Farei volentieri una statistica per conoscere quale immagine suscitano queste tre parole. Il contesto socio culturale nel quale viviamo mi fa pensare che si intenda segnalare una persona o una situazione sbagliata o a rischio di errore…
Puntare il dito è in genere vissuto come l’essere giudicanti e quindi facilmente in atteggiamento condannatorio. I motivi che ci fanno schierare da questa parte sono più o meno consapevoli: certamente c’è da chiederci quanta paura abbiamo di sentirci puntato il dito.
“Segnare a dito” o indicare è l’identica immagine precedente, ma con altri obiettivi. Far conoscere un sentiero o una direzione da prendere oppure l’invitare a proseguire su un cammino già avviato. Sta a noi deciderci. Se orientarci su quest’ultima immagine o soffermarci sulla prima. Certo non si può restare molto tempo in questa posizione.
- Siamo qui perché non c’è alcun rifugio dove nasconderci da noi stessi. Fino a quando una persona non confronta se stessa negli occhi e nei cuori degli altri, scappa. Fino a quando non permette loro di condividere i suoi segreti, non ha scampo da essi. Timorosa di essere conosciuta non può conoscere se stessa né gli altri: sarà sola. Dove altro se non nei nostri punti comuni possiamo trovare un tale specchio? Qui, insieme, una persona può, alla fine, manifestarsi chiaramente a se stessa, non come il gigante dei suoi sogni né il nano delle sue paure, ma come un uomo parte di un tutto con il suo contributo da offrire. In questo terreno noi possiamo mettere radici e crescere, non più soli, come nella morte, ma vivi a noi stessi e agli altri.
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