L’ultima farfalla

C’è della poesia, a volte, nella frustrante quotidianità di un pendolare. Come la luna piena che fa capolino da dietro i tralicci dell’alta tensione della ferrovia. L’aria è più frizzantina, viene dai monti innevati che, al chiar di luna, si riescono persino a vedere, dalla città fin su, verso la Svizzera.
Viaggiatori assorti al binario uno, immobili e accarezzati dal vento freddo, ma non troppo, d’inizio dicembre: c’è persino una farfalla. Volteggia nell’aria, come un puntino colorato che porta buon umore, disegna forme immaginarie a mezz’aria, scende ad altezza banchina e si posa. Immobile, eccola mostrare la sua livrea colorata: in mezzo a tutto il marciume di periferia, due piccole ali colorate illuminano pensieri fin troppo immersi nella quotidianità. Ali che si posano e sguardi che si posano su di loro. Un fermo immagine di una frazione di secondo e… schratch! Un colpo a bruciapelo, uno scarpone firmato in pelle di cervo: un giro di suola, come per spegnere un mozzicone, e della farfalla non resta più nulla. L’assassino, un palestrato in giubbotto di pelle, la guarda appena, abbozza un sorriso beffardo, getta il mozzicone sul binario e sale sul suo treno.
La gente smette di sognare e torna a incollare il proprio sguardo ai telefoni cellulari, a spedire messaggi a chissà chi. Non si vede nemmeno più la luna, nascosta dai vagoni, si torna a sentire la solita puzza di mondo non lavato.

2 pensieri su “L’ultima farfalla

  1. Devo farti i complimenti. Anch’io mi cimento a scrivere poesie e racconti brevi. Il tuo in questione lo trovo ottimamente espressivo, ed anche se a qualcuno potrebbe sembrare superficiale (dopotutto sono impressioni che ci portiamo dentro di noi tutti i giorni)c’è una sostanziale differenza, chi scrive trasmette una cosa semplice ma importante: che non si può fare a meno di leggere, perchè leggere aiuta a migliorarci e ci fa anche riflettere! E non a torto il buon E. de Amicis affermava: “che una casa senza libri è come un giardino senza fiori”.

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