Che il vice primo ministro Matteo Salvini sia inquietante, piuttosto volgare, forse anche un po’ ignorante, con una vena anti-democratica, insofferente alla pratica dell’informazione libera, forse omertoso e magari anche un po’ complice di malaffare, oramai una fetta consistente di italiani lo ha capito. E a ben vedere anche un po’ “bullo” con i deboli e supino con i potentati del cemento assente nei tavoli europei dove si fa politica, e incapace di affrontare il malaffare della terra dei fuochi e della criminalità organizzata.
Resta il fatto però che una grande fetta di italiani invece gli danno credito e sono in attesa di vederlo governare. Cosa possiamo dire, che quella fetta lì non ha capito nulla? Che è una fetta di popolazione più gretta, meno raffinata, poco avvezza all’analisi del sociale? Se anche fosse così – ammesso che lo sia – nulla cambierebbe nello stato delle cose.
Il problema è che c’è una parte consistente del popolo italiano che esce dalla crisi economica con grandi sofferenze, chi impoverito, chi con la sensazione che non vi sia futuro per sé e per i propri figli. Quella parte di italiani non hanno trovato risposta nelle forze politiche che per loro natura avrebbero dovuto rappresentarli: la “sinistra”. La sinistra – intesa come il partito che tutela le fasce deboli, i pensionati, i giovani, l’ambiente, che si occupa della giustizia sociale, della redistribuzione della ricchezza, della lotta alle mafie, alla corruzione, alla piaga dell’evasione fiscale, che si schiera dalla parte dei più deboli, facendo argine ai potentati economici e finanziari, quella sinistra lì, quella vera, in Italia è rimasta residuale, rappresentata da piccoli gruppi di eroici combattenti, che assomigliano agli ultimi giapponesi dispersi nelle foreste che non erano stati avvisati della fine della guerra.
Con l’evaporazione della sinistra, si è creato una tale vuoto che prima Grillo con i suoi “vaffa” e poi lo sceriffo da spiaggia, con la sua flat tax e no ai migranti, hanno saputo meglio interpretare, proprio grazie all’estrema semplificazione di problematiche complesse. Lì c’è una richiesta di soccorso da parte di una consistente fascia di italiani a cui la sinistra – soprattutto quella di stampo renziano – non ha saputo dare risposte. Anzi, la crescita dei 5stelle prima e della Lega ora è tanto più prepotente quanto è grande il silenzio e il tramonto della sinistra italiana. Un errore dopo l’altro: arroganza, presunzione, percezione di essere più colti, capaci, di essere un blocco di potere insostituibile, che in nome dei valori della sinistra si è avvicinata ai poteri forti della finanza, dei gruppi economici, delle élite europee trattandoli da pari. E pensando – come si ragionava un tempo – che “quando la marea sale porta su sia gli Yacht che le barche piccole”. Tipico pensiero neo-liberista, suicida, se praticato dai vertici di sinistra. Ed eccoci quindi in mezzo al deserto: a poco serve inveire, sbraitare, denunciare, scandalizzarsi e sdegnarsi ai quattro angoli del globo. L’ascesa di Di Maio prima e Salvini ora, sono la pura conseguenza dell’assenza della sinistra in Italia per aver abdicato dal suo ruolo tradizionale. E poco importa, se nell’epoca del trionfo del turbo-capitalismo i valori della sinistra sono minoranza nel paese. Forse, tenendo la barra dei valori al centro, almeno avrebbe rappresentato un blocco solido di opposizione, in grado di tracciare una rotta, mostrare una visione e costruire un’alternativa a questo scempio che va prendendo forma, in un clima ahinoi, da basso impero, tra soubrette da spiaggia, insulti alla stampa libera e affari con il più grande paese esportatore di gas e poco di democrazia. Se la diagnosi fosse condivisa, forse potrebbe anche cominciare la lunga traversata nel deserto, per recuperare il senso profondo della vita del paese insieme ad una visione seria e concreta di cosa voglia dire essere di sinistra, mostrando e dimostrando che tale visione – nel medio e lungo termine – è certamente competitiva e vincente. Ehilà? C’è qualcuno in ascolto?