Sono le 23 e Zoran guarda su, dal parcheggio verso i binari e la stazione. C’è l’ultimo treno che scarica tre sagome imbacuccate, raggiungono le rispettive auto ghiacciate sotto il lampione, all’uscita del sottopassaggio. Motori accesi per qualche minuto, quanto basta per sbrinare il parabrezza. E se ne vanno. L’ondata dei pendolari è finita, anche oggi.
Si torna a udire solo il vento, gelido, che trasporta fiocchi di neve. Zoran, allora, accende il fuoco: rami trovati nel boschetto lì vicino e ammucchiati in un angolo del parcheggio deserto. Si scalda le mani piene di calli, gonfie di freddo e lavoro, dopo una giornata passata in cantiere, a fare il cemento. A fargli compagnia, a profumare l’aria, anche una salsiccia, che cuoce su quello stesso fuoco, e un po’ di caffè solubile e fumante. L’ora di cena dura il tempo di far diventare brace quella poca legna: Zoran la raccoglie, poi, in una vecchia scatola di metallo, come quelle che le nonne utilizzavano per i biscotti. E la mette in auto, una vecchia Skoda, dove s’infila pure lui, velocemente. La brace diventa scaldino, in quella notte severa, sì, ma non quanto quelle a cui era abituato negli inverni in Ucraina. Zoran vi appoggia i piedi e intanto accende il motore: deve razionare il carburante, per farlo durare tutta la settimana. Ha calcolato che il riscaldamento può permetterselo per venti minuti circa, ogni sera, così non rimane a secco. Tra maglioni e vecchie coperte, abbassa il sedile e si appresta a sognare, in fondo a un parcheggio.
Un istante più tardi, due occhi illuminati, in fondo alla strada, si avvicinano sempre più: Zoran apre appena gli occhi, ma non ha paura, è una scena alla quale è abituato. Sa che in quell’auto c’è Tonio: spegne il motore sul lato opposto dello spiazzo, alza la mano per salutare, e si mette a dormire pure lui, in un sacco a pelo. La sua famiglia è andata in crisi, a casa non ci può più stare e l’unico albergo che si può permettere è quello accanto a Zoran, con vista sul binario tre. Domani tornerà in ufficio, sarà il primo a salire sul treno delle sei e quarantatré.