Un anno fa ero a Managua. Il viaggio doveva essere più breve, ma non potevo perdermi la festa di popolo del 19 di luglio e così decisi di prolungarlo per assistere a quella manifestazione.
Sono passati 33 anni e la maggior parte dei partecipanti non era nemmeno nata quando il Fronte Sandinista entrò trionfante a Managua. Ma, come spesso accade nella vita, un evento nel tempo supera i confini di ciò che è effettivamente è stato e diventa un simbolo.
Il 19 luglio è questo per il Nicaragua. È il simbolo della liberazione, dell’orgoglio nazionale, della libertà e del trionfo di un sogno possibile oggi e non solo nella data storica del 1979. Qualcuno, pochi, lo vivono forse con fastidio. C’è molta retorica nei messaggi ufficiali, ma questo va messo nel conto. Il Nicaragua ha una storia forte ed esprime anche nelle sue ritualità la speranza di un mondo migliore.
Nella piazza della rivoluzione, che poi adesso si chiama “piazza della fede e di Giovanni Paolo II, e già da qui si capisce la contraddittorietà del paese, si incontrano le persone, i ragazzi, i bambini, le bambine.
Una festa di un popolo che vive con forza e passione la propria storia e i propri simboli. Il 19 di luglio diventa così anche un rito. Non è poco, anzi…