Beppe Grillo rappresenta veramente il sasso nello stagno della politica italiana dell’era post-berlusconiana. Nasce come comico che lentamente si trasforma in osservatore del costume (o malcostume) nazionale, poi comincia con il denunciare le contraddizioni del sistema Italia. Poi si documenta e studia e capisce che deve chiedere a chi ne sa di più, perché la complessità della società moderna è una matassa difficile da districare: premi Nobel, intellettuali d’avanguardia, pensatori originali lo aiutano a formulare alcune interessanti proposte. Il suo carisma a fianco della sua simpatia gli aprono la strada di una nuova comunicazione e il sistema 2.0 del blog gli permette di essere contro-informazione e come tale cresce l’interesse intorno a lui alimentato anche dal fatto di essere distante dal mezzo ufficiale della televisione. Nel frattempo l’epoca di Bossi e Berlusconi volge al termine lasciando tra le sue rovine molta rabbia tra i suoi seguaci, rabbia che si estende alle opposizioni di tutto l’arco istituzionale che risultano immobili ed incapaci di dare risposte alla crisi e – come un lago che si ritira – lascia intravvedere le contraddizioni della casta, della politica ripiegata su se stessa, incapace di farsi interprete dei veri bisogni della collettività.
Grillo parla a tutti gli arrabbiati, a tutti gli “indignados” e si nutre della loro rabbia perché fa intravvedere alcuni frammenti di verità incontrovertibili. Ed è vero che alcuni tratti del suo discorso sono ineccepibili. Ma la sua proposta è come un caleidoscopio fatto di mille frammenti colorati che stanno insieme per giochi casuali di simmetrie: energie alternative, risparmio energetico, giovani al potere, critica della finanza, trasporti, sanità per tutti, raccolta differenziata, giusto per citare alcuni punti in modo generico. E come dargli torto, tutto condivisibile. E poi? Non basta rompere il gioco che non funziona (e certamente non funziona più da tempo) bisogna saper anche far funzionare il gioco alternativo, l'”altra” proposta, passare dalle urla al progetto, far seguire alle denunce il come dell’architettura che si vuole edificare. Devi raccontare come lo fai, con quali soldi, come ripaghi il debito italiano fatto da politici irresponsabili dagli anni ’80, come coabiti nella finanza globalizzata che decide in un sol colpo di speculazione il valore del tuo debito indebolendoti nell’arco di un mattino. Come ti regoli con l’Europa, con l’euro, con la Nato, con gli accordi internazionali siglati, con i militari in missione. E mi viene da dire, anche se arrivi a formulare un progetto organico complesso ed esaustivo, con chi lo riesci a portare avanti, chi sono i tuoi uomini capaci e credibili? Non ti senti solo in un contesto mondializzato che è più forte di te e che decide della fragile Italia come e quando vuole? Grillo non vuole governare ma solo far saltare tutte le contraddizioni e le incrostazioni della politica. Per questo merita rispetto e attenzione. E’ una voce di verità, di libertà anche se non sembra portare con se il “know how” sufficiente per porre rimedio alla complessità delle cose che denuncia. Alla fine bisogna saper cogliere l’ondata di novità, la straordinaria capacità di parlare a tutti gli arrabbiati, a far intravvedere che esiste un’alternativa su molte questioni pratiche e, personalmente, credo sia meglio che rimanga all’opposizione a far da stimolo, da pungolo, da faro e da bussola a molta della buona politica che ancora esiste e che dovrebbe imparare i contenuti coraggiosi, magari scambiando con lui sul come poterli realizzare.
Eggregio Professore,
Sono d’accordo con Lei che BeppeGrillo e’ piu’ adatto all’opposizione che a governare. La sua e’una funzione “maieutica”, di denuncia e di stimolo, che in democrazia spetterebbe all’opposizione. Pertanto in Italia di “Grilli parlanti” ce ne vorrebbero 10, 100, 1000 o anche piu’: accontentiamoci di uno solo, perche’ se non ci fosse bisognerebbe inventarlo! CORDIALMENTE giovanni dotti