Fa lo spirito santo. Ovvero sfida la forza di gravità e rimane fermo a dieci metri dal suolo. Il gheppio dell’autostrada è la presenza fissa dell’ora del rientro dei pendolari, quasi sempre in coda alle porte di Milano. A passo d’uomo sull’asfalto rovente, costeggiano il carcere di Bollate, territorio di caccia per il gheppio: topi, lucertole, conigli, bisce, per loro la possibilità di fuga è nulla. Da quel carcere, da dietro le sbarre, i detenuti osservano un pezzetto di mondo puzzolente e inquinato. C’è soltanto il gheppio, e per fortuna, a ispirare un senso di libertà.
La natura l’ha fatto simile a un piccione, ma il gheppio ha ben altro portamento: rapido, elegante, spettacolare.
E anche Beppe, la guardia carceraria, attende ogni giorno il rito del gheppio con meraviglia quasi infantile, mentre lo osserva in cielo, a metà strada tra gli edifici scatoloni e le mura del carcere e l’autostrada intasata. Allo stesso modo, il poliziotto è stato l’unico ad emozionarsi l’altro giorno in tribunale, mentre è scoppiato il “finimondo” a causa di tre gheppi che volavano in un’aula piena di magistrati, avvocati e imputati. Si stava mettendo sotto processo la ndrangheta in Lombardia, ma tutto si è fermato, per una mattina, a causa di tre rapaci. La loro voglia di libertà ha avuto la precedenza e potrebbe essere un segno. Il gheppio, simbolo della natura che non accetta barriere e vola al di sopra di questa società degradata. E, per fortuna, stupisce ancora.
Ma sai che li vedo sempre i gheppi mentre vado verso Pavia? Sono micidialmente poetici…
A presto!