Gabicce e la sua Baia imperiale

Le Marche sono terre autentiche. Nanni Moretti e Laura Morante sono seduti a mangiare. Il vecchio tavolo di legno con una tovaglia a scacchi è proprio l’immagine della vecchia osteria. Scena da film, ma ancora intatta a chi si ferma a mangiare un boccone. Cibo genuino e tutto del posto. Un coniglio alla porchetta degno delle migliori cucine. Quella che ha gradito anche Dustin Hoffman che un anno fa è stato ospite dell’osteria del Poggio una sera mentre stava girando gli spot per il turismo marchigiano.
Nonna Emilia non poteva immaginare che la sua osteria sarebbe diventata meta di gente famosa. Lei, donna del popolo, ha sempre cucinato per tutti e non solo per i signori. È toccante il film che le sue nipoti hanno contribuito a realizzare. Interviste e scene di vita della donna che, con la sua semplicità e buona cucina, ha fatto nascere il turismo a Portonovo. Un posto che era ambito solo per l’acqua, ma dove nessuno voleva vivere e ancor meno passarci una vacanza. Andateci oggi e scoprirete un gioiello.
Attraverso tutta la costa marchigiana con una breve deviazione nel suo entroterra prima di arrivare nella patria del divertimento notturno.
Gabicce è una bella signora dai fianchi un po’ stretti tra i colli e il mare. Distinta, elegante, è marchigiana in odor di Romagna. Ci pensa il torrente Tavollo a separarla dalla riviera, e a conferirgli quell’aria un po’ più nobile. «Loro si sentono un piccolo Conero», mi dice Raffaella, che sta invece su in alto a quello originale.
Gabicce è cresciuta con ordine mantenendo un suo carattere, una sua identità divisa tra il borgo sul monte e quello sul mare. La spiaggia ricorda subito che siamo a due passi da Rimini, e gli ombrelloni corrono a file strette, un bagno dietro l’altro.
La sera c’è molta vita e sembra solo incidentale che poche centinaia di metri più in su, a metà strada tra le due Gabicce, c’è una delle discoteche più famose al mondo.
Alla Baia imperiale in ventisei anni è passato mezzo mondo. Arrivo nel primo pomeriggio e all’ingresso lavorano per preparare una serata tutto sommato considerata minore. Aspettano il mondo dei single a cui sono dedicate le notti delle domeniche agostane. Mentre sono lì, in attesa di parlare con qualcuno, assisto a un via vai di gente come fossimo davanti a un monumento storico. Le macchine rallentano, si fermano, qualcuno scende, fa due foto, commenta e riparte.
Un papà si avventura fino a davanti al cancello per far vedere da vicino al suo bambino le statue e le colonne giganti che sono state portate direttamente da Roma, dove giacevano impolverate nei depositi di Cinecittà.
Devo ritornare di sera tardi perché Gabriele Villa ora non c’è. Pazienza. Dopo un’ora circa provo a chiamare i tre numeri delle Pr per avere qualche altra informazione. Scopro più tardi che Giorgia e Ambra sono le due figlie e Wilma è un parafrasare Villa. Tre cellulari, stesso gestore. Gabriele è davvero tuttofare e ci diamo appuntamento per le ventidue.
La notte è lunga e alla Baia a quell’ora è solo l’alba.
«Siete ancora qui?» mi dice mentre sta contando i soldi per aprire le casse. «Dai seguimi, intanto parliamo». Non si fa tanti problemi Gabriele. Ricorda con affetto Michele Serra. Aveva aperto da appena una stagione.
«È cambiato il mondo, direbbe il mio direttore artistico. Io invece ti dico che è cambiato il modo di divertirsi dei giovani. Una volta arrivavano a frotte per cuccare. Adesso spesso arrivano già ubriachi per rompere i coglioni, per scatenare risse. Pensano di essere allo stadio, solo che lì li tengono ben divisi. Qui romani e napoletani sono tutti insieme e basta un niente per far scoppiar casini». Uno stress non da poco, visto che nelle sere di punta arrivano anche quattromila persone. La migliore organizzazione, che permette a oltre quaranta pullman di scorrazzare giovani che arrivano da Ancona fino a Cervia, ha un rovescio della medaglia. I ragazzi non devono guidare, e così bevono preventivamente arrivando già belli carichi all’appuntamento con la notte brava.
L’ingresso della Baia imperiale è davvero imponente. Una scalinata di marmo bianco con le statue di diversi imperatori romani. Delle anfore gigantesche e un colonnato che si leva alto, fino a superare la mitica terrazza da cui si vede tutta la riviera.
L’età media è bassa. Arrivano ragazzi dai 16 ai 25 anni. «A parte quelli che vorrebbero far casino, qui è tranquillo. Non si spaccia e si trova tutta la musica che si vuole». Gabriele mi porta a vedere le cinque diverse sale e lo scenario è notevole. Spazi di ogni tipo e perfino una vera piscina che richiama le vecchie terme romane con zampilli e giochi d’acqua.
«In questi anni mi sono divertito ed è una gioia vedere le mie due figlie, Giorgia e Ambra che sono volute venire a lavorare qui con me. Il rammarico più grande, oltre ad invecchiare, è che vedo passare fiumi di soldi senza che se ne fermino mai abbastanza. A Serra raccontavo dei mutui fatti per aprire il locale. Continuiamo a far debiti e rinnovarli perché ogni anno qui va speso una montagna di denaro».
Gabriele è un tipo simpatico, socievole, parla con entusiasmo della sua Baia. «Ogni sera ci sono 70-80 persone a lavorare con me». Lui è il primo ad arrivare e l’ultimo ad andar via. Il suo sogno non è più Cuba, ma si è spostato di poco. «Voglio andare ad aprire una piadineria a Santo Domingo. Lì almeno un po’ di soldi li faccio».

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