SACRA RAPPRESENTAZIONE
La sacra rappresentazione è un genere teatrale di argomento religioso. In Italia si sviluppò a partire dal XV secolo in Toscana. si tratta della narrazione di un fatto religioso compiuta in maniera più articolata rispetto alla semplice lettura o declamazione di un testo.
La parola “rappresentazione” deriva dalla filosofia classica, tale termine indicava l’atto con cui la coscienza riproduce qualcosa di esterno ad essa (avvenimento, persona od oggetto) o rende evidente qualche cosa di interno (un sentimento uno stato d’animo o un prodotto della fantasia), esemplificandone i significati simbolici e traducendone le azioni in immagini descrittive.
Fin dagli albori della civiltà l’uomo sentì l’esigenza di rappresentare, mediante il linguaggio gestuale e la danza, i propri sentimenti religiosi. Riti propiziatori con movimenti; scene di caccia e, più in generale, narrazioni di eventi prodigiosi si possono in qualche maniera far rientrare in quel complesso concetto che viene comunemente sintetizzato con la dicitura rappresentazione sacra.
Con riferimento alla cultura occidentale, si può iniziare a parlare di sacra rappresentazione quando durante la lettura di un testo religioso, compaiono due o più lettori dialoganti o con ruolo di narratore (come nella lettura della “Passione di Gesù Cristo” per la religione cattolica). Le caratteristiche che la distinguono da una normale lettura sono l’intento didascalico e il desiderio di immedesimazione nell’evento.
IL TEATRO DEI MISTERI
Una delle prime testimonianze del teatro medievale sacro è del 970, quando il Vescovo di Winchesterdescrive una sacra rappresentazione vista probabilmente a Limoges in Francia. La mattina di Pasqua un monaco, che interpreta la parte dell’Angelo, va a sedersi presso il Sepolcro. Qui viene raggiunto da tre monaci che impersonano le tre Marie e si aggirano come cercando qualcosa. Il monaco che simula l’angelo canta: “Quem quaeritis?” (Chi cercate?). L’azione prosegue con l’annuncio della Resurrezione e termina con il canto corale del Te Deum.
Questa primitiva rappresentazione del testo evangelico s’inserisce all’interno della principale celebrazione cristiana: la messa di Pasqua. Questo bisogno di rappresentare, per i fedeli che non seguivano il latino, divenne anche un imperativo morale per la Chiesa. Queste prime prove fatte all’interno delle chiese ben presto ebbero bisogno di spazio vitale, ovvero uno spazio scenico capace poiché le più importanti sacre rappresentazioni erano costituite da scenografie multiple, dove apparivano contemporaneamente le varie scene della vita di Cristo.
La testimonianza iconografica più importante, in questo senso è la raffigurazione della cosiddetta Passione di Valenciennes dove convivono la casa della Madonnaper l’Annunciazione, il Tempio della Presentazione, il Palazzo di Erode, il Paradisoe l’Inferno etc. in una lunga sequela di costruzioni effimere chiamate edicole per la loro forma tondeggiante aperte in direzione della sguardo dello spettatore. Queste edicole, chiamate mansiones si trovavano su un grosso palcoscenico, forse l’una accanto all’altra o in altre raffigurazioni come quella del Martirio di Sant’Apollonia, dipinta da Jean Fouquet, la rappresentazione è al centro della scena mentre le “mansiones” occupate sia dagli attori che dagli spettatori la circondano in una specie di antenato del Teatro Elisabettiano. Inizialmente gli attori, in genere abitanti delle città in cui la rappresentazione si svolgeva, recitavano la loro parte immobili davanti al pubblico che si assiepava di fronte ai vari “quadri viventi”, ed era il pubblico che si muoveva da una scena all’altra in una specie di Via Crucis. In seguito la rappresentazione prese vita e conquistò il centro della scena.
In Francia, ma non soltanto, si cercò di recuperare lo spazio rappresentativo degli antichi teatri romani e ciò aprì la stagione anche del teatro profano medievale che ripropose ai cittadini le antiche commedie dei vari Plauto eTerenzio che, in seguito tradotti in lingua volgare dagli Umanisti furono gli spettacoli antesignani del teatro rinascimentale.
IN ITALIA
Per la religione cristiana la prima rappresentazione sacra, che prevedeva l’intervento di esseri umani “figuranti”, fu il presepe vivente cheSan Francesco d’Assisi “organizzò” nel 1223 a Greccio. Tale tradizione sopravvive tutt’oggi e molti sono gli esempi di presepi viventi in tutto il mondo.
Non si può parlare di rappresentazione sacra senza passare attraverso la descrizione della lauda drammatica. Tale rappresentazione racchiudeva in sé già tutte le caratteristiche di uno spettacolo teatrale con attori, costumi e musiche. La lauda trae le sue origini dalla ballataprofana e, come la ballata, è composta da “stanze” per lo più affidate ad un solista o ad un gruppo da intendersi anche come coro. Il precursore della forma dialogica che porterà alla nascita della lauda drammatica fu senza dubbio Jacopone da Todi (1230-1306). La sua lauda più celebre fu la “Donna de paradiso” (o “Pianto di Maria”), scritta in versi settenari e in cui, oltre alla Madonna, compaiono numerosi personaggi come: Gesù, il popolo, il nunzio fedele (facilmente identificabile in san Giovanni apostolo).
La lauda drammatica nacque e si sviluppò in un momento molto delicato per la chiesa, si parla infatti di un periodo in cui protagonista ideologico era il sogno di un rinnovamento inteso come ristrutturazione di un’istituzione ecclesiastica basata sulla spiritualità e sulla povertà. Vi fu un forte richiamo della pietas popolare intesa proprio come espressione religiosa di un popolo che amava sentirsi vicino a Cristo proprio partecipando sia attivamente che passivamente alle rappresentazioni esplicanti particolari momenti della sua vita.
A rappresentare le laude nacquero quindi le cosiddette “fraternite” (poi “confraternite”) composte spesso da chierici, ma anche da laici. Dalle fraternite si svilupparono poi successivamente i laudesi, i battuti, i disciplinati ecc..
La chiesa, intesa come spazio architettonico, diventò ben presto uno ambiente troppo stretto per lo svolgimento delle rappresentazioni sacre, sia dal punto di vista volumetrico sia dal punto di vista riguardante la libertà espressiva. Si iniziarono presto (cioè fin dalla fine del 1300) a costruire dei “palcoscenici” nei sagrati all’esterno delle chiese e la conseguenza fu proprio la nascita di la rappresentazioni teatrali con tematiche profane (dal greco pro fanòs che significa proprio prima/fuori dal tempio).
La musica divenne ben presto protagonista nelle rappresentazioni sacre; linee melodiche antiche lasciarono presto il posto prima a monodie accompagnate dastrumenti musicali (spesso il ruolo del narratore all’interno della rappresentazione veniva cantato e da ciò deriva l’origine del termine recitativo, tutt’ora in uso nell’opera lirica), e successivamente nel Cinquecento la polifonia diventò la protagonista di ogni produzione musicale.
Emilio de’ Cavalieri nel 1599 – alle soglie della nascita del moderno melodramma – scrisse “Anima e corpo”, che fu messa in scena il successivo anno 1600 nella chiesa di Santa Maria in Vallicella. Fu, questa, una vera e propria rivoluzione musicale e da questo nuovo modo di intendere la rappresentazione sacra proposto da de’ Cavalieri nacque genere musicale denominato “oratorio”.
A quel tempo in ambito profano si era sviluppato il melodramma, genere caratterizzato da tematiche per lo più mitologiche, che veniva rappresentato all’interno delle corti. Nell’oratorio, a differenza del melodramma, non vi era l’esigenza, puramente estetica e quindi tipicamente terrena, di mostrare la bravura dei compositori e degli interpreti mediante esecuzioni virtuose e complesse, ma erano la semplicità e la linearità le vere protagoniste, fu proprio stravolto il concetto di bellezza che non era più sinonimo di complessità, ma di semplicità ed umiltà. Le altre fondamentali differenze tra oratorio e melodramma consistevano nelle tematiche trattate che nell’oratorio erano essenzialmente religiose o morali spesso legate a vicende agiografiche, nell’oratorio, in oltre, scompaiono i costumi e la voce diventa l’unico strumento di rappresentazione; inoltre il luogo ospitante la rappresentazione non è più la corte, bensì la chiesa.
La prassi compositiva dell’oratorio si divise in due correnti di pensiero: la prima legata alla lauda medioevale con il mantenimento della lingua volgare; la seconda, che nacque e si sviluppò nella chiesa del SS. Crocefisso di Roma, utilizzò la lingua latina, considerata più elegante e meno legata all’immanenza della situazione umana.
Il genere dell’oratorio toccò il proprio apice nel 1700. La struttura dell’oratorio in tale secolo diventò alquanto complessa ed articolata e prevedeva organici strumentali notevoli e le composizioni in stile mottettistico contrappuntisco sostituirono i recitativi in stile monodico.
In questo periodo il tema maggiormente preso in considerazione per la creazione degli oratori fu la “Passione di Cristo”, con la nascita di due generi particolari di oratorio: la passione oratoriale in cui i testi venivano presi direttamente dai Vangeli ed erano inframezzati da corali arie ed interventi strumentali, e la Passione oratorio composta su di un libretto che teneva in considerazione le sacre scritture come spunto tematico, ma il cui testo era totalmente libero.
Sicuramente il maggiore esponente della Passione oratorio fu Johann Sebastian Bach.
L’oratorio può essere accostato ad un altro genere sacro, praticato da molto più tempo: la Messa. Inizialmente le varie sezioni della Messa venivano cantate su musiche di autori diversi. Il primo compositore a scrivere autonomamente tutte le sezioni dell’Ordinarium Missæ — facendone un tutt’uno indivisibile — fu Guillaume de Machaut, con la sua Messa eseguita nel 1364 in occasione dell’incoronazione di Carlo V. In seguito il genere divenne fonte insauribile di ispirazione per tutti i musicisti. Basti pensare alle messe scritte da W.A. Mozart, allaMessa in SI minore scritta da J.S. Bach o alla “Missa solemnis” in RE maggiore di L. van Beethoven. In epoca tardo romantica, dopo l’esempio di Mozart, la Messa da Requiem divenne la variante più diffusa; esempi straordinari sono il Requiem di J. Brahms (Ein deutsches Requiem), di G. Verdi e, nei primi del ‘900, di G. Fauré.