Storia del Sacro Monte

Storia:

La realtà del Sacro Monte è costituita da un articolato impianto architettonico, di cui è stata messa la prima pietra il 25 marzo 1605.

Si tratta di uno dei più bei sacri monti non solo di Lombardia, ma d’Italia, certamente diverso da altri (Varallo, Orta, Crea…) perché destinato non a ricordare i fatti della passione di Cristo ma i misteri del Rosario della Vergine.
E’ frutto dell’ardore religioso del cappuccino Giovanni Battista Aguggiari, infaticabile predicatore non solo del monastero ma tra le popolazioni dei borghi vicini, infervorate e coinvolte economicamente e fattivamente nella fatica per dar principio e seguito a un’impresa che probabilmente voleva essere anche un atto di riconoscenza alla protezione della Madonna per la vittoria ottenuta a Lepanto (1475) dalle forze cristiane contro l’avanzata dei Turchi.
Il disegno del complesso fu concepito dall’architetto varesino Giuseppe Bernascone, detto il Mancino, autore anche del progetto del campanile del santuario. Egli tracciò il percorso dello stradone, stabilì la posizione delle cappelle, di ciascuna definì la configurazione e precisò le finiture prima di sottoporre il tutto all’approvazione del cardinale Federico Borromeo. Costituite le cappelle si preoccupò, assieme al frate cappuccino, anche di ornarle, così che ciascuna potesse offrire ai pellegrini la raffigurazione dei misteri gaudiosi, dolorosi e gloriosi del Rosario (i primi 14, il 15° mistero è contemplato nel santuario). Un’impresa che andò ben oltre la vita dei due e che vide impegnata una schiera differenziata di maestranze di ogni tipo del Varesotto, di altre regioni e della vicina Svizzera.

L’esecuzione degli affreschi e delle statue in cotto colorato e a misura d’uomo si estese fin verso il 1680 e vide impegnati pittori come Morazzone, Paolo Ghianda, i fratelli Lampugnani, il Nuvolone e scultori come Martino Retti, Cristoforo Prestinari, soprattutto il ticinese Francesco Silva che sagomò le figure di ben dieci cappelle. Qualcosa fu fatto anche nel Settecento e pure ultimamente, con il murale antistante la terza cappella dipinto nel 1983 da Renato Guttuso. 
Al termine di un percorso di circa 2200 metri si arriva dunque al santuario, realizzato a partire dal 1472 su disegno di Bartolomeo di Gadio, che celebra il mistero glorioso dell’incoronazione di Maria. L’entrata avviene solitamente da una porta laterale , passando sotto un corridoio tappezzato da ex-voto. L’impatto con la chiesa è gioioso, l’impronta rinascimentale resta all’esterno; l’interno barocco invece è come esaltato dai colori degli affreschi ripartiti nel sovraccarico apparato degli stucchi delle volte soprattutto, ma stesi anche su pareti e pilastri.
L’occhio del pellegrino viene, però, giustamente attratto dall’altare maggiore dove, dentro un imponente costrutto di marmi preziosi (1662), c’è il cuore devozionale del santuario: una “Madonna lignea con Bambino”, ricoperta da un sontuoso drappo. La ricognizione dei poli artistici dovrebbe cominciare dal “Cristo portacroce fra due schiere di monache” che sta sulla parete fin sopra la grata da cui le claustrali assistono alle funzioni.
Questa in breve la storia e i punti focali di un cammino da secoli percorso da migliaia di pellegrini.

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