Questa storia mi ricorda qualcosa… “Da qualche giorno è venuta a galla una schiuma di scandali che fanno poco onore a chi sta a capo del governo e di rimbalzo sconsiderano il paese“.
Lo scriveva Carlo Tenca, un fine politico milanese (questo sì era un “padano” vero) nel 1863 all’amata Clara Maffei, una delle personalità più interessanti dell’Ottocento milanese.
Ce l’aveva, il Tenca, con il presidente del Consiglio di allora, Urbano Rattazzi, marito di una donna molto chiacchierata, Maria Wyse Bonaparte.
In una seconda lettera, il politico milanese raccontava: “Siamo in piena crisi di moralità governativa. Il Ministero ha dati i frutti che si aspettavano, e davvero lo scandalo in questi giorni è giunto al colmo. C’è di che raccapricciare pensando a che siamo venuti e soprattutto a che andremo. Finora si trattava solo d’inettezza, d’insipienza, ma adesso siamo caduti peggio che nel demi-monde-politico, e l’ultimo dei mascalzoni e dei faccendieri può ingiuriare impunemente un governo il quale è sceso al livello di costoro. V’è in tutti noi un sentimento di disgusto profondo e insieme uno scoraggiamento che ci fa guardare con angustia all’avvenire“.
La classe politica è sempre lo specchio di un Paese? Allora, come oggi, c’è ancora chi crede che gli italiani, o molti tra essi, siano migliori di chi li rappresenta. Lo stesso Carlo Tenca, nel 1867, riconosceva più o meno la stessa cosa: “Non tempo per questo che andremo a fondo: l’eccesso del male porta sempre con sé il rimedio, e la società ha forze insperate per ritemprarsi e risorgere“.
Accadeva 144 anni fa., quando l’Italia era ancora un bimbo in fasce.