Kuala Lumpur è la capitale della Malesia e dista da Varese la bellezza di 9.981 chilometri. Per chi come me è nato negli anni 70, la Malesia richiama subito alla memoria Emilio Salgari e la sua unica e inimitabile Tigre della Malesia che fece sognare grandi e piccini : Sandokan.
Salgari non vide mai la Malesia ma nonostante ciò le descrizioni che ne fece apparivano dettagliate e precise, grazie anche alle numerose mappe e documenti cartografici a sua disposizione ( anche se poi si scoprì qualche imprecisione “geografica”). La Malesia affascinava allora e affascina ancora oggi. Sarà la sua posizione così remota. Per le spezie, per la cucina particolarmente saporita. Per la natura che trionfa ovunque. Il Crocevia delle Indie. La Thailandia e l’indonesia sembrano quasi abbracciarla, mentre Singapore sta a guardarla dallo stretto di Johor.
E poi ci sono i profumi di spezie, talmente intensi da oltrepassare lo stretto delle Malacche, l’Oceano Indiano, il Medio Oriente , il Mediterraneo fino al centro di…Busto Arsizio.
In Italia ormai da quarantanni e a Busto Arsizio da oltre un decennio, un Malesiano “doc” mi introduce ai piaceri della cucina malesiana. Stefano, questo è il nome che “per comodità” ha scelto la mia guida dal nome impronunciabile, è uno dei circa quattrocento malesiani che vivono in Italia. Di questi, un quarto ha deciso di fermarsi in Lombardia e Stefano è forse l’unico ad aver aperto un ristorante malesiano , il Pegaso.
La Malesia, con i suoi quasi quaranta milioni di abitanti, è oggi uno dei paesi più ricchi del sud-est asiatico ed è culla di culture ed etnie differenti che qui hanno imparato a convivere e fondersi nel corso dei secoli. Cinesi, portoghesi, indiani e inglesi hanno lasciato il loro segno nella vita quotidiana.
E così in cucina via le bacchette che lasciano il posto al cucchiaio ed alle mani, con un uso parsimonioso della carne ed un tripudio di verdure, del riso e del pesce. La cottura dei piatti avviene spesso attraverso l’uso di foglie di bambù , di banano, oppure di loto e l’immancabile riso viene aromatizzato con curcuma, lemon grass, anice stellato per essere il giusto accompagnamento a pietanze spesso piccanti o molto più spesso ancora agrodolci grazie all’uso del cocco che trovo deliziosamente stuzzicante per il palato.
Stefano mi fa assaggiare la sua salsa a base di arachidi e cocco che trovo squisita e allungando l’orecchio al tavolo vicino al mio, mi rendo conto che i miei “vicini” sono venuti da Milano a Busto solo per lei, come dargli torto. La salsa è un ottimo accompagnamento per il satè malaysiana (spiedini di pollo e gamberi) e per il curry puff (mini panzerotto di curry e patate). Un ottimo inizio di cena. Tra una chiacchiera e l’altra, è un susseguirsi di piatti, profumi e racconti di vita quotidiana malesiana. Viene servito del riso cotto rigorosamente al vapore, con i frutti di mare (che in Malesia vengono utilizzati anche prodotti essiccati) e avvolto nelle foglie di loto.
Sebbene la Malesia sia un paese Islamico, qui ciascuno è libero di professare la religione che meglio crede ed è la Costituzione malese a garantire questa libertà. Induisti, buddisti, cristiani e musulmani vivono, lavorano e “banchettano” uno a fianco dell’altro, senza problemi, senza tensioni come è giusto che sia.
Arriva l’odore della curcuma da una ciotola di riso ( Nasi Kunyk) che accompagna un piatto di verdure (che in Malesia non mancano) cotte nel latte di cocco. Curcuma, zenzero, cannella e citronella aromatizzano il riso in maniera indescrivibile. Stefano mi spiega che l’abitudine di aromatizzare il riso è assai frequente in Malesia dove il pane è pressoché inesistente e ogni piatto viene accompagnato con delle porzioni di riso.
In cucina suona il campanello, segno inequivocabile che un altro piatto è in arrivo: “Otak otak”. Il nome divertente nasconde dei gamberi con spezie, latte di cocco e cottura in foglie di bambù. I sapori si confondono, il piccante e il dolce si alternano sollecitando ogni angolo della mia bocca.
Non so perchè, ma a me il tempo passa velocemente quando sono a tavola ed in questa occasione ancor di più. Avere poi una “guida” come Stefano rende tutto più piacevole. Come piacevole del resto è il momento del dolce: zucchero, latte di cocco, farina di cocco e succo di cocco: consistenze diverse tra interno ed esterno con una cottura al vapore che rende il piatto tut’altro che stucchevole ( come invece pensavo ) .
A differenza di quanto accade in India, da queste parti il consumo di alcool è ridotto, mentre la produzione è pressoché minima, complice l’alta tassazione imposta a tutela, almeno così mi dice Stefano, della salute pubblica. La serata è ormai giunta al termine ed devo ammettere che sono dispiaciuto perchè qui al Pegaso ho trovato esattamente quello che stavo cercando; un paese lontano, una cucina così diversa da quella italiana ma al tempo stesso tanto appassionata e piena di tradizioni. Stefano poi è narratore coinvolgente, torna spesso nel suo paese natale dove mantiene affetti e legami.
Emilio Salgari diceva che “scrivere è viaggiare senza la seccatura dei bagagli”, ma dopo questa sera, è una seccatura che affronterei con piacere per andare in Malesia.
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