Em Bycicleta: tra calcio e ciclismo, con tutto il resto dello sport nel mezzo. Si tratta di un presidio di fabulazione sportiva nato in un’osteria di Lodi, nel dicembre del 2003. È un nome collettivo che raccoglie “sognatori e balenghi” uniti in un’idea di sport diversa da quella proposta dallo show-business. Sport come metafora di vita, fonte di “favole”, nutrimento dei brevi sogni dei poveri che siamo stati, ora che il rischio è di diventare miserabili di mente e di cuore.
Si presentano più o meno così, i ragazzi di “Quasi rete”, il blog letterario della Gazzetta: già, perché a guardare lo sport di oggi, c’è ancora qualche sognatore che si sforza di vedere poesia. Li ringrazio per questo, perché mi ricordano che, in fondo, nel fare il cronista si hanno privilegi che molti romanzieri non avranno mai. Per vedere la poesia, la letteratura nello sport, bisogna soltanto avere molta pazienza, “disobbedire” almeno per un po’ ai capi delle redazioni e tornare un po’ bambini, o un po’ scrittori: trovare spunti letterari nello sport moderno non è difficile, basterebbe meno presunzione.
Gli eroi tragici del ciclismo, per esempio, potrebbero sembrare a molti soltanto miti di un passato in bianco e nero, gente che non appartiene a questo mondo: eppure non è così, occorre, tuttavia, avere l’umiltà di fermarsi e osservare, non avere fretta di dire, di sapere, ma rimanere a guardare in silenzio, rimanere ad ascoltare e a osservare ogni dettaglio, ogni sfumatura. E così, anche il rockettaro Tyler Farrar (nella foto), sprinter americano, che sgomita a settanta all’ora in sella a una bici da sei chili è profondamente letterario. Farrar, emblema del ciclismo moderno, con la cresta sotto il casco e il chewing gum, l’i-phone sempre in mano e i Green day che gli martellano i timpani dalle cuffie che ha nelle orecchie: che ci potresti scrivere con uno così? Eppure lo vorresti in un romanzo, Farrar, quello che non sei mai stato capace di scrivere: perché l’hai visto piangere in silenzio, ancora la scorsa settimana, otto mesi dopo la tragedia, quando l’amico, Wouter Weylandt, ciclista belga, si schiantò sull’asfalto giù da un valico appenninico ligure. Al Giro d’Italia. E lui, Farrar, era là, poco più avanti, che pedalava in apparente incoscienza, mentre l’amico moriva in diretta tv. Ora quel Farrar dice: «Se vuoi fare il ciclista, devi sforzarti di non pensare, perché per tornare a fare una volata a settanta all’ora non devi avere paura, non puoi pensare». Dice così, il ciclista, ma mente e sa di mentire: perché la bici, il ciclismo, ti costringe a pensare. Non è la formula uno. E tu che stai lì accanto, lo vedi pedalare e sudare, vincere e perdere, devi soltanto fermarti e riflettere: e dentro al dramma di un Tyler Farrar finisci per vedere un eroe da tragedia greca, o un’invenzione di Shakespeare.
Tuttavia, non è tutto dramma, c’è anche tanta comicità. Leggetevi questo spassosissimo racconto su Juventus-Udinese e scoprirete quanta letteratura potrebbe fiorire in uno stadio moderno:
http://quasirete.gazzetta.it/2012/01/30/il-posticipo-_-juventus-udinese-sodomie-11-contro-11/
C’è un campione dello sport attuale che vedreste come eroe/protagonista di un romanzo? Oppure esiste una disciplina sportiva che considerate ancora oggi poetica e letteraria? Dai, dopo avervi fatto arrabbiare per Camilleri (che continuo a non sopportare), queste sono domande in segno di pace…