Francesca Coffano, tra l’amore per la propria città e la sfida generazionale

Francesca Coffano ha raccontato a YAAAS cosa significa creare una propria attività nel contesto lavorativo varesino e di come il suo studio di architettura vuole promuovere la sostenibilità del territorio e tutte le materie prime che può offrire.

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Francesca Coffano è una ragazza di Varese, ventotto anni appena compiuti. Una persona dinamica che, oltre ad essere un architetto, coltiva molte passioni. Cresciuta nel mondo dell’associazionismo, ha fatto parte di diverse associazioni, che in comune avevano l’obbiettivo di voler essere un aiuto verso il prossimo: Legambiente, che si dedica alla tutela del territorio; associazioni sanitarie e associazioni studentesche, sia al liceo che all’università; ha fatto parte della COOPUF, un’associazione culturale per la quale si occupava sia della gestione eventi che della gestione del bar di villa Toepliz.

La sua più grande passione, però, è proprio il suo lavoro. A soli ventotto anni, infatti, Francesca ha creato il suo primo studio di architettura, ReV architetturadesign.

“Ho sempre desiderato diventare un architetto, fin da quando ero piccola. Si può quasi dire che io sia nata architetto – racconta Francesca – Il mio percorso di studi verso questa professione è iniziato dal liceo artistico, dove al triennio ho scelto l’indirizzo di architettura. Dopo il diploma, mi sono iscritta al Politecnico di Milano, scegliendo il corso di laurea in architettura delle costruzioni. Durante il periodo universitario, la mia visione dell’architettura continuava a cambiare: all’inizio mi sarebbe piaciuto tantissimo occuparmi della gestione antincendio, poi ho iniziato a concentrarmi nell’ambito della sicurezza sul lavoro e poi alla fine mi sono laureata sulla progettazione di maxi edifici”.

Appena laureata ha cominciato a inviare curriculum, senza però trovare studi che l’assumessero subito. Così ha preso la strada del servizio civile in collaborazione con Legambiente, per cui si occupava di lavori con la protezione civile. Nel mentre Francesca ha sostenuto l’esame di Stato non solo come architetto ma anche come ingegnere. “Attualmente io collaboro con un altro studio di architettura di Varese e parallelamente ho creato il mio studio insieme ad Alessandra Bianchetti, un architetto di grande esperienza, e Daniele Ghellere, un geometra”.

Per il suo studio, il periodo di pandemia e restrizioni è stato un trampolino di lancio, durante il quale si sono concentrati nella progettazione del sito internet e dei canali social, oltre ai loro primi progetti.

“Abbiamo già avuto qualche lavoro, tra cui delle ristrutturazioni. Quello che per me è stato il più bello fino ad ora è stata la ristrutturazione di una cascina – prosegue – La cosa più affascinante è il confronto con l’esistente, mi piace l’idea di creare un solido rapporto tra architettura moderna e carattere storico dell’edificio. Il mio concetto di architettura si basa sulla protezione dell’ambiente e sull’utilizzo di materiali specifici. Voglio lavorare con artigiani della provincia, sfruttando materie prime del luogo, promuovendo vari aspetti del lavoro artigianale locale. E’ fondamentale creare un legame forte con il territorio. Perché dovrei andare a cercare materiale dall’altra parte del mondo, quando ho a disposizione così tante risorse qui?”.

Per dei giovani architetti, Varese rimane però un punto di domanda. La tradizione varesina, la mentalità classica, è molto legata al fatto che l’architetto deve necessariamente possedere una certa età, con un certo livello di esperienza. Un ostacolo non indifferente, per dei ragazzi che non si affacciano per la prima volta al mondo del lavoro, ma che per la prima volta intraprendono la propria strada lavorativa con un’attività tutta loro.

“Sicuramente Milano ha più possibilità, ma d’altro canto io ho una vera e propria passione per la mia città. Molte volte Varese non è pronta a vedere architetti giovani, quindi questa è la nostra sfida: rompere l’ostacolo generazionale, non per forza per fare una buona architettura bisogna avere sopra ai cinquant’anni – conclude Francesca – Anzi, una gestione giovane è proprio quello che secondo me servirebbe per cambiare alcune dinamiche e difficoltà lavorative che ormai sono intrinseche nel tessuto sociale della città”.

 

 

22 Marzo 2021

di Francesca Marutti

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