La libertà di stampa è un diritto, si sa. Ma comporta scelte e doveri per sostenerla, sia da chi i giornali li fa, sia da chi i giornali li legge.
I pendolari, da sempre, sono un popolo di lettori e sulle carrozze dei localacci, e non sulle linee dei signori dell’alta velocità, si riesce a tastare il polso dell’informazione dei lombardi che studiano e lavorano.
Ebbene l’edicola della stazione, un tempo strapiena di clienti, da qualche tempo è vuota. Le copertine e le prime pagine fanno bella mostra di sé sullo scaffale, ma rimangono dove sono. «Colpa di quelli che i giornali li danno gratis», si lamenta l’edicolante.
Quotidiani freepress (gratuiti), tra Milano e l’hinterland, oggi, se ne distribuiscono parecchi, migliaia e migliaia: spopolano agli ingressi delle stazioni e vanno a ruba tra i viaggiatori, per poi essere abbandonati sul posto. Notizie? Tutte uguali, riprese da Internet e scopiazzate dalle agenzie, un po’ di gnocca qua e là, tanta bella morbosità, il giusto mix di pettegolezzi per un lettore sempre più stressato, quello che viaggia. «Tanto anche sui quotidiani a pagamento è la stessa solfa», dice, sconsolato, un pendolare, ex lettore di quotidiani a pagamento, oggi rifugiatosi nella letteratura (Dan Brown trionfa sul passante ferroviario). La desolazione delle carrozze, al termine della giornata, con tutta quella carta sparsa qua e là, da un’idea precisa di quando si parla di “informazione spazzatura”.
Già, ma la difesa della libertà di stampa, quella che tanto fa infervorare la politica e i benpensanti, non comincia dall’investimento di 1 euro (uno) presso un’edicola?