La fantascienza siamo noi

Immaginatevi un tavolo dove si proiettano fornelli, ricette e tempi di cottura. A Benton Harbor e negli altri cinque centri tra il Messico, il Brasile, l’Italia, l’India e la Cina ci stanno lavorando. Qui non si studia solo il presente per scegliere il design migliore, ma si progetta il futuro a 2, 5 e 10 anni.
Lo scenario è di quelli che affascinerebbero anche i più scettici. Una tecnologia tra il touch e qualcosa di ancora non sperimentato permetterebbe di cucinare, interagire con gli amici nei social network e utilizzare lo stesso spazio per fare tutt’altro.
L’entusiasmo del ragazzo giovanissimo che ci spiega come si sta evolvendo la tecnologia è palpabile. Lui sa che sta utilizzando un trucco, perché proietta dall’alto grazie a un telecomando che nasconde, ma sa anche che lì ci stanno lavorando sul serio.
Non è magia, ma ricerca e innovazione. È il momento più intrigante dell’ora e mezza trascorsa nei laboratori dello sviluppo design. Un vero e proprio tour che ha fatto capire quanto lavoro ci sia dietro la buona riuscita di un prodotto. Niente è lasciato al caso. C’è studio, ricerca, test, analisi. E per finire un pizzico di pazzia per grandi visionari.

 

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3 risposte a La fantascienza siamo noi

  1. Pillo scrive:

    Ma che razza di marchette sono?? Uno va a farsi un viaggio gratis, a rimorchio di una multinazionale, e deve pure rifilare ai lettori le fregnacce su camion enormi e strade giganti (“dove non ci può andare una Panda”).. Guarda che sei in America, mica in qualche sperduta località che stai scoprendo solo tu e che nessuno ancora conosce! Assurdo!

  2. Daniela Mancuso scrive:

    parlando di fantascienza, non vedo l’ora che Whirlpool inventi il replicatore di cibo di Star Trek!

  3. Redazione scrive:

    L’international media tour è organizzato da Whirlpool e quindi è logico si parli della loro esperienza e storia. Sono cento anni di attività, e questo è un evento. Sono milioni di famiglie che hanno vissuto e vivono grazie a questa multinazionale. Inoltre entra in centinaia di milioni di case. Può bastare? Fare colore è poi un modo di spezzare un racconto che non ha alcuna velleità di essere completo. Può piacere o meno, ma quello sta nel nostro gusto. Basta non tornare a leggerlo. E’ un blog che si inserisce nel giornale e non ha alcuna pretesa. Penso invece che sia interessante per tante persone. Questa è la bellezza del mio lavoro, poter vedere, domandare, analizzare e raccontare. Gli occhi restano i miei, e così la testa e il cuore e quindi la sensibilità di un racconto fatto da me. Grazie comunque per aver permesso di pensare a quello che sollevi e anche di averlo potuto commentare per tutti quelli che leggono il blog.

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