La storia della cannabis : tra legalità e pregiudizi, intervista all’asso dei fiori Varese

Disma Cazzaro ci racconta la sua esperienza di giovane proprietario di un negozio di cannabis terapeutica, tra problemi sociali e pregiudizi.

Negli ultimi anni si sono fatte strada numerosissime attività legate al commercio della cannabis light, la così detta “erba legale”. L’opinione pubblica è sempre stata profondamente divisa riguardo alla legalizzazione e al commercio di questa pianta, forse perché erroneamente la mentalità comune si ferma alla nozione di “droga”, senza conoscere l’infinità di qualità positive che la canapa possiede, utilizzabili in molteplici modi che si allontanano moltissimo dall’immagine negativa dello “spinello”. E’ difficile raccontare nel contempo la storia della canapa come pianta dalle molteplici qualità e di marijuana e hashish, note per i loro effetti psicotropi. La storia della canapa come fonte di fibre, si intreccia inevitabilmente con la storia della cannabis come prodotto psicoattivo.

A livello storico, l’uso della cannabis come cura per alcune particolari patologie è riscontrato in Cina fin dagli inizi del terzo millennio avanti Cristo. Tracce dell’uso antiinfiammatorio della cannabis si trovano anche nella storia dell’antica Grecia. Il cannabidiolo (CBD) e il tetraidrocannabinolo (THC) sono i due principali composti prodotti dalla pianta di canapa. Il CBD e il THC sono entrambi cannabinoidi, ma agiscono in maniera nettamente diversa sul nostro organismo. Prima tra tutte le differenze, il THC è in grado di generare effetti psicoattivi, il CBD no. Oggi il CBD si trova in commercio ed è legale, mentre il THC è illegale e si trova solo in alcuni farmaci specifici che possono essere assunti tramite prescrizione medica. Fino agli inizi del Novecento in Italia non esisteva una legislazione specifica rispetto alla coltivazione e ai vari usi della canapa. La coltivazione era importante a livello economico, soprattutto per la produzione di fibre tessili, oli, mangimi e combustibili. In Italia durante il ventennio fascista la canapa era ancora considerata una risorsa primaria, ma il suo consumo “ricreativo” era duramente stigmatizzato: Mussolini dichiarò l’hashish “nemico della razza”. Nel 1961 l’ONU classificò ufficialmente la cannabis come “stupefacente” e solo il 19 Novembre 2020 la Corte di Giustizia europea ha stabilito che la canapa light fosse liberata di questo marchio.

In Italia, possedere un negozio di canapa light non è semplice. Anzi, spesso si rivela una vera e propria sfida, soprattutto quando sia a livello mediatico che politico la disinformazione crea sempre grandi polemiche, alzando polveroni e discussioni tra chi, generalizzando, punta il dito contro la canapa light additandola come droga a tutti gli effetti e chi, invece, ne difende i benefici e le grandi qualità curative.

YAAAS ha incontrato Disma Cazzaro, proprietario del negozio di canapa light L’Asso dei Fiori, situato proprio nel centro di Varese, che ha raccontato della sua passione per questo prodotto naturale, di cosa significa gestire un’attività di questo tipo e di come la città di Varese si rapporta al commercio della canapa.

Come è nato l’Asso dei Fiori?

“Asso di fiori è un gioco di parole simpatico composto da “asso”, ovvero la persona più brava in una determinata cosa, che possiede le abilità migliori, e “di fiori” perché la parte della canapa più conosciuta è proprio il fiore. Ho sempre avuto una grande passione per le piante, per la natura e il rinnovabile. Leggendo e informandomi attraverso riviste di settore, ho riscontrato che la canapa non è solo lo “spinello”, come molti erroneamente pensano. In realtà la canapa è moltissime cose: gas, bioedilizia, tessuti, cibo, medicina. E’ stato questo che mi ha fatto prendere la decisione di cercar di far capire alle persone che la canapa può essere una vera e propria rivoluzione “green””.

Che tipo di clientela avete?

“La clientela è abbastanza varia, anche se sopra una determinata fascia di età. Ad esempio, i ragazzini in questo negozio non entrano. L’età della nostra clientela va più o meno dai quarant’anni in su. Generalmente, più della metà sono donne, che cercano principalmente prodotti per rilassarsi, per dolori, per dormire, per l’ansia e via dicendo”.

Quali sono i più grandi pregiudizi a cui va incontro un’attività come questa?

“Tante persone parlano di questa pianta. Di queste, su cento chi ne sa davvero qualcosa sono cinque, dieci al massimo. Molti ancora pensano che a canapa bruci il cervello, che sia una droga di passaggio, come se una persona iniziasse a fumare sigarette, per poi passare allo spinello, arrivando via via a provare droghe sempre più pensanti. Cosa assolutamente falsa, dimostrata da numerosi studi scientifici. Anzi, una cosa che quasi nessuno sa è che questa pianta viene usata per aiutare le persone ad allontanarsi dalla dipendenza da sostanze stupefacenti pesanti. Se i media continuano a parlare di canapa in qualità di droga, le persone finiscono col credere che sia effettivamente solo droga. Se invece si iniziasse a spiegare tutte le proprietà benefiche che appartengono a questa pianta e tutti gli utilizzi positivi che se ne possono fare, le cose cambierebbero. La canapa non è assolutamente solo droga. La canapa era ed è oro verde. L’utilizzo più sbagliato che puoi farne, è assumerla fumandola, ovvero con la combustione. Io sono il primo a sconsigliare di fumare la canapa, per il semplice motivo che fumandola si vanno a liberare sostanze cancerogene e pericolose per il corpo. E in questo caso sì che la canapa potrebbe diventare pericolosa, o meglio, non la pianta, ma la sua combustione. Togliendo la questione del fumo, esistono oltre cinquantamila utilizzi differenti. Ad esempio, puoi vaporizzarla, puoi ricavarne degli estratti e puoi anche cucinarla”.

Come si pone Varese nei confronti del commercio della canapa light?

“A Varese ci sono due tipi di persone: quelle che entrano nel negozio, e quelle che rimangono fuori. Quelle che stanno fuori probabilmente hanno pregiudizi, pur essendo tentati di entrare, ma non hanno abbastanza coraggio per informarsi e parlare con qualcuno che conosca bene questa pianta e tutte le sue proprietà. Di quelli che entrano, invece, ce ne sono alcuni che comprano e altri che chiedono. Io personalmente sono molto contento delle persone che entrano per informarsi, perché il porsi domande significa che accoglieranno meglio la risposta e saranno più critici verso tutto quello che hanno imparato in precedenza, dalla televisione e dai giornali. Questo li rende più aperti a livello mentale”.

Come state affrontando il lockdown e le restrizioni dovute al covid19?

“La pandemia ha messo in ginocchio tutti i settori italiani. Chiaramente, come hanno fatto tutte le altre attività commerciali, abbiamo messo un limite di persone che possono entrare alla volta nel negozio, nel nostro caso solo due. Indossiamo sempre guanti e mascherina e facciamo sanificare il negozio ogni settimana. Purtroppo, se prima lavoravamo cento, adesso lavoriamo due, per il semplice motivo che anche se hai tutto in regola per poter mantenere aperta la tua attività, le persone hanno paura ad uscire di casa. È davvero molto difficile, anche perché dallo stato aiuti non ne sono mai arrivati. Però noi teniamo duro e inizio a notare che anche la città inizia a riprendersi, a risorgere”.

15 Marzo 2021
di Francesca Marutti
Articolo postato in Cultura | Evidenza