Renzo Zaccaria Bossi è un giovane varesino con un’immensa passione per la musica. Ventitré anni, molti lavori già pubblicati e tante idee. Un cantautore che crea contenuti freschi e mai banali, scritti, composti e suonati interamente da lui.
In qualità di musicista emergente, cosa hai dovuto fare per entrare davvero nel mondo della musica?
“E’ fondamentale trovare la propria identità musicale. Dopo essermi concentrato per molti anni sullo studio della tecnica, mi sono focalizzato proprio su questa ricerca personale di identità. Nei primi due album che ho pubblicato ho cercato di concentrarmi sia sulla lingua italiana che inglese: un lavoro ed un’accortezza per niente scontata ed importante dal punto di vista artistico. Nella musica bisogna trovare un punto di partenza, cercando di smussare varie sfaccettature arrivando a trovare qualcosa che sia totalmente tuo, una tua firma, che magari all’inizio potrà non essere il lavoro migliore che si possa creare, ma con il tempo, sviluppandone ogni aspetto, diventerà la tua vera identità musicale”.
Come ti sei avvicinato al mondo della musica?
“Sono cresciuto con la musica. Anche mio padre era un musicista, e mi ha trasmesso la sua passione. All’inizio ascoltavo soprattutto la musica dei Beatles, da cui infatti è partita la mia ricerca artistica. Ho avuto anche un periodo molto rock, dove ascoltavo soprattutto musica anni ’70. Ormai da dieci anni mi sono concentrato sul cantautorato italiano, cosa che mi ha portato non solo a trovare il mio stile musicale, ma anche a scrivere. Infatti, ho redatto un libro di poesie di prossima pubblicazione. Prendo ad esempio soprattutto Leonard Cohen: nato come scrittore, poeta, diventato musicista. Di fatto, è conosciuto in tutto il mondo sia come grande scrittore che come grande artista musicale”.
Che tipo di contenuti crei e cosa significa avere 23 anni e voler fare musica nel 2020?
“Senz’altro è più complesso che in passato, le tendenze tendono a focalizzarsi su un unico genere, magari lavorando di più su un aspetto, che sia il suono, la voce al testo, rispetto a tutto il resto. Io cerco di spaziare, lavoro sia sul suono, che sulla parte letteraria, che sui contenuti. Per quanto mi riguarda, il problema principale è che il mio è un genere che non rientra più da tanto tempo tra i mainstream italiani. Alcuni pezzi che ho scritto non sono mai stati ascoltati qui in Italia, ma ho preferito sponsorizzarli all’estero dove invece è un genere molto apprezzato. Nel 2020 “tutti possono fare musica”, nel senso che è diventato un mondo molto più accessibile, forse fin troppo. Ad esempio, molte voci emergono anche se non sono ricercate, e con la Trap siamo arrivati ad uscire dai canoni del ritmo. Personalmente, oltre a lavorare nel mondo della musica, ho una laurea in economia, gestisco due società e grazie al mio lavoro ho potuto girare il mondo. Una vita senza arte sarebbe difficile da digerire. Essere musicista non è semplice come potrebbe sembrare: soprattutto quando sei giovane, oltre a ciò che vuoi creare tu, devi cercare di capire cosa interessa alla massa e da lì sviluppare il tuo percorso”.
di Francesca Marutti