Sempre più spesso gli chef appaiono in pubblico come veri e propri divi del cinema, impomatati e tirati a lucido nella loro divisa bianca, pronti a “plasmare” il cibo sotto l’occhio attento di grupie e fans, per farne uscire opere d’arte belle da vedere e da gustare. Ma certo ci vuol poco a capire che questa è solo un’immagine distorta, il risultato di una sovraesposizione mediatica di chef e cucina.
E allora ecco che arriva in mezzo a tutte queste paillettes e telecamere Paolo Lopriore , con la sua parannanza, con le sue scarpe da tennis e le mani che non hanno paura di mostrare il vero lavoro del cuoco. Dopo anni di peregrinare Lopriore torna a casa, e più precisamente ad Appiano Gentile, (CO) con il suo accogliente ristorante “Il Portico” (20/25 coperti) che racchiude il pensiero di un artista incompreso, per parafrasare Gualtiero Marchesi secondo cui “con il suo palato assoluto, traduce gli ingredienti in idee trasformando il cibo in emozioni.“
La cucina di Lopriore è in effetti, per come concepita, una vera cucina della emozioni; una cucina pur sempre creativa che non dimentica la tradizione, quella più verace, più sincera, fatta di ingredienti “poveri” come la polenta, il rognone, il cavolfiore,la verza, il pesce di lago, tutti impreziositi da una sapiente lavorazione dello chef Lopriore.
Una cucina che è lo stesso chef a spiegare a chi per la prima volta mette piede al Portico. “L’identità del cuoco è cucinare e la creatività non avviene più nella costituzione del piatto ma nel cucinare. La tavola conviviale così come pensata (ovvero con un piatto principale posto nel centro della tavola e tante piccole ciotole intorno con salse, spezie e condimenti – ndr) favorisce una creatività senza confini. Io do una mia logica, dico come vedo il piatto ma poi è chi mangia che decide. Ho capito che se lo compongo io il piatto, lo rendo troppo personale, mentre voglio che ognuno si senta libero di scegliere e non si senta in imbarazzo da quella che può essere l’identità del cuoco. Al tavolo abbiamo tradizione e creatività e la gestione avviene da parte di chi mangia. L’identità del cuoco è cucinare e io mi sono ripreso il mio gesto: cucinare”
In tavola regna la semplicità con ceramiche bianche e ciotole di terra cotta messe al centro della tavola in modo da favorire la condivisione e la convivialità, proprio come si faceva una volta. Il menù, sempre essenziale e concreto, varia a seconda della stagione ed è proposto sempre nella doppia versione (pesce – carne).
La domenica poi è il giorno del brunch: una delizia per il palato, per l’umore e per l’amore: pane , burro salato & lampone Marmellata di arance & miele di acacia Spremuta di arancio Tortino al cioccolato Croissant al naturale Pane tostato Girella alla cannella Fiocchetto “Ducale” , cacciatorino & foglie di cavolfiore sottaceto Quiche Lorraine Crostino nero toscano Riso , pinoli & olive Sciatt Tramezzino farcito di uovo sodo , maionese , capperi e lattuga Roast Beef al vino rosso , verza & patate arrosto Omelette nature , salsa al parmigiano & erbette Animella fritta in salsa agrodolce…
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