Cercasi motivazione, il primo passo? Dire “Grazie”

Secondo appuntamento con la rubrica BenEssere di Alessia Marcellini

Casa-lavoro, in attesa del mondo

Alziamoci in piedi per ringraziare per il fatto che se non abbiamo imparato molto, almeno abbiamo imparato un po’, e se non abbiamo imparato un po’, almeno non ci siamo ammalati, e se ci siamo ammalati, almeno non siamo morti. Perciò siamo grati. Ci sarà sempre qualcosa per cui vale la pena di ringraziare. (cit. Buddha)

Spesso è fin troppo semplice procrastinare, vincolarci in promesse su qualcosa che faremo domani o più avanti nel tempo, rimediare scuse per rimandare progetti che potremmo iniziare a concretizzare da subito. Orientiamo le nostre scelte accecati dall’illusione che il tempo consista nel banale passaggio da un punto all’altro, percorrendo un ponte dal punto di partenza a quello di arrivo, come se l’unica cosa a cui pensare sia quest’ultimo: è invece possibile che siano proprio quel “ponte” e il “vivere adesso” il seme da cui può nascere la nostra motivazione?

E’ incredibile come l’universo della religione buddista riesca a rispondere a questo interrogativo. Il buddismo è a tutti gli effetti una tipologia di approccio alla vita che nella sua vastità può risultare una rivelazione non solo per chi vuole avvicinarsi alla religione stessa ma anche a fedeli di altri credo o ad atei. Tra i principali suoi insegnamenti Buddha individua l’origine dell’insoddisfazione umana nell’essere umano stesso, quest’ultimo può però superarla riconoscendo che non vi sia altro da raggiungere se non ciò che si è e che il momento del nostro presente è perfetto nella sua originale essenza. O ancora meglio, esserle grati. Ma come si può applicare questo insegnamento al proprio stile di vita? Ognuno di noi vive in realtà differenti e di conseguenza  è impossibile individuare una risposta che accomuni tutti, ma ci si può concentrare su quella che è la prospettiva con cui scegliamo di approcciarci a ciò che ci circonda. La gratitudine è il primo passo verso una mente più energica e aperta alla positività, la lente attraverso cui possiamo focalizzare ciò che realmente è fondamentale osservare, il filtro che trattiene ogni elemento tossico intorno a noi e che rilascia in noi l’essenziale.

Oggi ho deciso di descrivervi attraverso i seguenti punti quali sono i vantaggi a cui può portarci dire “grazie”:

  • VIVERE A PIENO: essere grati per il tempo, per quanto sia prezioso e fragile, perché spetta a noi ricordare di non sprecarlo ed ogni occasione è buona ben sfruttarlo.
  • DIRE “ADDIO” ALLA NOIA: è normale che a causa di scarsa volontà, energia o voglia a volte ci capiti di ritrovarci fermi sul divano e crogiolarci nella nostra demotivazione. Per uscire da questi momenti è fondamentale capire che tutto dipende dal punto di vista con cui scegliamo di vedere le cose, non è mai troppo tardi per aggiungere colore alla tua pagina bianca, è sufficiente cominciare, senza pretendere di farlo per una precisa ispirazione.
  • ARRICCHIRCI: chiedersi perché abbiamo deciso di accogliere qualcuno o qualcosa, per poi capire che impatto abbiano creato nella nostra vita. Solo dopo aver risposto con sincerità a queste domande, capiremo in chi e in cosa riconosce reale valore, per poi riscoprirle nel nostro quotidiano, ritornando a stupirci di ciò che davamo per scontato.
  • CAPIRE CHI VOGLIAMO DIVENTARE: riconosciamo ciò che conta davvero per noi, le nostre reali priorità, sapremo anche quali saranno le basi su cui contare e su cui costruire il nostro futuro.
  • AMARCI DI PIU’: riconoscere i nostri sforzi e successi, ricompensarci ad ogni piccolo passo, anche a quelli che sembrano non averci portato risultati concreti, poiché l’importante sarà sentirci bene col proprio “io”.
  • CONNETTERCI AL PROSSIMO: dire “grazie”, oltre che mostrare riconoscenza, significa anche riconoscere all’altro che non diamo per scontato ciò che ha fatto per noi e soprattutto riconoscere la bellezza del dare e dedicarci al prossimo. E’ affascinante pensare come dire “grazie” nella cultura giapponese non venga percepito come un segno di inferiorità, come spesso capita nella realtà occidentale, bensì al contrario come un mezzo per preservare l’armonia e il proprio benessere.
25 Ottobre 2021

di Alessia Marcellini

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