Il bucatino...nell'ozono!inserito il 24/5/2010 alle 11:23
La risposta è sì, e si trova proprio nei piccoli gesti quotidiani compiuti intorno al rito domestico della pasta. Per cominciare è bene sapere che la grande maggioranza del grano duro utilizzato nella produzione italiana di pasta, quasi tre milioni di tonnellate annue, proviene da Canada e Siria in quanto quello nazionale non è sufficiente a coprire il fabbisogno. La qualità del grano di questi due paesi è altissima e perfettamente in grado di soddisfare le esigenze dei palati italiani, ma il loro trasporto su distanze così grandi implica il rilascio di anidride carbonica in misura significativa rispetto alle produzioni nazionali. Da consumatori possiamo scegliere di privilegiare quei produttori che utilizzano solo grano italiano. In genere lo menzionano in bella evidenza sull’etichetta.
Altri accorgimenti si possono adottare al momento di cucinare il nostro piatto di pasta, a cominciare dalla bollitura dell’acqua. Il fatto di aggiungere il sale solamente quando si è raggiunta l’ebollizione non è una leggenda, ma ha una base scientifica e corrisponde ad un reale fenomeno fisico-chimico che vede l’acqua salata bollire ad una temperatura maggiore di quella dolce. Salandola a freddo occorrerebbe quindi maggiore energia per farla bollire. Il terzo accorgimento è relativo alla quantità d’acqua impiegata.
Se è vero che più acqua c’è meglio è, sarà bene limitarci al limite minimo per ottenere risultati perfetti, e cioè 1 litro d’acqua per ogni etto di pasta. A tal proposito si consideri che l’energia necessaria a far bollire un litro d’acqua equivale all’energia consumata da una lampadina in 5 ore.
Infine, sapendo che in termini generali il fornello a gas è quello che produce l’impatto minore sull’ambiente, è utile sapere anche che scegliendo l’elettricità, il piano a induzione è decisamente più efficace dal punto di vista energetico di quello tradizionale a resistenza.
Al di là della questione ambientale, questa è l’occasione per sfatare una volta per tutte il mito dell’invenzione della pasta da parte dei cinesi, e importata in Italia da Marco Polo. A parte gli scritti di Apicio sul làganum, compaiono i maccheroni in un testamento datato 1279, nel quale il notaio Ugolino Scarpa raccoglieva le ultime volontà del milite Ponzio Bastone riguardo ad una certa “bariscella plena de macaronis”. Marco Polo fece ritorno dal suo viaggio solo nel 1992, ben 13 anni dopo! Impossibile dunque attribuirgli la paternità della cosiddetta "scoperta". Si sa per altre fonti che detti macaronis all’epoca erano simili agli odierni malloreddus sardi. In quanto agli spaghetti, già molto tempo prima gli arabi avevano insegnato ai siciliani a confezionare “un alimento di farina simile a fili”, di cui gli abitanti di Trabìa erano diventati abili produttori. Il nome arabo di tale meraviglia era Itryah, e ancora oggi i palermitani si deliziano con i noti vermicelli di Tria.
Detto tutto ciò, possiamo finalmente goderci un sano piatto di spaghetti avendo salvo l’onor patrio ancorché il pianeta, il che non è poco. Non ci rimane che fare i conti con le calorie e l’ormai imminente prova costume, ma questa è un’altra storia. Categoria: Energia
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