Ecco quello che rischia l’Italia: l’onda inarrestabile del disincanto che diventa stato permanente dell’anima. Siamo arrivati al confine, vicini al punto di non ritorno. Quando una crisi morde acuta e forte nella carne delle persone disorientate dalla fatica di terminare il giorno senza lavoro ma soprattutto senza prospettive, si guarda al nuovo che viene e si ripone tutta la fiducia e la speranza possibile tentando di domare il disincanto che sale forte e impetuoso come una marea di oceano.
“Blasé”, “disincanto”, “anomia”, tutte forme letterarie o sociologiche per descrivere uno stato di distacco, disinteresse, mancanza di fiducia e distanza dalle cose. La politica di oggi genera disincanto e rabbia ma il disincanto è pericoloso perché qualcuno potrebbe approfittarne, cavalcarlo e creare situazioni rischiose per la tenuta della democrazia.
Sono passati anni in cui le forze del mercato hanno prodotto disuguaglianze crescenti e molta politica ha cavalcato e approfittato della ricchezza prodotta dalla finanza senza regole. La regola è diventata “approfitta anche tu se ne sei capace” e il sig. Fiorito che entra in un concessionario e si compera un Suv perché fuori nevica rappresenta il simbolo del degrado. E poi contemporaneamente si comincia a smantellare lo “stato sociale”, privatizzare i servizi (si veda il bonus per le scuole private, la sanità a due velocità, i ticket che lievitano e i servizi che si riducono o che cominciano a costare troppo) mentre la macchina statale diventa il luogo del privilegio dove salire e saccheggiare il patrimonio pubblico. Un parlamentare, un consigliere regionale diventano dei posti “premio” dove finalmente maturare privilegi: si vedano i sigg. Razzi e Scilipoti.
Oggi – come cita Max Weber – viviamo nella stessa situazione che risuona nel canto della sentinella di Eidom durante il periodo dell’esilio, raccolto nell’oracolo di Isaia : ‘Una voce chiama da Seir in Eidom: sentinella quanto durerà ancora la notte? E la sentinella risponde: verrà il mattino, ma è ancora notte, se volete domandare ritornate un’altra volta’.