Libri da treno: Eco no, Gramellini nì, Buzzati sì

Eccomi alle prese con nuovi libri. Nel fare il “guardone” sulle carrozze dei treni locali, ho sbirciato abbastanza per notare l’abnorme diffusione de “La caduta dei giganti” di Ken Follett, roba da bulimici della lettura e decisamente scomodo da sfogliare in una carrozza affollata, come il Taf per Varese… Ci sono segretarie che si stanno scolpendo i bicipiti grazie alla lettura in equilibrio di questo tomo. Tuttavia, mi sono fatto convincere ad acquistarlo, dal mio libraio di fiducia. Con il libraio, inoltre, ho discusso anche del Cimitero di Praga di Umberto Eco: ricevuto in regalo, accattivante, ma assolutamente impossibile da leggere in treno. Formato da palestrati, come il romanzo di Follett, e soprattutto contenuti che richiedono troppa concentrazione: ho iniziato a leggerlo tra Legnano e Busto Arsizio, tuttavia, mi perdoni professore, non c’è il giusto clima per gustare certi testi fino in fondo. E’ come se il mio vecchio professore di filosofia venisse a prendermi per il bavero e mi riportasse a forza in biblioteca, costringendomi a fare uno sforzo notevole per ricordare personaggi e idee studiate qualche anno fa: e dopo una giornata a digerire il mio capo e altre gatte da pelare, è sinceramente troppo. Per il professor Umberto ci vuole un bel tavolo su cui appoggiare il suo romanzo, una sedia rigorosamente non imbottita, silenzio o musica classica in sottofondo, e un buon caffè. Tornando al mio libraio, si discuteva con lui dell’ostentazione di cultura che sembra diventata quasi un’ossessione del nostro più autorevole scrittore italiano: si vendono comunque parecchie copie, una parte finisce nelle mani di chi la prende come una sfida e prova a misurarsi con le conoscenze storiche e filosofiche sconfinate di Eco, ma c’è anche una parte molto consistente di copie che è destinata al ruolo di soprammobile “radical chic” dei salotti.
Molto meglio, dal mio punto di vista (vista finestrino o corridoio, ma pur sempre in treno), il saggio di Carlo Fruttero e Massimo Gramellini, La Patria, bene o male, soprattutto per la scelta di suddividere in capitoli brevi, la loro lunga, personale (ma piacevole) storia dell’Unità d’Italia: ma un saggio, pur piacevole che sia, consente davvero poca evasione.
Dove ho trovato rifugio? In un vecchio classico, il Deserto dei tartari di Dino Buzzati. A tu per tu con Giovanni Drogo, nella sua Fortezza, alla ricerca della “grande occasione”, tra le stazioni di Parabiago e Vanzago.
E voi? In quali pagine vi siete nascosti? Non dite tra i fogli di “Io spio”, vi supplico.