La nostra Africa

Percorsi a confronto” è il progetto di educazione alla legalità che la Casa Circondariale di Varese organizza da quattro anni con le scuole cittadine. Vi proponiamo questa riflessione scritta dal “gruppo stanieri” presente nella Casa Circondariale di Varese

Un pomeriggio in via Morandi 5 – sì, proprio l’indirizzo del carcere di Varese -, per conoscere culture diverse e raccontarsi. Procede così il progetto di Educazione alla Legalità “Percorsi a confronto” promosso dall’Area Educativa dell’Istituto Penitenziario con alcune scuole del territorio. Giovedì pomeriggio un gruppo di studenti ha avuto la possibilità di entrare in Istituto e incontrare alcuni detenuti provenienti dal Nord Africa che hanno raccontato e offerto alcune informazioni sui loro Paesi.
Il gruppo “stranieri” è un’attività ormai stabileall’interno delle iniziative trattamentali della Casa Circondariale e nell’ultimo mese tutti hanno lavorato “testa bassa” per organizzare l’incontro.
Ci incontriamo nella sala colloqui: gli studenti con i loro docenti sono pronti e tocca ad Ahmed rompere il ghiaccio. Sullo schermo bianco passano immagini della sua città in Tunisia e lui offre informazioni, dati, qualche curiosità sul giorno della sua partenza, l’acquisto del gommone e il suo arrivo una mattina sull’isola di Pantelleria. Poi tocca a Mohamed parlare del Marocco, la porta dell’Africa. Descrive la bellezza del paesaggio, parla del mare e di deserto, della sua terra, lasciata anni fa. Abdelghani offre a tutto il gruppo informazioni sulla lingua araba, sulla diffusione della stessa nel mondo arabo, si ripetono insieme le lettere con i loro suoni gutturali quasi impossibili. Insegna ancora il saluto arabo, mentre Said e Mustafa raccontano della cultura: il valore della famiglia e la loro religione, in particolare la festa del Ramadan, il mese sacro dell’Islam, quello del digiuno che si conclude dopo trenta giorni con una grande festa e con importanti momenti di solidarietà e vicinanza tra le persone “una grande festa di pace”. E poi Aziz e i sapori e colori della cucina araba: sembra di sentire l’odore delle spezie, vedere il colore delle verdure mentre parla di cous cous e da ultimo racconta del rito del thè.
Finiti i racconti e le parole offriamo agli ospiti un momento di convivialità: thè verde alla menta ebiscotti preparati nella cucina dell’Istituto dagli stessi detenuti. La tensione ora è allentata, ci si può conoscere con tranquillità e quasi in modo “normale”. Ognuno di noi ha dato il meglio che poteva: ci sono fogli interi scritti a mano e poi copiati con una scrittura più bella, chi va a scuola ha preparato il proprio lavoro al pc con l’aiuto degli insegnanti. La mattina tutti hanno provato e riprovato a ripetere il proprio discorso per fare bella figura con una lingua a volte ancora da conoscere nei suoi termini più difficili. Tutti hanno creduto nel potere delle parole e dei racconti per poter avvicinare i ragazzi delle scuole e i loro insegnanti alla conoscenza e all’incontro con una diversa cultura ed è stato un successo.
L’incontro prosegue con momenti di confronto e lavori di gruppo. Si parla di quel che succede in Italia, degli sbarchi, delle persone che arrivano e che cercano la fortuna. Una cosa è certa: se si decide di conoscere gli altri e di ascoltare una buona parte dei nostri pregiudizi crolla e si può parlare di integrazione, solidarietà, incontro.
È stato un pomeriggio diverso, non sembrava nemmeno di essere detenuti. Grazie a chi l’ha reso possibile, agli operatori dell’Istituto , Educatori, Polizia Penitenziaria, Insegnanti, Agenti di rete. Ma soprattutto grazie a Ahmed, Mohamed, Ibrahim, Abdelghani, Said, Mustafa, Aziz e anche a Rachid, Yassine e Chakib che in questo mese hanno dato una mano e poi sono andati altrove. Grazie alle parole, le immagini, i suoni e le emozioni di un pomeriggio di incontro con il “gruppo stranieri”.

E per finire, un saluto
UA ALAICUM SSALAM ,
CHE LA PACE SIA SU DI VOI

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