Domani per i bustocchi non è un giorno qualsiasi. Per chi abita a Busto Arsizio domani è il Giorno della Giöbia (ultimo giovedì di gennaio), ovvero il giorno in cui il freddo inverno è ormai un ricordo e si ricomincia a pensare alla primavera ed alla riorganizzazione dei lavori nei campi ( che prenderà il via nel mese di febbraio ).
Simbolo dell’inverno che passa è un fantoccio, la Giöbia ( ovvero la strega – con un tetro richiamo a quando le streghe venivano messe al rogo, anche nel varesotto) che viene bruciato in un grande falò con fascine di rubinia e granoturco, propiziando così l’arrivo della bella stagione
Il Giorno della Giöbia lo si trascorreva in passato mangiando tutti insieme ( ricordate i film di Ermanno Olmi ? ) in comunità intorno al camino e condividento ul saràcu (del pesce conservato sotto sale noto anche come Saracca) e ul pangiàldu, (pane ottenuto con farina di grano e granturco)
Ma il piatto forte di questa giornata era, ed è ancora oggi, il risotto con la luganega (che nel De Lingua Latina di Marco Terenzio Varrone viene definita come « …una salsiccia fatta con l’intestino crasso del maiale, chiamata lucanica, perché i soldati l’hanno imparata a fare dai Lucani »
Il riso, che finalmente poteva essere consumato senza particolari accorgimenti essendo giunti alla fine del periodo delicato dell’inverno, in cui era meglio “non sprecare” , veniva impreziosito con la “lüganiga” e con lo zafferano tanto caro al risotto milanese. La tradizione a quanto pare è rimasta , come la ricetta, pressocchè identica fino ai giorni nostri.
Ma come si prepara ” il piatto della festa”?
Ci viene in soccorso un articolo pubblicato sulla Prealpina del ’52 a firma del giornalista e sindaco bustocco Carlo Azimonti.
” Per fare un risotto come si deve per questa particolare ricorrenza, occorre quanto segue: riso vialone scelto, brodo eccellente, burro di classe, zafferano pregiato, formaggio di grana vecchio. Prima si mette a rosolare un bel pezzo di burro, poi si versa il riso e lo si rigira; si aggiunge il brodo ben caldo e poco alla volta; a metà cottura si mette lo zafferano; verso la fine si dà la sua brava mantecata con del burro; si aggiunge poi una buona manciata di grana trito e con due remenate il risotto è pronto. In un tegame a parte si saranno messi a cuocere tanti pezzi di salsiccia quanti sono i commensali. Sulla salsiccia a piena cottura, si spruzzerà del vino di abboccato sostenuto, per smagrire il “lüganegato. Il risotto si serve nelle fondine. In mezzo al mucchio del risotto si fa un buco col cucchiaio e nel buco si pianta il pezzo di “lüganiga” e vi si aggiunge un cucchiaio di “bagnifa”.
Un ultimo pizzicone di trito sul tutto ed ognuno può mangiare come vuole, a piacimento.Per chi desidera particolari ragguagli palesiamo che il buco in mezzo alla pigna del risotto simbolizza un episodio umoristico capitato a Busto ai tempi della guardia nazionale.La guardia nazionale aveva la sua caserma nella chiesa di S. Antonio. Gli arruolati montavano la guardia e facevano istruzione interna, per turno, il sabato sera e la domenica. Un sabato sera il “Sergent_Pata” avvertì gli uomini di guardia che arrivava l’ufficiale d’ispezione del mandamento, gli uomini, che stavano per dar mano ad un pasto straordinario di “lüganiga”, in fretta ed in furia per non cadere in punizione, si affrettarono ad infilare la salsiccia nelle larghe canne dei vecchi fucili e sopra vi premerono il famoso turacciolo antipolvere, col pomello inverniciato di rosso per far bella mostra. La faccenda corse liscia, l’ufficiale non se ne accorse e alla sua partenza ce ne volle del tempo per estrarre la salsiccia dalle canne dei fucili! Dopo questo fatto, nel risotto si fece il buco per nascondere, in caso di controllo, la salsiccia, con la sovrapposizione di un semplice cucchiaio di risotto.”
E allora tutto è pronto, si accendano i fuochi, si preparino gli ingredienti e si dia il via al falò della Giöbia !
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