare anche i ventricoli, cambiando letteralmente il ritmo del battito del cuore, che passa da quello di una marcia militare a quello di un valzer. Poi il suo respiro, che prima passa dal cordone ombelicale e poi dal naso. Per entrambi questi avvenimenti ci vuole tempo, anzi ci vuole il tempo del bambino».

«Tutti i miei studi sono cominciati con una domanda – ha proseguito il grande ginecologo –  perchè il bambino, che esce da una prigione che via via è diventata più stretta, invece che avere una sensazione di libertà, grida? E la risposta che mi sono dato, nel tempo, è stata “perchè gli tagliano il cordone ombelicale troppo presto”. Non ha la sensazione di respirare ma di essere abbandonato, senz’aria». Il segreto per un parto non traumatico per il bambino è «Aspettare, aspettare… lasciare che i fatti accadano. La nascita è come attraversare una strada, da una vita all’altra. E la mamma deve tenere la mano al bambino, fino all’ultimo».

Ed è da lì che nasce un rapporto che è per definizione esclusivo, almeno nei primissimi tempi: «Persino gli ormoni si riequilibrano diversamente e la libido passa dalla zona genitale ai seni: perché per la mamma che allatta il maggior piacere è lì ed è giusto che sia così. E al marito non resta che dire: “non oggi…” se vi cerca. E non c’è niente di strano i questa reazione: tant’è vero che nella cultura indiana le mogli nel periodo dell’allattamento tornano a casa dalla loro madre».

La presenza a tutti i costi del padre nel parto non è affatto un progresso secondo Leboyer, ma: «Un disastro. Quando c’è il marito presente al parto, gli occhi della mamma passano dal marito al bambino in continuazione. E questo non va bene: i suoi occhi devono essere sempre e solo puntati sul bambino. Il padre può solo distrarre, in un rapporto che vede la madre sola con il suo bambino».

Un legame anche fisico mai avuto prima, che non incide solo nel figlio: «Nel parto avvengono due nascite: quella del bambino e quella della madre. Quest’ultima prima era una bambina, chiedeva aiuto come loro. Dal momento in cui diventa madre, non ha più bisogno di nessuno, e non può più chiedere aiuto a nessuno. Darà aiuto a suo figlio».

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