Il coraggio e la voglia di cambiare

È stata una mattinata intensa e toccante. Stiamo pranzando all’Agriturismo Portella Della Ginestra (bene confiscato alla famiglia Brusca), a pochi chilometri dalla piana dove si é consumata la famosa strage. È lì che abbiamo incontrato Serafino Petta, superstite di quella che viene definita la prima strage dell’Italia repubblicana, dove morirono undici persone.

Facciamo un passo indietro. La prima tappa di oggi è stata al Giardino delle Memoria, la casa in cui fu tenuto in prigionia e ucciso il piccolo Giuseppe Di Matteo. La casa si raggiunge percorrendo una strada sterrata, è molto isolata ed era il tipico casolare della campagna siciliana degli anni ’90. Oggi è un bene confiscato e gestito dal Comune di San Giuseppe Jato e le attivitá svolte nel bene sono promosse dall’Associazione Libera e Libere Essenze. Un luogo che è stato trasformato in un luogo di ricordo per tutti i bambini vittime della mafia.

Visitarlo è molto toccante. Quando si entra si può ancora vedere la stanza dove il piccolo Giuseppe Di Matteo ha vissuto i suoi ultimi 180 giorni di vita e dove poi è stato strangolato e successivamente sciolto nell’acido. Un bunker sofisticato, fatto costruire ad hoc dal suo carceriere Giovanni Brusca, mafioso che il 23 novembre del 1993 decise il sequestro del 12enne perché il padre, Santino Di Matteo divenne collaboratore di giustizia. La prigionia di Giuseppe Di Matteo è durata 779 giorni in totale, prima di essere ucciso.

A raccontarci questa storia è stata Chiara Cannella del coordinamento di Libera a Palermo e vice presidente dell’Associazione Libere Essenze, una realtà nata da giovani del posto che combattono per far conoscere questa storia ma anche perchè ci sia una presa di coscienza da parte delle persone che abitano in questi luoghi. Guardate il video e ascoltate le sue parole.

Quello che colpisce incontrando questi ragazzi e ragazze, poco più che trentenni, è il coraggio e la passione con i quali portano avanti i valori dell’antimafia creando progetti concreti sui territori in cui vivono. Un coraggio che abbiamo sentito anche nelle parole di Serafino questa mattina a Piana degli Albanesi: all’età di 86 anni continua a credere in quello per cui ha combattuto fin da giovane. Tra le cose che ha detto mi piace ricordare questa: “Studiate perché l’unico mezzo per combattere il male è il sapere”.  Per la storia della Strage di Portella della Ginestra e il suo significato vi rimandiamo all’articolo scritto da Roberto Rotondo, lo potete trovare qui.

Noi ora ci spostiamo verso Palermo. Siamo in furgone e l’avventura continua. Tanta emozione, tanti pensieri, tante considerazioni. A più tardi.

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