La cooperativa Placido Rizzotto ha inserito nel suo statuto un valore che credo non abbia nessun’altra cooperativa in Italia. I soci non devono solo fare bene il proprio lavoro, ma devono anche mostrare un’immagine pubblica rispettabile. In altre parole, in un paese come San Giuseppe Jato, che ha 8mila abitanti, tutti si conoscono, capita che da ragazzo si possa essere cresciuti a stretto contatto con una persona che ha subito condanne per mafia. Il socio della Rizzotto in sostanza non deve avere frequentazioni sospette. Non può essere amico di un uomo o o una donna in odore di mafia.
L’immagine pubblica della cooperativa (onestà, legalità) non può essere compromessa da nulla e costa anche dei sacrifici personali lavorare in questi vigneti che producono il vino “Centopassi”. Evitare certi luoghi e persone in ambienti picccoli è difficile. Il bianco e il nero in questa Sicilia non sono delimitati in maniera così netta. C’è tantissimo grigio, ed è facile in paese, per chiunque, avere un amico che ha fatto scelte diverse dalle tue. La mafia si radica nel territorio senza fare bandi di concorso. Chiede un favore, come portare un messsaggio, fare un lavoro per soldi, senza che ti venga spiegato bene che cosa sia. Questo territorio, parla poco, e manda messaggi, muti ma chiari, basta saperli cogliere. Lo spiegano bene i responsabili delle cooperative Pio La Torre e Placido Rizzotto, che hanno entrambe sede nell’appartamento di San Giuseppe Jato dove ha sede anche il consorzio “Libera terra mediterraneo”. Ogni lavoratore è scelto con un bando dove ha un ruolo di garanzia l’intervento della prefettura e c’è anche una regola forte contro le assunzioni di parenti, che non sono semplici.