Siria: un interessante reportage del Washington Post

combattente islamico

Oggi mi sento meno solo. Le notizie e le preoccupazioni sula deriva islamista della Siria (non solo islamica ma islamista) che da tempo vi segnalo sul mio blog, finalmente vengono riconfermate da un reportage di un giornale prestigioso e autorevole, il Washington Post, che avrà forse la sua influenza nel modificare – o almeno rettificare- le strategie politiche e comunicative dell’Occidente. La giornalista Liz Sly, scrive dal Libano, che è sempre stato il miglior orecchio per origliare gli affari siriani e dove i canali di comunicazione con la Siria sono i più storicamente collaudati.

E cosa scrive Liz? Quello che i lettori di Varese Terra Santa Blog già sanno:
– che il tentativo di rivoluzione iniziato da alcune parti della società siriana contro il regime di Assad sta per essere assorbito e soppiantato completamente dai terroristi di Al-Qaeda,
– che i ribelli di nazionalità siriana (compreso il loro Libero Esercito) hanno un’influenza sempre più marginale sia dal punto di vista militare che politico-organizzativo (e dunque –aggiungo io- possono dire addio alla loro lotta di liberazione nazionale),
– che i militanti di Al-Qaeda e i loro affiliati provengono soprattutto dall’estero,
– che il passaggio privilegiato per l’intrusione è la Turchia (leggi il mio blog del 5 febbraio 2012, ovvero prima che la guerra iniziasse) oltre all’Iraq,
– che i rapimenti e le vessazioni (l’articolo parla anche di decapitazioni) sono all’ordine del giorno nei luoghi dove questi gruppi sono presenti, e colpiscono indistintamente la popolazione, compresi gli attivisti politici, gli amministratori locali e gli operatori di pace, e che le zone sotto il loro controllo vengono interdette agli stessi ribelli siriani non islamisti,
– che però dei rapimenti non bisogna parlare per non fare aumentare il prezzo del riscatto e ostacolare le trattative (l’articolo cita specificamente il rapimento del gesuita italiano Paolo Dall’Oglio).

Liz Sly ci dà anche altre informazioni di cui non ero a conoscenza (anche perché io ho solo la conoscenza di dettaglio delle notizie che mi provengono da fonti dirette). Il più grosso di questi gruppi islamisti legati ad Al-Qaeda, nelle zone sotto il suo controllo, sta tentando un salto di qualità per costituirsi come uno stato vero e proprio, di cui ha già coniato il nome, che è tutto un programma: Stato Islamico dell’Iraq e del Levante. Questo gruppo sta tentando di inglobare nel suo progetto anche gli altri gruppi islamisti, i più grandi dei quali (come Jabhat al-Nusra) sono riluttanti; per non parlare dei gruppi di liberazione siriani i quali, vedendosi togliere la loro terra e svanire il loro sogno per mano di chi teoricamente era venuto in loro aiuto, vi si oppongono.

Dunque lo sviluppo della situazione siriana è tragico e prevedibile: oltre alla guerra contro Assad ci sarà la guerra per il potere dei gruppi islamisti tra di loro. Di conseguenza i profughi aumenteranno. Lasciatemi giocare un po’ alla fantapolitica, cosa che è concessa in un blog: se Assad resisterà a lungo controllando una parte significativa del paese (Damasco, Aleppo, il porto di Latakhie), nel resto della Siria verranno a costituirsi dei califfati in lotta tra loro. Una situazione peggiore dell’Afghanistan e dell’Iraq in una zona ben più strategica per l’Occidente dell’Afghanistan e dell’Iraq. E ciò richiederà un intervento diretto dell’Onu o delle principali potenze. Che dovranno tornare a riconsiderare la loro politica nei confronti di Assad.

È questo che il reportage di Liz Sly paventa, con interviste mirate ad esperti che lasciano insinuare il dubbio che la politica degli Stati Uniti sulla Siria sia stata finora fallimentare e controproducente per gli stessi interessi degli USA e dell’Occidente.

Leggi qui l’articolo completo del Wahington Post:
http://www.washingtonpost.com/world/al-qaeda-expands-in-syria-via-islamic-state/2013/08/12/3ef71a26-036a-11e3-9259-e2aafe5a5f84_story.html