Giulia ha 25 anni e una profonda passione per il suo lavoro: fare la maestra.
Ci siamo, le riaperture sono alle porte. Le aspettiamo tutti con trepidazione, pur consapevoli non sarà dato il via ad un “liberi tutti” generale, ma un semplice allentare la corda dei divieti che ormai dal 2020 condizionano e regolano le nostre vite.
Uno degli aspetti più interessanti che ha coinvolto l’Italia dopo le ultime conferenze del Premier Draghi, è stata la decisione di riprendere la didattica in presenza. Se ne parlava da lungo tempo dell’agognata riapertura delle scuole, che probabilmente dal 26 aprile riporterà in classe anche in zona rossa tutti i bambini e ragazzi fino alla terza media.
YAAAS ha incontrato Giulia, una giovane maestra di sostegno di una scuola primaria di Varese, che ha raccontato la passione che la lega al suo lavoro, la voglia di tornare a contatto con i propri allievi insegnando in presenza e la sua esperienza lavorativa sconvolta dalle restrizioni.
Come hai deciso di diventare un’insegnante e qual è stato il tuo percorso di studi?
“Ho sempre vissuto nel mondo della scuola, perché anche mia madre è una maestra di scuola primaria. Quindi fin da piccola il mio desiderio è sempre stato quello di fare la maestra. Quindi essendo fin da piccola decisa su questa professione, ho scelto di fare il sociopsicopedagogico, che ti dà una formazione proprio di quello stampo. Dopo il liceo mi sono iscritta a scienze della formazione primaria in Bicocca e lo scorso ottobre mi sono laureata”.
Come stai vivendo a livello lavorativo le restrizioni dovute dal covid, dato soprattutto il fatto che la scuola è sempre una delle prime attività che lo stato tende a limitare e a chiudere appena si rialza la curva dei contagi?
“Nel corso di quest’anno ho visto crescere l’attenzione nei confronti del sistema scolastico. Sicuramente non viene rispettata l’importanza che ha la formazione scolastica, però sono riuscita a fare un confronto tra il primo lockdown e il periodo di zona rossa che abbiamo appena vissuto. Sicuramente noi insegnanti siamo stati preparati a questa situazione. Abbiamo fatto corsi, creato classi virtuali, eravamo pronti rispetto all’inizio. Io sono un’insegnante di sostegno e l’attenzione che ho visto nei riguardi dei bambini con bisogni educativi speciali è sicuramente apprezzabile. Io, in quanto insegnante di sostegno, ho sempre avuto la possibilità di andare a scuola e vedere i miei allievi. Perché contrariamente all’anno scorso, i bambini con disabilità hanno potuto continuare la didattica in presenza. Sicuramente l’attenzione c’è, ma è evidente che non è ancora sufficiente. I passi che si devono fare sono molti ancora, ma finalmente, forse, inizia ad intravedersi una possibilità concreta di risollevarsi per la scuola italiana”.
Cosa ne pensi dei movimenti e delle associazioni dei genitori contro la didattica a distanza e la chiusura delle scuole?
“Io comprendo la situazione, sicuramente la DAD non è all’altezza del tipo di formazione che un bambino dovrebbe avere, viene persa tutta la parte di socialità e condivisione che la scuola racchiude in sé. La situazione non è facile da nessun punto di vista: per noi insegnanti, per i genitori, per i ragazzi. Ci sono proprio dei problemi tecnici legati alla didattica a distanza, di cui non si parla: per esempio, se ci sono due fratelli in casa, ma un solo computer, come bisogna fare se si devono collegare entrambi alla stessa ora e non posso permettermi di comprare un altro PC?”
Cosa ti piace di più della tua professione e cosa ti manca di più di ciò che era prima della pandemia?
“Mi permette di mettermi in gioco ogni giorno, scoprire quali sono le mie capacità e competenze e con i bambini è sempre una sorpresa. Attraverso i bambini scopro me stessa. La possibilità di poter aiutare questi bambini più fragili è un altro aspetto che apprezzo moltissimo e mi sta dando tanto.
Mi manca il contatto con i bambini. La dimensione del contatto, del corpo, un abbraccio, una carezza, fanno tanto e fanno la differenza e il covid è una grande limitazione. A mio parere i bambini per questo motivo ne soffrono più di un adolescente. La didattica a distanza mi ha fatto rendere conto di quanto importante sia per i bambini potersi vedere e avere contatto tra loro e anche di quanto per gli insegnanti sia fondamentale poter relazionarsi con i propri allievi in presenza”.
Secondo te di cosa hanno più bisogno i bambini in questo momento così difficile?
“Comprensione. E’ un momento difficile per tutti, però per i bambini è una perdita completa di equilibrio e normalità. Bisogna capirli, hanno bisogno di contatto. Dal punto di vista più istituzionale servirebbe una maggiore organizzazione, più rispetto per la loro formazione scolastica”.
di Francesca Marutti