I martiri di Portella della Ginestra

Mario Nicosia, sopravvissuto alla strage di Portella della Ginestra

E’ il momento dell’incontro con i 3 superstiti ancora in vita delle strage compiuta dalla banda Giuliano il primo maggio del 1947. Ci siamo visti davanti al memoriale. Portella della ginestra era il luogo dove il movimento operaio e contadino festeggia da un secolo il primo maggio, grazie al sacrificio di un medico, Nicola Barbato che divenne il primo organizzatore dei contadini nei tre paesi di san Giuseppe Jato, San Cipirello, Piana degli Albanesi.

A Piana, tra l’altro, si parla un dialetto che deriva dall’albanese, a causa di una colonizzazione di contadini che si stabilirono lì nel cinquecento. La zona tuttavia era fino agli anni cinquanta poverissima. Il grande latifondo assenteista lasciava la terra incolta. Solo cinque possidenti avevano la carne in tavola. I mafiosi approfittavano della situazione per imporre una loro mediazione basata sulla sopraffazione. La gente moriva di fame. E’ per questo che il socialismo fece una forte presa. “Volevamo solo un pezzo di pane” ci raccontano i 3 superstiti, che quel giorno si nascosero dietro le pietre per evitare le raffiche della banda di Salvatore Giuliano. Portella della ginestra è passata alla storia come la prima strage di stato. Giuliano fu la mano armata, ma il sospetto è che si volesse bloccare e intimidire il movimento che chiedeva l’applicazione dei decreti Gullo sull’assegnazione delle terre incolte ai contadini. Quando il 24 giugno il presidente Napolitano è salito fino a qui, per commemorare i morti, Mario Nicosia, 87 anni, gli ha detto che lui non potrà morire fino a che non saprà chi erano i veri mandanti. “Il presidente mi ha risposto che allora vivrò a lungo” dice sorridendo amaro. Nicosia, aggrappato al suo bastone, è di una vitalità straordinaria. Ci parla della costituzione, del voto alle donne, di come a Piana degli albanesi la gente nonostante la strage non si sia mai piegata ai mafiosi. Serafino Petta ci spiega invece cosa accadde quella mattina (c’erano 3mila persone con le bandiere rosse) e da dove partirono le raffiche (guarda il video).

Giacomo Schirò ci racconta invece che a Portella c’era talmente la fame che i bambini, erano talmente disperati, che andavano per le case a chiedere se potevano avere dell’acqua calda per scaldare lo stomaco. La storia di Portella della giniestra la potete leggere qui. Quello che rimane a noi che abbiamo incontrato i protagonisti, invece, è la speranza nei loro occhi e la loro ferma convinzione, nonostante tutto, che si possa creare ancora un mondo migliore per tutti.

 

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