Un maestro di giornalismo al Tour de France

Lo sport si prepara all’Olimpiade, ma questi sono giorni di ciclismo. Giorni di Tour de France: ciclisti supertecnologici, squadre iper programmate, tutto sembra robotizzato. Tuttavia, la fatica non è molto diversa da quella di sempre. Certo, notarlo è più difficile.

Ci sono maestri, però, che non dovrebbero passare di moda. E, infatti, sono senza tempo, immortali. IN questi  giorni ho riscoperto un libro meraviglioso di Albert Londres, quello che può essere considerato i padre del moderno reportage e del giornalismo d’inchiesta. Un vero maestro, un mio maestro. Anch’egli, nel 1924 si misurò con il Tour de France: e lo raccontò alla sua maniera. Un romanzo, un’opera d’arte.

 

È successo dopo Le Ciotat. Huot guida il gruppo, finisce con la ruota in una rotaia e cade. Noi veniamo dopo di lui. Con un colpo di volante riusciamo a evitarlo. La polvere nasconde tutto alla vista a un metro di distanza. Una vettura che viene dietro di noi trascina Huot. Ecco l’accaduto.

Ed ecco la causa.

Ciò che è successo oggi, da Perpignan a Tolone, non è stata una corsa, ma un vero e proprio atto di follia popolare.

Cento chilometri prima di Tolone, il Midi aveva portato sulle strade tutti i suoi veicoli. All’inizio, in queste vetture, la gente esultava, danzava e lanciava grida. Poi tutti persero le proprie sembianze umane: quei pazzi parevano usciti da un sacco di farina.

Dopo trecento chilometri e la traversata della Crau a mezzogiorno, i corridori finirono in quella bolgia. UN peccato. Erano circondati, imbottigliati; con la rabbia in gola gridavano:

«Largo! Largo! Fate attenzione, per pietà!».

«È un assassinio!»

La folla urlava più forte. Una folla in abito della festa, in tute di tela blu e persino in mutande di lana. C’erano persone sui camion dei traslochi, nei furgoni commerciali, sui sidecar, con le biciclette e, se il momento fosse stato gioioso, diremmo che erano stati tirati fuori persino i vecchi cavalli meccanici…

Le corse sono un divertimento per il pubblico. Non bisogna comunque confonderle con una corrida.

I corridori non sono dei tori, non si deve cercare di metterli a morte alla fine dello spettacolo.

Il fatto strano è che l’incidente non è che arrivato alla settima tappa.

Ieri avevamo segnalato che uno stradista, viste alcune automobili che gli ostruivano la strada lungo una discesa, aveva urlato: «Banditi! Banditi!».

Huot, questa sera, non ha potuto che gemere, con il sangue alla bocca.

Albert Londres

Tour de France, Tour de souffrance

Excelsior 1881