Tra l’incudine (Monti) e il martello (Berlusconi)

Volevo scrivere qualcosa sul tema dell’alienazione dell’esperienza e sulla libertà questa mattina. Qualcosa che parlasse di quanto sia difficile fare un’esperienza forte, autentica e completa della vita, chiusi come si è in strutture vincolate del lavoro, dello studio, degli obblighi, delle consegne e del riuscire a “funzionare” nel contesto della modernità. E magari anche lanciare anche qualche idea su come “aprire” nuove finestre e prospettive per allentare  la morsa degli obblighi. Ma il risveglio è amaro: il signor Berlusconi ha detto che non ci lascerà liberi: vuole occuparsi del pianeta giustizia, vuole restare, indugiare sul campo di battaglia. Lo hanno condannato e quindi deve tenere in ostaggio l’Italia per sistemare il suo problema e, per ricaduta diretta, anche quello del suo impero economico. E lo deve fare da un posto di comando, tutelato dall’immunità parlamentare, piegando il paese ai suoi problemi. La tensione della divaricazione tra la rabbia che ispira fenomeni alla Grillo e l’ottusità di un paese che non riesce a svegliarsi dal brutto sogno di diciassette anni di interessi particolari crea un potenziale esplosivo inquietante. Tra l’incudine Mario Monti che in nome dei diktat della finanza mondiale opera nella carne viva degli italiani cercando di rendere appetibile il nostro debito pubblico al mondo e il martello Silvio Berlusconi che spadroneggia sulla cosa pubblica per fini personali, c’è di che restare basiti e sconsolati definitivamente. Ma non era venuto il momento di parlare di riforme? Di giustizia sociale? Di redistribuzione del reddito? Di modernizzazione del paese? Di politiche per la famiglia? Di riduzione dei costi della politica, snellimento dell’apparato statale, efficienza della pubblica amministrazione, legge elettorale, politiche per i giovani? Ci siamo  assopiti e abbiamo  sognato? Come l’acqua di un lago che si ritira, la politica lascia intravvedere le rocce della magistratura che spiccano per solidità e determinazione, e se la prende con loro. La politica non c’è quasi più e nel suo ritirarsi, nel suo scomparire, nel suo drammatico sciogliersi come neve al sole,  accusa tutto e tutti, come quel matto che credendosi Napoleone, delegittima i medici che lo portano via, per cure adeguate e un onorato riposo. Ecco, un po’ barellieri e un po’ medici dovremmo esserlo tutti un po’ di più, tutti i santi giorni, anche poco. Forse anche così i Napoleoni del nostro paese possono godersi un meritato e sano (per noi) riposo.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *