Luca Damiani ha raccontato a YAAAS i suoi studi, il suo lavoro nell’ambito della post-produzione e “DAYLILY”, il film che ha prodotto insieme a quattro colleghi

Luca Damiani è un ragazzo di ventitré anni che vive a Malnate. Ha studiato al Liceo Artistico di Varese, prendendo l’indirizzo multimediale, che è tutt’ora l’ambito che segue, per cui ha studiato all’università e in cui lavora. Ha frequentato lo IED di Milano, seguendo il percorso del video design, che lo ha preparato a 360° nella produzione di contenuti video di qualsiasi tipo: film, corti, pubblicità, spot, documentari.

“La post-produzione è la parte che più mi interessa – racconta Luca – Mi appassiona perché guardo al mio lavoro come un artista guarda la tela bianca e i colori che ha in mano, pensando a come poter creare un’opera. Quello sono io, l’ultimo passaggio della catena di lavoro: prendo tutti gli elementi già realizzati da altri e li assemblo rendendoli il vero e proprio prodotto finale”.

“L’università mi ha dato tante soddisfazioni – prosegue – mi sono appena laureato e insieme al mio team di cinque colleghi abbiamo prodotto un film. In questo momento siamo nella parte conclusiva di vendita e promozione della pellicola. Il film di chiama DAYLILY. L’idea è nata dal nome di un fiore che vive un solo giorno, come una farfalla. Abbiamo basato la nostra storia su questo concetto di caducità della vita”.

Prima di iniziare l’università, a diciotto anni, Luca è partito per l’Australia. Organizzando tutto in un solo mese, ha preso un volo per Melbourne, con tante speranze, ma ben poche aspettative. “Mi sono ricreduto e mi sono innamorato di quella città. Ho fatto i classici lavori di un italiano all’estero, come ad esempio il cameriere – prosegue – Sono tornato perché avevo intenzione di continuare a studiare e mi sono iscritto allo IED”.

Ho anche una grande passione per i tatuaggi. Ho iniziato quasi per gioco, mentre andavo ancora al liceo, comprando una macchinetta cinese di quelle poco professionali e che difficilmente svolgono bene il loro lavoro. Ho cominciato tatuando sulla pelle di maiale, andando dal macellaio a comprare due euro di cotenna. Grazie alla fiducia dei miei amici stretti che si sono voluti far tatuare, sono riuscito a creare il mio giro e dopo cinque anni ho creato un mio stile: mi piace usare linee fini e puntinati. Purtroppo con il lavoro e gli altri impegni è difficile portare avanti anche questo, ma non è una cosa che voglio abbandonare, fa parte di me”.

La produzione del film, che è stata la tesi di laurea di Luca e dei suoi compagni, non è stata una vera e propria passeggiata, pur avendogli dato grandi soddisfazioni, tanto da voler presentare la pellicola ad alcuni festival sia nazionali che internazionali. “C’erano tante aspettative sia nostre che dei relatori – racconta –  La difficoltà di creare qualcosa del genere, totalmente autoprodotto, è stato complicato. A scuola ti formano ma impari solo sul campo”. Buttarsi nella creazione di un film non è affatto facile: devi organizzare ogni cosa, i set, le riprese, i catering, i noleggi di attrezzatura. Devi anche far coincidere tutti gli elementi necessari, come gli attori che devono arrivare giorni prima dell’inizio delle riprese, per i quali servono trucco e costumi. “In più ci si è messa la pandemia – continua Luca – Avremmo dovuto finire le riprese a luglio dell’anno scorso, ma a causa del lockdown ci siamo dovuti fermare. Quando poi abbiamo iniziato con i primi set, tra Toscana e Piemonte, è stato davvero molto difficile. Dovevamo aspettare i permessi dell’università per poterci spostare tra regioni, oltre che all’obbligatorietà dei tamponi per troupe e attori. Sia dal lato economico che delle tempistiche abbiamo avuto diverse sfortune. Come quando, due giorni prima di partire per un set ci ha chiamato l’attore e ci ha annunciato di avere il covid. In quel momento tutto ciò che avevamo portato avanti per settimane è andato in fumo”.

Quello della post-produzione è uno degli ambienti dove attualmente, in Italia, c’è più richiesta, soprattutto a causa del covid. “A causa della pandemia molte produzioni si sono dovute fermare, quindi c’era molta più necessità di creare prodotti direttamente in post-produzione. Al momento io lavoro per un’agenzia di Milano che gestisce vari brand, come moda, macchine, Netflix, prodotti per la casa. Quando sono entrato io lavoravo due giorni a settimana in ufficio e il resto in Smart working”.

Il mio sogno è quello di trasferirmi, di tornare in Australia – conclude Luca – Tra dieci anni non mi vedo per forza all’estero, ma mi vedo a fare cose che mi piacciono, a sentirmi libero. Non credo nel “fai della tua passione il tuo mestiere”, perché alla lunga quella passione potrebbe scemare proprio a causa delle responsabilità che derivano dal lavoro. Quello che spero per il mio futuro è di fare tanto, farlo bene e non sentire mai il peso del lavoro”.

10 Maggio 2021

di Francesca Marutti

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