L’altra faccia del calcio: l’arbitraggio
Matteo Di Summa ha raccontato a YAAAS cosa significhi essere un arbitro, con tutti i se e i ma che questo ambito comporta.
Come diceva il grande arbitro Pierluigi Collina: “Il calcio non è un gioco perfetto. Non capisco perché l’arbitro lo debba essere”.
Sono due le figure che da sempre siamo abituati a vedere al centro di una partita : calciatori ed arbitri. Non sono stati certo elencati in ordine di importanza, ma esclusivamente per grado di visibilità.
C’è chi corre dietro ad un pallone e ha la copertina assicurata, e poi ci sono gli arbitri, che corrono e trasudano passione forse anche più di chi, in mezzo al campo, gioca.
Uno di questo è proprio Matteo Di Summa, arbitro della categoria Eccellenza nella sezione di Varese e appartenente dell’associazione sportiva AIA (associazione italiana arbitri). Matteo ci ha raccontato come vive le partite nei panni dell’arbitro, un ruolo sicuramente tra i più giudicati, attaccati, analizzati e sezionati del nostro calcio: “Fin da piccolo giocavo ma l’altra faccia della medaglia, l’arbitraggio, mi ha sempre incuriosito molto. Non è un campo conosciuto e soprattutto è soggetto a molte critiche. A volte non è facile ma, ora, è diventata una vera e propria passione.”
Spesso abituati a guardare la partita da tifosi di una delle due squadre in campo, cadiamo nella banalità di vedere l’arbitro come un ‘ruolo’ e non come una persona, bersagliandolo semplicemente per il lavoro che svolge.
“Quanti insulti che mi prendo ad ogni partita – prosegue – all’inizio ci rimanevo male perché ero convinto fossero indirizzati direttamente alla mia persona, poi ho capito che, invece, erano rivolti alla figura che in quel momento rappresentavo: l’arbitro. Con il tempo però devo dire che sono riuscito a far diventare queste offese la mia forza, ora addirittura mi gasano”.
Certo un ambito inusuale e spesso criticato ma Matteo racconta di quante soddisfazioni gli stia portando. Per questo si è sentito di mandare un messaggio anche ad altri ragazzi che, come è successo per lui, potrebbero scoprire un’altra prospettiva con cui guardare il calcio: “E’ un mondo interessante, approcciarsi al campo arbitrale soprattutto a chi piace far rispettare le regole, può dare grandissima soddisfazione. Si impara a rialzarsi dopo una brutta partita, ad avere controllo quando hai tutti contro e tirare fuori il carattere“.
Un tantino esagerato e visione pessimista, se l’arbitro ha fatto bene a fine partita esce stanco ma personalmente pienamente soddisfatto e senza polemiche. Poi in tante altre situazioni c’è il trionfo dell’ignoranza civile e sportiva. Chi scrive ha 63 anni e all’inizio ha fatto podismo agonistico e poi (pagato per correre!!!) l’arbitro Figc dal C5 (una anno nazionale), l’assistente regionale ed ora ir CSI. Poi da 25 anni l’arbitro pallavolo e sono tutt’ora in attività (insomma mio secondo introito). Poi sono stato quasi 30 anni in P. L. Non dico amato ma rispettato lo sono sempre stato. Infine l’arbitraggio e3una grandissima scuola di vita e ciò è molto. Saluti a tutti. f.to Italo L. Pagani