Ricordi – In Vespa http://www3.varesenews.it/blog/in-vespa Fri, 27 Apr 2018 17:55:21 +0000 it-IT hourly 1 https://wordpress.org/?v=4.6.11 Un viaggio dantesco http://www3.varesenews.it/blog/in-vespa/?p=1562 Mon, 13 Dec 2010 13:28:55 +0000 http://www3.varesenews.it/blog/in-vespa/?p=1562 Continua a leggere]]> erica pellegriniErica Pellegrini, responsabile dell’agenzia Maremma Style Travel Agency & T.O.di Consorzio Turistico Maremma Promotion, l’ho incontrata a Castiglione della Pescaia. Mi ha scritto un pensiero molto bello.
“È un piacere vedere i progressi di questa così bella iniziativa: l’idea, il viaggio, le testimonianze diffuse orizzontalmente dai mezzi più innovativi e attuali (il WEB), a quelli tradizionali (la carta).
Il tuo è stato un viaggio dantesco che ha fotografato un’Italia geografica, politica, sociale percorrendo una direzione inusuale: il periplo della penisola [normalmente si scelgono i punti cardinali opposti e si traccia un linea sommaria retta, che spesso però si discosta fin troppo dalla realtà]. Congratulazioni”.

]]>
Viaggiare http://www3.varesenews.it/blog/in-vespa/?p=1527 Mon, 29 Nov 2010 20:07:51 +0000 http://www3.varesenews.it/blog/in-vespa/?p=1527 Continua a leggere]]> Proprio due giorni fa raccontavo ad alcuni studenti di Alghero quanto è cambiato il mondo dal tempo dei racconti del viaggio di Michele Serra nel 1985. Un’occasione per tornare a ripensare al mio giro in vespa dopo la ripubblicazione integrale delle varie tappe. Ieri poi una dolcissima signora romana ha scoperto il blog e mi chiedeva. Insomma, il viaggio continua. Nei prossimi giorni lavorerò di nuovo sulle varie uscite scritte per sistemarle e provare a pubblicarle anche in un libro.
Ci sentiamo…

]]>
La carica dei centoventi http://www3.varesenews.it/blog/in-vespa/?p=1518 Mon, 29 Nov 2010 06:32:11 +0000 http://www3.varesenews.it/blog/in-vespa/?p=1518 Continua a leggere]]> Gli ultimi li ho incontrati a Trieste. Erano in giro per il centro a far baldoria in attesa della finalissima di una partita di mini basket. Il viaggio è fatto di luoghi, persone, storie, memorie che mi hanno fatto vivere emozioni sempre diverse. Come diversi sono stati i protagonisti degli incontri. Per lo più gente comune che mai erano stati intervistati in vita loro. Maestre, cuochi, pescatori, operai, ex calciatori, scrittori, giornalisti, assistenti sociali, impiegati, albergatori, addetti ai controlli di vario genere, artisti, professori, bibliotecarie, gestori di locali, amministratori, politici e dimenticherò qualcosa ancora. La più giovane, Nicole di 18 anni, l’ho incontrata a Capalbio; il più anziano Mario di 90 è il fondatore del “muretto” di Alassio.

Non ho mai cercato personaggi famosi. Lella Costa, Claudio Petruccioli, Gianni Rivera, Domenico De Masi ed Ermete Realacci sono stati incontri fortuiti. I due sindaci hanno invece delle ragioni Fausto Molinari amministra Airole che è il paese con il maggior numero di stranieri in Italia e Angelo Vassallo ad Acciaroli fa il pescatore.

Nella foto Elio. Lui ha aperto e chiuso il viaggio accompagnandomi a Ventimiglia e venendomi a riprendere a Trieste. Un mito.

]]>
Uno spettacolare raduno chiude il viaggio http://www3.varesenews.it/blog/in-vespa/?p=1515 Sun, 28 Nov 2010 06:28:35 +0000 http://www3.varesenews.it/blog/in-vespa/?p=1515 Continua a leggere]]> La vespa è stata un gioiello. Quattromila seicento chilometri senza battere ciglio. È stato bellissimo viaggiare con lei. Un piacere incredibile attraversare alcune città quasi deserte, o fare le stradine delle costiere. Ho sofferto solo un paio di strade troppo lunghe e noiose. Peggio di loro solo le gallerie: tanto smog e tanto rumore. Con la vespa scopri tutto quello che hai intorno e senti tutti i profumi, le puzze e gli odori. Riconosco le diversità nel modo di fare il pesce fritto, tanti ne ho inalati.
Alla vespa un ultimo regalo nella tappa finale. A Trieste un raduno a lei dedicato con oltre 400 esemplari provenienti da tutta Europa. Tra loro anche lei appena arrivata da Ventimiglia.
Due soli punti neri di questo splendido viaggio: gli alberghi e le connessioni alla rete. Un disastro, o quasi, per entrambi. Rare eccezioni le perle, molta sufficienza, ma anche molti due in una pagella che sarebbe inclemente. Certo, pure io, entrare a Tropea in un hotel che si chiama K2 ce ne vuole…

]]>
Trieste tra buontemponi e rigore asburgico http://www3.varesenews.it/blog/in-vespa/?p=1511 Sat, 27 Nov 2010 06:23:40 +0000 http://www3.varesenews.it/blog/in-vespa/?p=1511 Continua a leggere]]> triesteAlle sedici e un quarto vedo in lontananza il cartello che indica Trieste. Lo raggiungo e mi fermo. Lo fotografo e resto lì, in mezzo alla strada come uno scemo rischiando di farmi prendere sotto da qualche auto.
Sono passati trenta giorni esatti dalla partenza da Ventimiglia. Quattromila seicento chilometri, che fanno più o meno centocinquanta al dì. Sapevo dall’inizio che non contava la meta, ma le emozioni che giorno dopo giorno avrei incontrato e provato a raccontare. Eppure, di fronte a quel cartello, questa certezza per un momento ha vacillato.
Non potevo immaginare come sarebbe andata. Ero partito spoglio da qualsiasi tesi precostituita, proprio per provare a capire, conoscere, riflettere attraverso l’incontro con i luoghi, le persone, le storie e le memorie. Il viaggio è stato straordinario e ora sono alla meta.
Trieste si presenta subito in tutta la sua bellezza. Mi sono fermato ad ascoltare il flusso delle emozioni su una panchina lungo il sentiero che porta al castello di Miramare. Tanta gente a prendere il sole e in pochi minuti ho sentito lingue diverse.
Da lontano si vede subito il grande porto. È particolare anche in questo Trieste. Dei porti classici ha poco: niente navi e impianti industriali in vista, niente centro storico zozzo e scrostato come ho visto a Genova e a Napoli. È una città colta, austera, elegante, d’una eleganza d’altri tempi, asburgica. E pazienza se è anche una città un bel po’ anziana, anzi tra le più anziane d’Italia. È una città ricca, ma non sguaiata. E la sua eleganza si può persino dire democratica: i caffè liberty sono frequentati da tutti, i ragazzini un po’ tamarri e le due amiche sudamericane sono a loro agio a fianco delle signore con abiti griffati che leggono il “Piccolo” (ma di giornali da leggere ce ne sono sempre una mezza dozzina almeno in ogni luogo pubblico).
I locali sono forieri di incontri, e così in uno dei più noti, nato due secoli fa, mi imbatto nell’entusiasmo degli istruttori di mini basket provenienti da mezza Italia. Indossano una maglietta color fucsia, o giù di lì, con su scritto “Vin crucis 2010”. Sulle spalle l’elenco dei locali che li accolgono. Cantano quasi fossero un vero coro. Intonano canzoni di vario genere e la gente li fotografa, li filma. «Sono diciassette anni che veniamo qui, – mi racconta Gianfranco di Varese – e ormai è una tradizione nel giorno della finalissima andare tutti insieme per osterie». Ecco, se cercavo un’immagine che desse il senso della capacità di accoglienza, di fratellanza, di confronto, che la città sa offrire, questa ventina di buontemponi di ogni età, mi è venuta in aiuto.
Guai a chiamare friulana Trieste. «Noi siamo giuliani, con un po’ di sangue blu», mi dice Paolo Degrassi che è nato ed è vissuto qui fino a ventitre anni. Poi ha scelto la divisa e oggi è comandante di una stazione dei carabinieri in Lombardia. «Trieste è unica. Coniuga il bello dell’Italia con la cultura e l’architettura Mitteleuropea. Somiglia a Budapest eVienna e chi ci vive è giovale».
Trieste è anche una città di frontiera, di confine, crocevia tra culture. Mondo latino, mondo tedesco, mondo slavo. Una città che per un secolo e mezzo, prima che arrivassero i nazionalisti a fare a pezzi tutto, godeva di grandissima tolleranza. Così, con queste emozioni già forti, lo choc che si prova entrando nella Risiera di San Sabba è enorme. Un groppo alla gola che ti strozza. Qui siamo nel cuore della Mitteleuropa e non te l’aspetti.
Il cielo e il vento sono un altro elemento che distingue Trieste da ogni luogo incontrato. In un attimo cambia tutto, passando dal sole ai temporali, e di nuovo al sole con veri sbalzi di temperature.
Per quanto straordinaria questa città, però ha ragione Michele Serra, «sono solo uno dei milioni di passanti che a Trieste vuole assolutamente tornare, e tanto basta». Così chiudo questo fantastico viaggio a Muggia, paesino di pescatori a una manciata di chilometri dalla Slovenia. È un gioiello, e mi godo un altro tramonto che sarà difficile da dimenticare.

]]>
Lignano, la “chiocciola”, Hemingway e la sabbiadoro http://www3.varesenews.it/blog/in-vespa/?p=1522 Fri, 26 Nov 2010 06:37:44 +0000 http://www3.varesenews.it/blog/in-vespa/?p=1522 Continua a leggere]]> tagliamento lignano«Di isola in isola passi tutta la laguna». Quando il “capitano” dell’Ulisse mi ha detto così ho fatto salti di gioia. Potevo imbarcare la vespa a Chioggia, arrivare a Pellestrina, percorrerla tutta e passare poi con il ferry boat al Lido di Venezia. Nuovo pezzo su strada e poi altra corsa verso Punta Sabbioni.
Una variante ammessa dal “regolamento” di viaggio perché era fissato che non avrei fatto un chilometro di autostrada, ma non che non avrei preso traghetti. E poi la lunghezza restava intatta. Il viaggio è stato una parziale avventura già dal via. Sul traghetto tra Chioggia e Pellestrina si imbarca un solo scooter e così sveglia all’alba per essere il primo.
Una scelta premiata dalla bellezza di alcuni scorci dell’isolotto. Tutto tranquillo nel passaggio al Lido, dove ho potuto vedere i ferventi preparativi per il festival del cinema. Poi la sorpresa. Per Sabbioni partono due traghetti alla settimana e la vespa sul vaporetto non può certo salire. Così deviazione obbligata per Tronchetto e ripartenza da piazzale Roma a Venezia. Una variazione che mi ha però permesso di vedere la città dalla laguna passando tra il fronte di piazza San Marco e la Giudecca. E non è mica poco.
«I cambiamenti di stagione si vedono in mare come sulla terraferma. Non esiste monotonia, non quando la corrente è viva e si muove; e ogni giorno non sai mai in che cosa potrai imbatterti». Ernest Hemingway era di casa a Lignano e se ne intendeva di mare e correnti. Lasciava segni ovunque. Ad Alassio la sua presenza non passò inosservata, e grazie a lui, e all’estro di Mario Berrino, nacque il famoso “muretto”. Poi l’ho ritrovato alcune centinaia di chilometri più a sud. Il Cilento, e più specificatamente Acciaroli, sembra abbia addirittura dato l’impronta per il personaggio più illustre di Hemingway, il protagonista de Il vecchio e il mare. E ora, eccolo di nuovo, a Lignano Sabbiadoro.
Lo scrittore amava alcuni paesaggi e della cittadina friulana restò affascinato dalla foce del Tagliamento. Nelle ore tarde, quelle del tramonto e del primo imbrunire, i colori diventano accesi, caldi e poi via via smorzano la propria intensità. Il sole scende sul fiume che va a portare dolcezza alla sorella acqua salata. Hemingway stava lì a godersi questi panorami, che ancora oggi restano intatti come allora. Sono stato un’ora nel punto dove le acque si incontrano e lo spettacolo è davvero meraviglioso.
Ho iniziato a esplorare le tre Lignano partendo proprio con la selvaggia Riviera. La sua spiaggia ampia è lasciata per lo più libera e tutto intorno ci sono poche case e strutture. Lo scrittore era solito definirla “la Florida italiana”. Sono poi passato all’estroversa, elegante e naturale Pineta. Lì, proprio negli anni della presenza di Hemingway, si sperimentavano geometrie urbanistiche d’avanguardia. Ancora oggi si studiano gli archi e i raggi che compongono la famosa “chiocciola” realizzata dall’architetto friulano Marcello D’Olivo. Geniale per l’epoca perché evitava così incroci pericolosi e semafori. Lungimirante perché all’epoca non esisteva certo il problema del traffico come oggi. Dall’alto o su una piantina si capisce tutto l’ardire di quel progetto.
Come riportano le cronache dell’epoca “all’alba del 5 giungo 1953 il rombo del primo trattore, ruppe il silenzio della pineta e si sovrappose al risciacquio delle onde sulla battigia” si iniziavano a solcare le dune della pineta, per tracciare le prime strade della località.
Questo progetto è stato ripreso da numerose riviste per originalità e funzionalità e perché non ha deturpato il paesaggio e la pineta; la realizzazione a forma di chiocciola o spirale “verde”, è stata riportata sullo stemma e quindi sulla bandiera del Comune di Lignano Sabbiadoro.
L’Albertone nazionale aveva una casa a Pineta e la usava spesso negli anni della dolce vita. Lignano, come tanti altri posti, aveva intravisto la grande opportunità di legarsi ad Hemingway, così nel 1953 la società Lignano Pineta gli aveva regalato un angolo di terra perché lo scrittore potesse costruirvi la propria abitazione estiva; lui accettò, ma poi in quella città non tornò più… o meglio, è tornato, dando il suo nome ad un parco pubblico che è sorto nel 1984.
Chiude il trittico della cittadina friulana, la mondana, chiassosa e frizzante Sabbiadoro con il suo lungo corso pedonale che presenta tutto il possibile varietà dello shopping. La sera si riempie di gente. Senti parlare tante lingue diverse e in nessuna delle città toccate c’è tanta varietà di nazionalità. Lignano ha una statura internazionale e l’avverti subito, appena ci metti piede. È una città tranquilla che passa da cinquemila abitanti residenti a oltre trecentomila nel pieno dell’estate. Lo fa in modo quasi naturale, ordinato e sicuro tanto che le protagoniste maggiori sono le famiglie con i bambini.
«Non voglio contestare questa scelta e sono contento che Lignano proponga tante cose per loro, ma non si può esaurire tutto lì». Claudio ha gestito per vent’anni diversi locali e discoteche, poi ha lasciato per altri lavori, ma gli è rimasta quella passione e ogni tanto organizza feste e iniziative. «Amo Lignano e la trovo bellissima, ma stiamo peggiorando. Alcuni anni fa avevamo quindici locali dove si suonava e ballava a tutte le ore. Ora ne abbiamo cinque e nessuno sta aperto tutti i giorni. Manca una visione, una strategia e la voglia di mettersi insieme. In fondo basterebbe guardare alla capacità imprenditoriale che hanno in Romagna e in Veneto».
L’erba del vicino, si sa, è sempre la più verde. Così a Claudio non basta l’arena di soccer e beach volley (siamo in Florida e dobbiamo pur provare la lingua, che resta comunque più semplice del friulano) più grande d’Italia, o la Pagoda, una gigantesca palafitta sul mare, dove sta un locale ormai simbolo di Lignano. Non gli bastano nemmeno il campo da golf, l’Acquasplash o il parco-zoo di punta Verde che sono ancora lì a mostrare le proprie bellezze e curiosità da decenni.
L’acqua è inguardabile, ma tutto il resto profuma di bello e di accogliente. E poi, dove la trovi una spiaggia con la sabbia d’oro?

]]>
Chioggia, di più di una piccola Venezia http://www3.varesenews.it/blog/in-vespa/?p=1506 Thu, 25 Nov 2010 09:23:04 +0000 http://www3.varesenews.it/blog/in-vespa/?p=1506 Continua a leggere]]> chioggia«Parlo tre lingue: l’italiano, il chioggiotto e l’italchioggiotto che è l’insieme di italiano e chioggiotto». Marco per cinque euro ti porta a fare un giro di venti minuti in laguna tra Chioggia e Sottomarina. Se poi trova la compagnia simpatica, diventa sempre più di mezz’ora.
Poco dopo l’arrivo nella cittadina, mi offre la possibilità di vederla dal mare, e resto subito incantato. Un innamoramento a prima vista. Nella parte vecchia non esistono strade, ma calle e fondamenta. Il centro storico è come un pesce, la cui spina dorsale è il lungo corso centrale, porticato in parte. Le lische sono rappresentate dalle calle trasversali al corso che portano poi alle due fondamenta laterali. Un’urbanistica semplice, ma bella con un campanile che ha l’ingranaggio più antico del mondo per far andare l’orologio.
chioggiaChioggia la definiscono “la piccola Venezia”, ma è riduttivo. Il suo fascino sta nell’autenticità. Elemento che la città dei Doge ha un po’ perso. Qui non arriva il grande turismo e così la popolazione indigena si mescola ai vacanzieri, e nelle calle senti parlare solo in dialetto. I chioggiotti sono orgogliosi e testardi, anche un po’ focosi. Qualcuno li considera “i napoletani del Nord”. Già da questo voler cercare sempre confronti si può capire un certo loro orgoglio, che non ci sta ad essere secondi a qualcosa o qualcuno. «Siamo più antichi noi di Venezia e ci hanno copiato tante cose. Guarda il ponte di Vigo, è in piccolo quello di Rialto, ma il nostro è più vecchio. Poi noi abbiamo il porto con il maggior numero di imbarcazioni in Italia, abbiamo il radicchio più buono…». E via a sciorinare dati e riferimenti storici. Non sono comunque questi a far la bellezza di Chioggia.

La storia di Marco è interessante perché svela molte cose: il carattere, la poesia, la visione del territorio e la voglia di fare. «È tutta colpa delle seppioline. Io per venticinque anni ho fatto il pescatore. Un giorno ne ho prese tante. Saranno state oltre quattro quintali, ma c’era un mare così grosso che non mi permetteva di tornare indietro. Non potevo abbandonare un carico di pesce tanto ricco. E così ho preso una via alternativa per i canali. Me la sono scampata, ma da quel giorno ho capito che avrei cambiato mestiere. Mica per la paura, sai. Mi piace raccontare, stare con la gente e promuovere così le bellezze della mia terra».
Lui, con la sua “volgolara”, aveva già iniziato a portare a spasso per mare i turisti. Era stato il primo a fare pesca turismo, che poi significava fare doppio lavoro, ma gli piaceva così. Dopo quattro anni, complici le seppioline, decise di comprare un “bragosso”, la tipica nave da pescatori, che ben si adatta a fare anche da imbarcazione turistica. È arrivata così l’Ulisse, che ancora oggi salpa dalla piazza Vigo. «Non importava quanto guadagnassi perché mi sentivo il più ricco della città. Per me Chioggia è oro puro e la voglio far conoscere al mondo. Ecco perché non mi accontento di fare un semplice giro in barca, ma racconto la storia, le leggende, e la gente è contenta. Quando di notte navigo in mezzo alla laguna, magari da solo, mi sembra di essere libero come un bufalo nella prateria».
Marco mi racconta anche le rivalità e le botte da orbi tra quelli di Chioggia e quelli di Sottomarina. «Per dare il consenso ai matrimoni misti interveniva il vescovo».
Tra i due centri urbani ci sono oltre 12mila tra Boscolo e Tiozzo e così si sono dovuti inventare un sistema che li distinguesse. Il detto, il soprannome finiscono anche sulla carta di identità. Armido fa Boscolo di cognome detto Cegion. Professione cuoco, e che cuoco.
Figlio d’arte, ha pubblicato il libro La svolta, Ciaccole e ricette. «Chiacchiere perché trasmetto le ricette dialogando con le persone. Le ricette hanno una storia e attraverso loro racconto la nostra terra. Il cibo è memoria. Io sono un illetterato, ma la ricerca mi stimola molto». E da questa ha scoperto l’origine vera del Broetto, il piatto a cui lui è più legato. «I pescatori all’epoca erano molto poveri e le prime prede le usavano per loro per cibarsi due-tre giorni. Friggevano il pesce in un olio terribile e per conservarlo usavano aceto e cipolla. Oggi se ne trovano tante versioni, ma quella originale è tutta un’altra cosa». L’antica osteria Al cavallo è finita pure sul magazine della Lufhtansa che nel novembre scorso ha dedicato a Chioggia diverse pagine.
Nel caso di Mirko invece è intervenuta una strana e bizzarra sorte. Nato e vissuto a Berlino da un padre chioggiotto e una madre tedesca, per lui fu galeotta una vacanza. Conobbe una ragazza di Sottomarina e scoppiò l’amore. A quei tempi faceva il responsabile di un progetto per una società editoriale, ha lasciato tutto e dodici anni fa ha raggiunto la sua fidanzata in Italia. «Ho iniziato da zero facendo il muratore, portavo i volantini, poi venditore di pesce, il camionista e anche il prof di tedesco per ragazzini. Dopo un po’ ho trovato lavoro in un albergo e ci sono rimasto». Mirko nel frattempo ne ha fatta di strada, e oggi è il direttore dell’hotel Grande Italia. Uno di quei posti che, quando ci arrivi per caso, pensi di avere una buona stella che ti segue.
Il molo di Sottomarina è una lingua di cemento e sassi lunga almeno due chilometri. Ci trovo pescatori per hobby, capanni, ma soprattutto anziani, famiglie con i bambini. Tutto intorno il mare con la spiaggia ampia, la laguna, i cantieri del Mose, le barche di turisti, i gabbiani, i pesci, le cozze e chissà quanto altro in una mescolanza di antico e moderno, di natura e opera dell’uomo. A vista d’occhio lavori incredibili dell’operosità.
Uno scenario che apre ogni valvola delle emozioni. Qui si intravede tanto senso e tanta volontà di rispettare la natura sapendo che cambia. Sta a noi non piegarla troppo alla nostra volontà. In questo viaggio spesso ho riflettuto sul rapporto tra terra e pensiero, tra natura e sviluppo, tra benessere e pace, tra fondamentalismo e profezia, tra contrapposizione e confronto, tra gioia e dolore. La risposta sta nella domanda e nel provare a non chiudersi nella certezza delle risposte. Che bella questa atmosfera sul molo, un dono quasi in conclusione di un mese di viaggio. E si riparte anche se, come allora, oggi Ulisse sarebbe tentato di restare…

]]>
Delta del Po: il regno delle vongole e delle zanzare http://www3.varesenews.it/blog/in-vespa/?p=1499 Tue, 23 Nov 2010 06:27:59 +0000 http://www3.varesenews.it/blog/in-vespa/?p=1499 Continua a leggere]]> Cactus, Eva, Magic America, Malizia, Tabù, Tam tam, Le caprice. Uno dietro l’altro tra i cartelloni di Mirabilandia, Oltremare, Fiabaland e Italia in miniatura. Sulla statale 16 adriatica, e poi sulla Romea, le pubblicità si intervallano. Chissà se si sono messi d’accordo? Certo è che per i venditori delle reclame quel tratto di strada deve essere una manna. Bambini (e non solo loro) alla ricerca del mondo fantastico, e adulti che non hanno che da scegliere per trovare materiali erotici vari. I sex shop si contendono lo spazio con le patrie dell’intrattenimento. Del resto, sempre di divertimento si tratta e anche di mirabilanti proposte fuori dall’ordinario. Che siano giravolte audaci e da far mancare il fiato, o giochini di cui la maggior parte delle persone non conosce nemmeno l’esistenza, fa niente. La Romagna non si fa mancare nulla.
Arrivo a Ravenna in un batter d’occhio in compagnia di Otto leprotto, la mascotte di Mirabilandia. La città è di quelle che invitano ad essere visitate, peccato la fretta. Dante e i mosaici sono protagonisti ovunque, ma la tappa prevede ancora tanta strada con obiettivo il Delta del Po.
Un pezzo di terra, ma soprattutto d’acqua, in cui il tempo sembra essersi fermato. Diviso tra la Romagna e il Veneto, tra le bellezze di Ravenna, Ferrara e Chioggia, il parco è nato nel 1991e l’Unesco l’ha inserito tra i patrimoni dell’umanità.
“Le diramazioni deltizie del fiume Po, – come si legge sulla ormai imperante enciclopedia Wikipedia, – attualmente attive e che nel loro complesso costituiscono il delta sono, da nord a sud: il Po di Maistra, il Po di Venezia – Po della Pila che sbocca in mare attraverso tre distinte bocche (Busa di Tramontana, Busa Dritta e Busa di Scirocco), il Po delle Tolle (con le diramazioni di Busa Bastimento e Bocca del Po delle Tolle), Po di Gnocca o della Donzella (anch’esso con una biforcazione terminale) e Po di Goro”.
Proprio a Goro partecipo a una sorta di rito sacro. Tutti i giorni alle 16, al mercato ittico del paese, c’è l’asta con cui commercianti e ristoratori si aggiudicano la merce. Oggi è un giorno di magra perché fino alla fine del mese la pesca è chiusa. Così sono pochi quelli che contrattano e alla fine gli scambi arrivano a un valore di poche centinaia di euro. Ci sono solo “pannocchie”, crostacei di basso valore, che hanno il loro momento di gloria arrivando ad essere pagate 13-14 euro al chilo quando la loro quotazione è più o meno la metà.
Qui si pratica “l’asta ad orecchio”. Il commerciante offre una cifra per la mercanzia, ma non lo fa a voce alta. Si rivolge al responsabile e dice in un orecchio quanto sarebbe disposto a pagare. Il miglior offerente si aggiudica le cassette di pesce. Un’operazione antica che conserva intatto il suo fascino.
Pierpaolo Piva fa il direttore del mercato ittico di Goro dal 1998. È assunto direttamente dal consorzio pescatori. Qui sono attive 34 cooperative che svolgono soprattutto attività di mollusco coltura. «Nel 2009 nella sacca di Goro abbiamo prodotto 10mila tonnellate di vongole. È il 25% del mercato, di meglio fanno solo a Scardovari e a Chioggia. Nel porto abbiamo circa cinquanta barche e si pesca anche altro, ma l’attività prevalente resta questa». Una terra che sa di antico, «rimasta tagliata fuori da ogni transito, tanto che le strade principali come la Romea, cinquant’anni fa non erano nemmeno asfaltate. Ora si cerca di sviluppare anche un po’ di turismo, ma è la pesca la nostra economia».
Passo il ponte di chiatte che separa la Romagna con il Veneto. Si paga e anche questo sviluppa economia ed è sempre la cooperativa di pescatori a gestire il pedaggio e la manutenzione. Costeggiando tutta la sacca di Scardovari si trovano sacchi di nylon lungo la strada di fronte ai capanni. Sono quelli lasciati dai pescatori con dentro le vongole. I responsabili del consorzio passano a ritirare il tutto per poi portarli agli stabilimenti per la depurazione e il confezionamento fino a farli arrivare nei nostri negozi.
Le paludi sono state morte e ricchezza. In questo viaggio ne ho incontrate tre di cui in parte racconto. A Castiglione della pescaia lo chiamano affettuosamente al maschile e ha permesso la sopravvivenza prima e l’avvio dello sviluppo economico poi. Nella Pontina ancora oggi si levano i seguaci del Duce a vantarne lodi proprio partendo da Littoria. II Polesine e Ferrarese, che compongono il territorio del parco del Delta del Po, sono stati interessati nel passato da malattie endemiche quali la malaria, pellagra e tubercolosi, e nel Comacchiese una strana forma di lebbra. La malaria era diffusa da secoli nelle zone vallive e nell’area del Delta. Durante i lavori per il taglio di Porto Viro colpì molti lavoratori e tecnici, tra cui il provveditore al taglio Alvise Zorzi. È scomparsa solo dopo la seconda guerra mondiale, con l’uso massiccio e indiscriminato del DDT.
La pellagra era causata da una dieta monoalimentare legata al mais. Fenomeno raro fino all’Unità d’Italia, ebbe una forte diffusione dagli anni ’70 dell’Ottocento, a causa dell’impoverimento della popolazione rurale; nel 1902 fu approvata una legge per la sua cura e prevenzione.
Scende il tramonto e tutto intorno diventa il regno delle zanzare. «Da quando sono arrivate quelle tigre non c’è più orario» mi racconta Sebastiano, da due anni addetto al pedaggio su uno dei due ponti che attraverso.
Il Delta a quest’ora, con fenicotteri, aironi, svassi, pellicani, fagiani e tanti altri si presenta in tutta la sua bellezza. Ma non si potrebbe fare a meno di questi insetti fastidiosi e invadenti?

]]>
Rimini immortale http://www3.varesenews.it/blog/in-vespa/?p=1494 Mon, 22 Nov 2010 06:20:52 +0000 http://www3.varesenews.it/blog/in-vespa/?p=1494 Continua a leggere]]> grand hotel riminiPer cinque chilometri, sui pali della luce del lungomare, scorrono i manifesti con le facce in bianco e nero di personaggi del cinema, della tv e dello spettacolo. Loro per mezzo secolo, per Rimini, sono stati i migliori testimonial. Federico Fellini è in testa, e a lui è dedicato l’aeroporto. Uno dei simboli, ma anche delle infrastrutture che sta cambiando la faccia del turismo negli ultimi anni. Sono milioni le persone che per la prima volta possono permettersi di prendere un aereo. Un fenomeno che compie dieci anni e che in Europa porta il nome di una compagnia irlandese, che ha scelto anche Rimini come meta.
raffaele cattaneo“Se volete trovare il viale dei ciliegi, tutto quello che dovete fare è chiedere al vigile presso il crocevia”. Oggi a Rimini non è molto diverso da quello che diceva Mary Poppins per spiegare come arrivare nella sede del suo lavoro. Alice, Elena e Serena fanno cent’anni in tre. Nel novembre del 2004, dopo essersi conosciute all’università a Bologna, hanno aperto una libreria per ragazzi e l’hanno chiamata proprio con l’indirizzo di Mary Poppins, Via dei ciliegi 17.
Definirla solo libreria è davvero riduttivo. Nello spazio di via Bertola, perché va bene tutto, ma non potevano far cambiare il nome alla strada, organizzano laboratori, corsi di lettura. È un luogo di incontro per attività extrascolastiche e una delle perle che si sono inventate le tre ragazze è la gara di libri tra le classi. Una sorta di concorso centrato sulla lettura di dieci libri. Gli studenti di varie età si incontrano e sfidano sui testi letti. Una selezione che dura tutto l’inverno e culmina con le premiazioni fatte dagli autori stessi dei libri, all’interno del festival “Mare di libri”.
L’economia turistica qui è una macchina infernale e richiede un tale flusso di gente da far paura. Non basta certo il prestigio accumulato negli anni, e l’essere nell’immaginario collettivo di mezza Europa quando si pensa al mare e al divertimento estivo. La concorrenza fa davvero male e allora Fellini, l’aeroporto, può mitigare il calo delle presenze attraverso l’arrivo del popolo dei voli low cost. Sono numeri non determinanti, ma danno un po’ di ossigeno ad alcuni alberghi.
Nelle viette interne del lungomare resto colpito dai tanti cartelli con scritto “hotel aperto”. Alle grandi strutture si affiancano infatti tante piccole pensioni con una, due stelle, che non vengono più prese in considerazione da nessuna agenzia che promuove turismo per gruppi. Del resto come dargli torto. In tanti posti il tempo sembra essersi fermato a cinquant’anni fa. Quelle luci basse, a volte fatte solo dei neon, odori di cibo che si diffondono in approssimative reception. Lì puoi trovarci il popolo, quello vero, che ancora adesso può permettersi una settimana, massimo due di vacanze e sceglie la Romagna perché è a buon mercato e c’è tutto. Uno spaccato di popolo, a volte anche dolorante e che comunque si lamenta. «Non ne posso più. Per carità, mia mamma mi dà una mano con il bambino, ma è sempre in mezzo. C’ha sempre da ridire su tutto e non si fa mai gli affari suoi. Quest’anno è l’ultima volta che vengo con loro. Ah giuro, non mi vedono più». «Ma da quando vieni in questa pensione tu?» Le chiede la vicina di tavolo che raccoglie le confessioni di questa quarantenne un po’ stressata. «Da quando Mattia aveva un anno. Mia mamma appena passate le feste di Natale chiede sempre: “allora prenoto anche per te, così il bambino si fa un po’ di mare. Perché, se aspetta te e quel mollaccione di suo padre può star fresco”. E cosa vuoi che le dica?» Il “bambino”, avrà quattordici anni, è lì di fianco che gioca con il cellulare.
Rimini è anche questo. Un turismo fatto di tante famigliole che convivono con di tutto e di più. Il regno della vacanza sa reagire e adeguarsi ai tempi. Lo fa anche con una struttura congressuale e fieristica di primo ordine. E proprio in questi giorni c’è il celebre meeting legato a Cl.
Altro che l’organizzazione liquida dei ragazzi delle “fabbriche di Nichi”. A gestire l’imponente manifestazione c’è una fondazione che lavora tutto l’anno. In sette giorni arrivano centinaia di migliaia di persone. Andrea Benzoni di Varese ha curato una delle tante mostre allestite nei padiglioni fieristici. Mi accompagna lungo tutta l’area. «Abbiamo iniziato un po’ per gioco trent’anni fa. Io ero un ragazzino. Fu il gruppo di Rimini a proporre questa collocazione. All’epoca era solo un padiglione, ma arrivarono lo stesso cinquantamila persone e così pensarono di riproporre il meeting anche l’anno dopo. Era una scommessa. Portare a Rimini, nel tempio del turismo, del mare, ma anche dell’effimero, un momento di incontro e dibattito era un progetto forte. L’idea era ed è quella di promuovere eventi di qualità. Mi sembra che ci siamo riusciti bene».
Beh, non c’è che dire. Resto colpito dall’età media molto bassa delle persone che si muovono in ogni area del meeting. Lo slogan di quest’anno è: “quella natura che ci spinge a desiderare cose grandi è il cuore”. Sono centinaia gli incontri, migliaia le persone che visitano ogni giorno le mostre. Sono andato a vedere lo spettacolo di Andrea Chiodi, “Marija Judina, la pianista che commosse Stalin”. Mica una cosina semplice semplice. Intenso e profondo. Il biglietto sarà pure costato solo dieci euro, ma lì dentro c’erano tremila persone. Eccolo un altro popolo.

]]>
Gabicce e la sua Baia imperiale http://www3.varesenews.it/blog/in-vespa/?p=1490 Sun, 21 Nov 2010 21:20:30 +0000 http://www3.varesenews.it/blog/in-vespa/?p=1490 Continua a leggere]]> Le Marche sono terre autentiche. Nanni Moretti e Laura Morante sono seduti a mangiare. Il vecchio tavolo di legno con una tovaglia a scacchi è proprio l’immagine della vecchia osteria. Scena da film, ma ancora intatta a chi si ferma a mangiare un boccone. Cibo genuino e tutto del posto. Un coniglio alla porchetta degno delle migliori cucine. Quella che ha gradito anche Dustin Hoffman che un anno fa è stato ospite dell’osteria del Poggio una sera mentre stava girando gli spot per il turismo marchigiano.
Nonna Emilia non poteva immaginare che la sua osteria sarebbe diventata meta di gente famosa. Lei, donna del popolo, ha sempre cucinato per tutti e non solo per i signori. È toccante il film che le sue nipoti hanno contribuito a realizzare. Interviste e scene di vita della donna che, con la sua semplicità e buona cucina, ha fatto nascere il turismo a Portonovo. Un posto che era ambito solo per l’acqua, ma dove nessuno voleva vivere e ancor meno passarci una vacanza. Andateci oggi e scoprirete un gioiello.
Attraverso tutta la costa marchigiana con una breve deviazione nel suo entroterra prima di arrivare nella patria del divertimento notturno.
Gabicce è una bella signora dai fianchi un po’ stretti tra i colli e il mare. Distinta, elegante, è marchigiana in odor di Romagna. Ci pensa il torrente Tavollo a separarla dalla riviera, e a conferirgli quell’aria un po’ più nobile. «Loro si sentono un piccolo Conero», mi dice Raffaella, che sta invece su in alto a quello originale.
Gabicce è cresciuta con ordine mantenendo un suo carattere, una sua identità divisa tra il borgo sul monte e quello sul mare. La spiaggia ricorda subito che siamo a due passi da Rimini, e gli ombrelloni corrono a file strette, un bagno dietro l’altro.
La sera c’è molta vita e sembra solo incidentale che poche centinaia di metri più in su, a metà strada tra le due Gabicce, c’è una delle discoteche più famose al mondo.
Alla Baia imperiale in ventisei anni è passato mezzo mondo. Arrivo nel primo pomeriggio e all’ingresso lavorano per preparare una serata tutto sommato considerata minore. Aspettano il mondo dei single a cui sono dedicate le notti delle domeniche agostane. Mentre sono lì, in attesa di parlare con qualcuno, assisto a un via vai di gente come fossimo davanti a un monumento storico. Le macchine rallentano, si fermano, qualcuno scende, fa due foto, commenta e riparte.
Un papà si avventura fino a davanti al cancello per far vedere da vicino al suo bambino le statue e le colonne giganti che sono state portate direttamente da Roma, dove giacevano impolverate nei depositi di Cinecittà.
Devo ritornare di sera tardi perché Gabriele Villa ora non c’è. Pazienza. Dopo un’ora circa provo a chiamare i tre numeri delle Pr per avere qualche altra informazione. Scopro più tardi che Giorgia e Ambra sono le due figlie e Wilma è un parafrasare Villa. Tre cellulari, stesso gestore. Gabriele è davvero tuttofare e ci diamo appuntamento per le ventidue.
La notte è lunga e alla Baia a quell’ora è solo l’alba.
«Siete ancora qui?» mi dice mentre sta contando i soldi per aprire le casse. «Dai seguimi, intanto parliamo». Non si fa tanti problemi Gabriele. Ricorda con affetto Michele Serra. Aveva aperto da appena una stagione.
«È cambiato il mondo, direbbe il mio direttore artistico. Io invece ti dico che è cambiato il modo di divertirsi dei giovani. Una volta arrivavano a frotte per cuccare. Adesso spesso arrivano già ubriachi per rompere i coglioni, per scatenare risse. Pensano di essere allo stadio, solo che lì li tengono ben divisi. Qui romani e napoletani sono tutti insieme e basta un niente per far scoppiar casini». Uno stress non da poco, visto che nelle sere di punta arrivano anche quattromila persone. La migliore organizzazione, che permette a oltre quaranta pullman di scorrazzare giovani che arrivano da Ancona fino a Cervia, ha un rovescio della medaglia. I ragazzi non devono guidare, e così bevono preventivamente arrivando già belli carichi all’appuntamento con la notte brava.
L’ingresso della Baia imperiale è davvero imponente. Una scalinata di marmo bianco con le statue di diversi imperatori romani. Delle anfore gigantesche e un colonnato che si leva alto, fino a superare la mitica terrazza da cui si vede tutta la riviera.
L’età media è bassa. Arrivano ragazzi dai 16 ai 25 anni. «A parte quelli che vorrebbero far casino, qui è tranquillo. Non si spaccia e si trova tutta la musica che si vuole». Gabriele mi porta a vedere le cinque diverse sale e lo scenario è notevole. Spazi di ogni tipo e perfino una vera piscina che richiama le vecchie terme romane con zampilli e giochi d’acqua.
«In questi anni mi sono divertito ed è una gioia vedere le mie due figlie, Giorgia e Ambra che sono volute venire a lavorare qui con me. Il rammarico più grande, oltre ad invecchiare, è che vedo passare fiumi di soldi senza che se ne fermino mai abbastanza. A Serra raccontavo dei mutui fatti per aprire il locale. Continuiamo a far debiti e rinnovarli perché ogni anno qui va speso una montagna di denaro».
Gabriele è un tipo simpatico, socievole, parla con entusiasmo della sua Baia. «Ogni sera ci sono 70-80 persone a lavorare con me». Lui è il primo ad arrivare e l’ultimo ad andar via. Il suo sogno non è più Cuba, ma si è spostato di poco. «Voglio andare ad aprire una piadineria a Santo Domingo. Lì almeno un po’ di soldi li faccio».

]]>