E’ nello spazio dell’ignoranza che nasce e matura la corruzione. Insegnando economia mi rendo sempre più conto di quanto sia complessa la macchina statale, di come esistano forme giuridiche, societarie ed escamotage finanziari per trovare soluzioni ai complessi problemi che la politica si trova ad affrontare. L’insegnamento dell’economia politica, inteso come una forma di “moderna educazione civica” dovrebbe essere un insegnamento obbligatorio per tutti, giovani e adulti. La conoscenza e la consapevolezza generano quella competenza che può esercitare il controllo e la verifica delle procedure decisionali. La maggior parte dei cittadini ignorano quasi totalmente cosa sia il deficit pubblico, gli interessi sul debito, l’avanzo primario, cosa sia una Spa come forma giuridica per la gestione della protezione civile. Ignora cosa sia un dpef (documento di programmazione economico e finanziario) e non sa leggere un bilancio dello Stato. Questo fatto determina e rinforza la necessità di delegare alla politica e quindi l’esigenza di una totale “fiducia” nel sistema dei partiti e quindi una fiducia “cieca” nella politica.
Ma la politica è sempre più gestione dell’economia, delle complesse regole che L’Europa impone da una parte e la difficoltà di far stare le imprese nazionali sui mercati di fronte al fenomeno della globalizzazione. Purtroppo sembra che la politica non sia la gestione dell’interesse della comunità dei cittadini. Non lo è più da tempo, almeno da quando la comunità, intesa come una forma di coabitazione “calda” fatta di rapporti, conoscenza, rispetto e aiuto reciproco, è scomparsa per lasciare lo spazio alla forma “società”, fondata sul contratto, le fredde procedure legali e burocratiche, sul calcolo individuale e sugli interessi. Viviamo una dimensione collettiva dove il mercato detta tutte le regole, spesso anche quelle della relazione privata e non dobbiamo più stupirci che la pressione degli interessi agisca oramai a tutti i livelli e che la logica della corruzione, dei favori, della “casta” domini nella maggior parte degli ambienti dove circola denaro e posti di comando. Il principio etico si è affievolito, resiste come un impedimento e un retaggio di un mondo che non c’è più, di un mondo dove la parola data contava, dove l’onore aveva un significato e dove la rispettabilità era un bene comune. Il principio etico del rispetto reciproco, della tutela del bene collettivo, della politica come servizio al cittadino non esistono quasi più, se non come forme arcaiche o come sopravvivenze nella struttura morale del singolo o di taluni gruppi che lo praticano per fede, per valore o per buona educazione.
Il problema è più grande di quanto non sembri. Abbiamo fatto l’apologia del libero mercato, ci siamo infastiditi per il costo eccessivo della social-democrazia e adesso dovremmo stupirci che indistintamente a destra come a sinistra ci siano problemi di tenuta etica nella gestione della cosa pubblica?
Se concordiamo sulla diagnosi, ora si può aprire una riflessione sugli antidoti, ma la ferita e il malcostume sono profondi e profondamente radicati nella rappresentazione del mondo dominante. Non ci sono bacchette magiche e neanche profeti all’orizzonte. E anche gli uomini rigorosi, di buona volontà, eticamente strutturati fanno tanta fatica e sopravvivere nella “gelatina” confortevole degli interessi particolari.
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Se la diagnosi e’ corretta e condivisibile . Sarebbe il caso di approfondire il discorso sui possibili rimedi, a cominciare – scusi se insisto – dai problemi grandi o piccoli delle comunita’locali, dove pure il potere e’ monopolizzato da “cricche” che fanno il bello e cattivo tempo infischiandosene dei Cittadini normali (e il bello e’ anche di quelli che li hanno votati). Possibile che non ci sia un rimedio a tutto cio’? E che ne pensa della proposta di (mini)referendum locali come in Svizzera? Legga se vuole le proposte mie e di altri su VARESR NEWS. Grazie se vorra’cortesemente rispondere (altrimenti a che servono i blog?)
VARESE, 30 agosto 2012 Giovanni Dotti
Come un gioco di scatole cinesi, spesso i problemi “locali” sono figli di problemi “epocali” e non è facile trovare soluzioni.
Un blog è un luogo di scambio, di stimolo, dove si possono proporre letture e visioni anche alternative e poi confrontarsi.
Non credo che tutti i “potenti” siano influenzati da “cricche” ma posso concordare con lei che si vede sempre più venir meno quello spirito della politica inteso come servizio pubblico orientato al bene della collettività.
Torno a ripetere che mi sta anche bene mantenere il discorso “alto”, sulle generali, ma credo che lo scopo di un blog sia anche quello di cimentarsi su fatti concreti, anche se piu’ prosaici, ai quali come Lei ben dice “non e’ facile trovare soluzioni”. Ma se nessuno ci prova ….. ci si limita a “fotografare” la situazione e ci si e’ implicitamente complici. Non Le pare ? Cordialmente Giovanni Dotti VARESE