Auguri di Terra Santa

Auguri, auguri, auguri. Di Buon Natale, che è già passato (“e non sono ritornato; ma la miseria sa cos’è l’amor: resto qua”: cit. da Vinicio). E di Buon Anno. Il mio è iniziato malissimo: ho perso tutta la posta dell’anno scorso che avevo salvato in una cartella di Outlook. La ghè pü. Praticamente è un mese che non aggiorno il blog, ma sun tropp ciapàa: per darvi un’idea, ho anche saltato il pranzo di Natale perché dovevo scrivere la cronaca sul Natale del Patriarca a Betlemme (se la volete leggere è su http://it.custodia.org/default.asp?id=4&id_n=18786&Pagina=1 ).

 Auguri. Non è una ripetizione, ma un titolo: parleremo di auguri, gli Auguri in Terra Santa. Non quelli che si scambiano tra amici, ma quelli istituzionali, che sono molto interessanti. In un luogo così denso di conflitti manifesti e latenti, anche il solo incontrarsi è già di per sé un segno di buona volontà e di pace. I primi e più inaspettati, in quanto non previsti da alcun protocollo, sono stati quelli del presidente dello Stato di Israele Shimon Peres, che ha voluto farli di persona ai cristiani locali (qualche giorno dopo ha fatto anche quelli istituzionali previsti ai vari capi delle comunità). Quello che per molti è un concetto univoco (“cristiani”), però qui a livello organizzativo comporta una non facile “reductio ad unum”, perché qui i cristiani sono armeni, armeno-cattolici, greco-ortossi, melkiti, latini (cioè noi), siriaci, siriaco-cattolici, copti, maroniti, anglicani e protestanti di diverse tribù (e adesso per questa ironia mi arriverà la mail di protesta di qualche protestante, che in questo caso ha ragione di protestare). E tutti insieme fanno l’1% della popolazione. Quanti mesi prima si sarà dovuto muovere il segretario di Peres per invitare tutti e –soprattutto– per capire chi invitare, anzi, da chi farsi invitare in modo che ci siano tutti? E quante telefonate avrà fatto? Ve lo dico subito: una sola telefonata dieci giorni prima. Come è stato possibile ciò? Perché da ottocento anni da queste parti c’è una figura istituzionale che conosce tutti e si relaziona con tutti: il Custode di Terra Santa, il quale ha chiamato il parroco francescano di Giaffa (Tel Aviv) che ha invitato i parroci delle altre confessioni cristiane e la cosa si è fatta (c’è il video del Franciscan Media Center su http://it.custodia.org/default.asp?id=4&id_n=18802&Pagina=1 ).
Invece Abu Mazen, il Presidente dell’Autorità Nazionale Palestinese, l’abbiamo invitato noi. È una bella consuetudine che si ripete per la cena che precede la messa di mezzanotte a Betlemme, alla quale Abu Mazen -come Arafat prima di lui- sempre partecipa. Prima si faceva nel nostro refettorio e ci stavamo tutti, ma adesso che è cresciuta l’importanza della Palestina e la statura politica del suo Presidente, è aumentato anche il seguito di ministri, guardie del corpo e diplomatici esteri, per cui ci rechiamo nella sala da pranzo di Casa Nova, la pensione per pellegrini annessa al convento.
Tralascio gli auguri a Gerusalemme della Polizia (“come è stato il movimento dei pellegrini durante la primavera araba?”), dell’Esercito (“avete avuto qualche problema al check point quest’anno?”) e del sindaco (“l’avete poi fatto quel parcheggio …?”).

Il 27 dicembre è il giorno ufficiale degli auguri di Natale che le principali chiese (di cui sopra) vengono a porgerci nel nostro convento di San Salvatore. Arrivano in processione con i loro patriarchi dalle 8.30 del mattino (al pomeriggio sarà invece il turno del Patriarca Latino e del Nunzio/Delegato Apostolico). Il clima è cordiale, ma il cerimoniale è rigido: 1) il Patriarca saluta il Custode e i frati e augura un Santo Natale di Pace; 2) il Custode ringrazia il Patriarca ed augura alla sua comunità un Santo Natale di Pace; 3) alcuni frati servono liquori e dolci ai loro ospiti, mentre altri cantano canzoni di Natale; 4) misurate conversazioni informali; 5) i frati servono il caffè, che è l’atto ufficiale conclusivo; 6) dopo il caffè i saluti, con ordinate strette di mano: che sia un Santo Natale di Pace. Il giorno dopo c’è stata l’altrettanto protocollare ramazzata di Betlemme, con scope in cielo e spazzoloni sulla terra (anzi, sulla testa). Ma non c’è problema: a gennaio, dopo il Natale degli ortodossi, tutti si recheranno a fare gli auguri a tutti. E finché si berrà il caffè insieme sarà ecumenismo.

 

2 pensieri su “Auguri di Terra Santa

  1. “Il “nostro” frate-blogger a Gerusalemme, Riccardo Ceriani, ha incontrato anche Shimon Peres, un bel racconto di incontro tra comunità!”…… Credo che vivendo sul territorio, e toccando con mano l’ingiustizia e la cattiveria che Israele impone ai Palestinesi, il nostro frate farebbe bene a scendere dal fico e anziché storielle mielose ci raccontasse la tristezza della vita sotto occupazione, e, tenendo conto che tutti i giornali riportano le parole del Capo di stato maggiore dell’esercito israeliano che spudoratamente annuncia come “inevitabile” e prossima una “operazione Piombo Fuso 2” (la prima fece 1400 morti, di cui 320 bambini, e più di 5000 feriti) diffidasse il Capo dello Stato israeliano dal solo pensare azioni del genere. Che razza di prete è mai questo!?

    • Caro Beppe Orlandi, scusa se ho letto solo oggi il tuo commento nella sua integrità (nella pagina di sintesi compariva sola la prima riga e non gli avevo dato importanza). Il valore del mio blog -ammesso che ne abbia uno- è quello di raccontare cose che posso testimoniare di persona nella mia realtà quotidiana in Terra Santa. Quando questa deve fare i conti con i problemi che tu sollevi l’ho scritto (il problema del passaggio del muro anche per le processioni, la difficoltà di organizzare dei concerti con israeliani e palestinesi, la posizione pro Assad dei cristiani di Siria, ecc.); sono problemi piccoli rispetto a quelli ai quali tu fai riferimento, ma sono quelli di cui posso dare testimonianza diretta. Faccio parte del più importante network di associazioni palestinesi e dirigo una scuola con l’80% di bambini palestinesi, pensi che io non conosca i problemi della “tristezza della vita sotto occupazione”? Tutti i giorni mi scontro con questi problemi e li racconterò se li reputerò interessanti per i lettori. Ma non sono qui a fare il giornalista internazionale: c’è già chi lo fa tanto che tu sembri essere così bene informato. Inoltre io non intendo raccontare solo i problemi, ma anche aspetti normali e poco conosciuti della vita in Terra Santa. I blog sono molto diversi tra loro e vanno letti all’interno del loro genere letterario. Per esempio non puoi accusare un blog che si occupa di ricette di cucina di non occuparsi del problema delle quote latte o del problema della biogenetica legata agli alimenti. Per questo errore di pre-comprensione c’è chi come te mi rimprovera di non occuparmi abbastanza di cose politiche e chi dall’altra parte, mi rimprovera di non occuparmi abbastanza di cose religiose. Io invece scrivo quello che mi capita, nel senso di ciò di cui posso dare testimonianza: cose piccole o grosse, ordinarie o straordinarie, basta che mi capitino e li ritenga in qualche modo interessanti per i lettori.
      Pace e Bene
      fra Riccardo

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