Risultati della ricerca per “barbarossa” – I film del Lupastro http://www3.varesenews.it/blog/lupastro Il cinema è ovunque Fri, 27 Apr 2018 18:05:59 +0000 it-IT hourly 1 https://wordpress.org/?v=4.6.11 Stasera in tv – 8 febbraio http://www3.varesenews.it/blog/lupastro/?p=533 Tue, 08 Feb 2011 08:29:24 +0000 http://www3.varesenews.it/blog/lupastro/?p=533 Continua a leggere]]> locandina-il-vento-che-accarezza-l-erbaUna serata ricca di appuntamenti quella di martedì 8 febbraio sulle tv free del digitale terrestre. Tra film e serie tv, grandi visioni per tutti i gusti.

“VECCHI” CANALI DEL DIGITALE TERRESTRE
Lasciamo pure stare la serie tv italiana La narcotici (Rai1, ore 21.10) che di fronte al resto degli appuntamenti sfigura. Ed anche La fidanzata di papà (Canale5, ore 21.10), film con Massimo Boldi dopo la separazione dai cinepanettoni di Natale con Christian De Sica. Tra i protagonisti anche una inutile Simona Ventura e delle situazioni che non fanno nemmeno ridere.
Da puntare tutto, invece, su altri appuntamenti di ben altro calibro, come Braveheart (Rete4, ore 21.10) con Mel Gibson vincitore di cinque premi Oscar che racconta la liberazione della Scozia dall’inghilterra. Un grande film epico che la Lega Nord non può (non deve) usare da manifesto (il suo giusto manifesto è il recente Barbarossa di Martinelli).
Altro grande cinema, spiazzante all’epoca dell’uscita nel 2000, è Il favoloso mondo di Amelie (La7, ore 21.10). Storia “visiva” di una giovane francese alla ricerca dell’amore, con un punto di vista tutto particolare nei confronti del mondo. Colorato e divertente. Meno interessante ma abbastanza intrigante è Shall we dance (Rai2, ore 21.10) con Jennifer Lopez e Richard Gere, rifacimento hollywoodiano di un film coreano che racconta di un amore impossibile, consumato a ritmo di ballo.
Per chi cerca programmi di attualità con risvolto cinematografico nel racconto ci sono anche Mistero (Italia1, ore 21.10) con racconti da incubo, anche piuttosto artificiosi, e Ballarò (Rai3, ore 21.10) talk show dove l’attualità viene spesso letta in maniera narrativa.

NUOVI CANALI DEL DIGITALE TERRESTRE
Su tutti, da non perdere, un film dove protagonista è ancora la lotta per la libertà. Si tratta del grande Il vento che accarezza l’erba (Rai5, ore 21), pellicola storica di Ken Loach, dura e avvincente che racconta di quanto nel 1919 gli irlandesi formarono un esercito di guerriglia contro gli inglesi. Immancabile militanza per la libertà.
Per gli amanti del cinema storico, altra interessante  opera di James Foley, Un giorno da ricordare (Iris, 21), con il sempre grande Al Pacino, strano rapporto tra un nonno e un bambino sulla visione della vita.

VISIONI NOTTURNE
Ancora più interessante, come al solito, il panorama notturno. Rai2 (ore 2.00) propone la fatica di Abel Ferrara, New Rose Hotel, film controverso con una conturbante Asia Argento: un noir cupo e non scontato con una perfetta femma fatale. Di no facile visione. Mentre Rai Premium (ore 22.50) propone il solito e bravo Ispettore Coliandro (ore 22.50), fiction italiana investigativa dei Manetti Bros, bella e a volte surreale.
Su Rete4 (ore 0.45) si sta più leggeri con l’opera prima di antonio Albanese, Uomo d’acqua dolce, sorta di Charlot che perde la memoria, quasi un cinema d’autore dei vecchi tempi. A Seguire, sempre su Rete4 (ore 2.50) c’è L’assedio di Bernardo Bertolucci, grande storia d’amore interculturale, toccante e impossibile, realizzata in tempi non sospetti, quando il tema non era ancora abusato dal cinema. E naturalmente il tocco del regista di Ultimo tango a Parigi.
Altro appuntamento da storia del cinema su Italia1 (ore 24.00) con Jackie Brown considerata un’opera minore di Quentin Tarantino, ma invece da rivalutare come un vero capolavoro, dove regna la destrutturazione narrativa e la realizzazione di una truffa narrata da più punti di vista, cinefilo e impeccabile. Su RaiMovie (ore 23.05) per chi non lo avesse mai visto, c’è un film che più attuale non si può: Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto di Elio Petri e con un grande Gian Maria Volontè, storia di un commissario di polizia che commette un omicidio e investiga su se stesso, prima depistando le indagini poi cercando di farsi scoprire. Impeccabile, uno dei pochi film italiani ad aver vinto l’Oscar per la sceneggiatura.

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L’anima gentile di quattro ore e mezza di battaglia http://www3.varesenews.it/blog/lupastro/?p=279 Tue, 02 Feb 2010 13:11:37 +0000 http://www3.varesenews.it/blog/lupastro/?p=279 Continua a leggere]]> red-cliffQuattro ore e mezza di film. Un fiume di immagini che scorreva sul televisore. Unico neo della visione di Red Cliff – La battaglia dei tre regni è stata visione domestica. Il nuovo film di John Woo avrebbe meritato una visione cinematografica, ma non spezzata in due come proposta in Dvd o riassunta al cinema in due ore e mezza, bensì in una serata sola, in un’unica proiezione.

Il regista racconta la battaglia che nel secondo secolo dopo cristo ha portato all’unificazione della Cina. Lo fa in un crescendo di intrighi e battaglie, con una abbondanza di rallenty e montaggi paralleli che sono sempre stati il cavallo di battaglia del suo cinema. Certo non siamo ai livelli estetici di capolavori come The killer o Face Off, qui John Woo è leggermente più contenuto a favore della Storia, ma La battaglia dei tre regni è un racconto quasi shakesperiano, ricco di tradimenti e passioni, intrighi e spie, ma anche con un grande rispetto dell’onore e della battaglia.

Immancabili le citazioni all’Arte della guerra, il testo che ha guidato tutti gli strateghi della storia e che ancora oggi viene applicato, sotto diverse forme, in più campi della vita.

Libertà, indipendenza, rispetto della proprio storia, rifiutando i dominatori-oppressori, sono i temi principali del film. Inutile, superfluo e stupido qualsiasi rimando al cinema italiano di Barbarossa che come tematica non ha niente a che vedere con il film cinese: nella pellicola italiana non c’è alcun sentimento, solo propaganda; nel film cinese, nonostante si legga comunque la propaganda, si percepiscono i sentimenti, anche ai non addetti ai lavori. Questo perchè si raccontano storie e sentimenti universali, come l’amore e l’odio, al di là della rivalsa sociale: si raccontano vite.

A tutto ciò si aggiunge una regia grandiosa che John Woo aveva alquanto estremizzato negli ultimi due Mission Impossible. Qui torna a dominare la sua regia al meglio, rendendola funzionale a un racconto che, seppur nella sua crudezza, ha una grande anima gentile.

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Sherlock Holmes e i maledetti trailer http://www3.varesenews.it/blog/lupastro/?p=256 Wed, 13 Jan 2010 07:02:54 +0000 http://www3.varesenews.it/blog/lupastro/?p=256 Continua a leggere]]> sherlock-holmes-locandinaEscludiamo la parentesi Barbarossa che non si può considerare Cinema, ma tornare dopo due anni in una sala buia, con un grande schermo che si illumina e prende vita, è come interrompere una dieta rigida fatta di mandarini e yogurt per lanciarsi verso una tavola imbandita di ogni ben di Dio. Complici dell’emozione due cose: i trailer, che per chi ama il cinema e quelle sensazioni sono come una droga, e il film. Quest’ultimo, Sherlock Holmes, non è stato certo un capolavoro, ma sicuramente ha una sua identità. Nonostante sia un blockbuster americano è anche stato diretto e realizzato da un redivivo Guy Rictchie, un giovane regista che alla fine degli anni ’90 aveva diretto due piccoli gioielli come Lock & Stock e The Snatch. Poi il matrimonio con Madonna lo aveva come addormentato, lei si è messa a fare la regista come se gli avesse rubato (male) il talento, l’anima. Lui faceva il marito. In questi anni, lui ha diretto un film che preferisco nemmeno citare (con protagonista la moglie).

Due anni fa si sono lasciati e lui è come rinato. Ha firmato un altro gioiello indipendente dal titolo Rocknrolla e ora Sherlock Holmes, una rivisitazione in chiave moderna del mito creato da Conan Doyle.

Complici anche due interpreti di sicuro fascino, Robert Downey Jr. e Jud Law, Ritchie dirige con sicurezza senza perdere il proprio stile frenetico, soprattutto nella prima parte, e portando nell‘800 la sua Londra sporca di sentimenti corrotti e avidi. Rivisita il mito, lo rende scorbutico e affascinante, togliendo quella patina di eccessiva riflessione che aveva nel tempo reso il mito di Holmes riflessivo e troppo perfetto. A tutto ciò si aggiunge una trama da “fine del mondo” tanto cara ai filmoni americani (che ricorda l’altra bella e sottovalutata pellicola dal titolo V for vendetta) e il film con pop-corn è servito.

Non un capolavoro certo, ma sicuramente un film interessante. Soprattutto per chi ha interrotto un astinenza che durava da oltre 700 giorni.

E ora? Maledetti trailer…


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La politica distruttiva del “Barbarossa” http://www3.varesenews.it/blog/lupastro/?p=191 Fri, 16 Oct 2009 07:38:55 +0000 http://www3.varesenews.it/blog/lupastro/?p=191 Continua a leggere]]> locandina_del_film_barbarossa-01

Un’opera cinematografica non si giudica dal suo consenso al botteghino. È vero. Ma se a dirlo, come nel caso del Barbarossa, sono gli stessi leghisti che attaccavano, e attaccano, il cinema che prende finanziamenti pubblici e non incassa, le affermazioni sembrano quantomeno rivoltare la frittata a seconda di quale parte si vuole bruciare.

Molte le polemiche che hanno accompagnato l’uscita del film. Vi è sicuramente entrata troppa politica. Non certo per le critiche “di sinistra”, ma per la promozione che ne ha fatto il popolo padano, a partire dai suoi colonnelli.

Proviamo a dimenticare tutto. Renzo Martinelli, il regista, ha dichiarato che un film va giudicato dalle emozioni che è capace di suscitare, che deve avere una funzione maieutica, far pensare, che vada giudicato solo come un film. Bene. Quindi proviamo a utilizzare questi parametri.

Barbarossa non suscita emozioni. O meglio ne suscita molte in chi è predisposto ideologicamente a voler vedere una rivolta contro gli invasori, a chi li vuole vedere decapitati. Il film inizia bene, abbandona gli stilemi della fiction televisiva. Ma l’illusione dura poco. Ben presto entrano in gioco gli echi della “libertà” a tutti i costi. I personaggi diventano macchiette. Alberto Da Giussano non ha alcuna motivazione per combattere, non ha un conflitto interiore che lo porti ad essere alla guida della Compagnia della morte, non ha una ferita che lo spinga a fare quel che fa (se non a metà film quando muoiono i fratelli). Come se rappresentare i fatti di una storia bastasse a giustificare svolte narrative.

Barbarossa ha il grande difetto di essere stato realizzato pensando già a un pubblico di riferimento. Altroché Braveheart, grande film di Mel Gibson. Qui si raccontava una vera ribellione, di un eroe diventato tale suo malgrado, il cui scopo di vendetta è diventato motivo di libertà per molti, fin da subito gli viene ucciso il padre e, con estrema cattiveria, anche l’amata. Alberto da Giussano non è niente di tutto ciò: confonde la pazzia con la ribellione, riuscendo persino in un finale televisivo in cui l’amore trionfa a tutti i costi, anche a scapito di una narrazione. Se Mel Gibson venne accusato di megalomania, di voler diffondere un integralismo cristiano, almeno aveva realizzato un’opera che parlava al mondo intero, non a una nicchia.

La seconda parte del film inoltre (e qui si vede già l’impianto pronto per la suddivisione in due puntate da fiction) potrebbe esistere da sé, senza tutto il lungo preambolo della distruzione di Milano. Sebbene sia la parte più interessante è invece la parte più fredda, in cui le motivazioni dei personaggi vengono lasciate da parte dando eccessivo risalto alla battaglia di Legnano e al giuramento di Pontida che gli spettatori in sala attendono con ansia, a scapito di una storia che non emoziona.

Torniamo al contesto storico in cui è stato realizzato Barbarossa. Oggi. È stato detto che Martinelli non è un regista di regime. È vero. Leni Riefenstahl, la regista di Hitler prima della guerra, era una regista di regime. Conosceva l’obiettivo e lo dichiarava, non lo nascondeva dietro finte emozioni. Le sue immagini sono entrate nella storia del cinema. Nonostante l’ideologia che trasmettevano. Lo stesso non sarà per Barbarossa. Sarà proiettato per anni nei circoli della Lega, sarà oggetto di forte marketing, avrà vita lunga. Ma sarà solo uno strumento di propaganda ideologica.

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