La storia si fermò: Milano asburgica

“Viva Radetzky!”. Lo dicevano già allora, i nostri avi campagnoli, che mal sopportavano i signori: lo dico ancora io, in questo stato ideale che, per fortuna, vero stato non è, e nemmeno regione. Forse è provincia. “Viva Radetzky!” contro l’ingiustizia dei ricchi che sfruttavano i poveri contadini, ma per fortuna che quelle 5 giornate furono un flop, dopo pochi mesi. Ora sì, uber alles, siamo cittadini austriaci: sì, forse fratelli minori, ma sempre in famiglia asburgica siamo…. Willkommen in Mailand! Non siamo nemmeno lombardi, siam qualcosa di più: lombardo-veneti! Keine Padania, bitte. Lumbard tass, siam lombardo-veneti-austro-ungarici: e guai a chi la mena con la solfa di Pontida, Legnano, il Carroccio e l’Alberto da Giussano. Tutte favole che l’impero, giustamente, ci ha fatto dimenticare, a nerbate. E per fortuna, che in questa provincia austriaca, quei barbari dei piemontesi non hanno sfondato.
Ora sì che siamo felici! Mailand, Lombardo-Veneto, 2 marzo 2011: una terra dove tutto funziona a meraviglia, ci sono le aiuole e i prati sempre verdi, le mucche che pascolano qua e là, le stazioni che funzionano, le città pulite. Milano sembra un bijou, non me ne voglia l’imperatore se uso un termine francese un po’ volgare. Quel Radetzky ci accontentò: e ora, finalmente, il tedesco è la prima lingua, l’italiano è un dialetto, il dialetto è un sottodialetto. Vielen dank, geliebt Osterreich, amata Austria, per averci evitato un risorgimento che, altro non era, che un’idea malata nella testa di pochi.
Ma che bell’Austria meridionale siamo! Con tutte quelle tasse da pagare a Vienna: sono davvero menti amorevoli e illuminate i nostri governanti. Ora, come in passato. Come quando ci misero la tassa sul fumo: grande idea. Oggi, per dimostrar progresso, alla tassa sul fumo hanno giustamente accompagnato l’obbligo di fumare, altrimenti che tassa è: e così hanno fregato i furboni che si erano messi in mente pure di scioperare, come fecero quei mentecatti del ’48 (Ottocento).
Sehr gut, canederli e rustisciada ci stanno a meraviglia assieme: in onore di Maria Teresa. Sì, viva Maria Teresa imperatrice! E tutte le sue riforme che rendono orgogliosi i tirolesi come i friulani e pure i bresciani: e bravi i mantovani che, ormai da tempo, hanno ripudiato Virgilio e mille anni di gloria italica, per il progresso germanico. Wir tanzen Strauss! Si danza e si fa festa con il mito imperiale, il valzer di Strauss: così spumeggiante e decisamente più appropriato per questa terra, piuttosto che quel rovinacervelli di Giuseppe Verdi, così patriottico. Troppo.
Meglio questa Mailand che si fa spremere da Vienna, sì: spremete i nostri signori, spremete anche noi, ma fateci felici, con i vostri divieti e imposizioni lungimiranti. Zwei svanziche per un gelato al limon: prezzo equo, non si discute. Dispotismo illuminato: perché chiedere di più? Non oppressione, bensì regno: perché pensare a un consiglio regionale democraticamente eletto, se possiamo contare su ben altro sistema di governo, lecitamente imposto sulle teste di noi poveri ignoranti lombardi. Democrazia… che sciocchezza! Meglio confidare in una nobile famiglia, superiore per rango e potere. Ci toglie da ogni imbarazzo: non vorrete che accada, che so, che un brianzolo arricchito e senza istruzione possa un giorno arrivare a possedere televisioni e giornali e, magari, lavar il cervello alla gente? E, cosa inaudita, possa addirittura ambire a governare questo stato? Da sudditi, almeno, siamo salvi da certi pericoli, tipici della democrazia.
Viva Radetzky! Che ci ha liberati da sventure ben peggiori, da quel Cavour che avrebbe voluto farci tutti piemontesi, da quel Garibaldi volgare e violento, o da quel Cattaneo che sognava una Lombardia diversa: e pensava addirittura al federalismo. Ma si sa, il federalismo è il compimento massimo della democrazia, impone un’identità nazionale talmente forte da non temere, anzi da trarre giovamento dalle autonomie: uniti nella diversità, quante fandonie! Lumbard tass! C’è l’Asburgo che parla per te. Tutto il resto è inutile, ci basta una monarchia tedesca che decide per noi. Che ce ne facciamo della democrazia e dell’Italia? Wir sprechen Deutsch! Osterreich uber alles!
17 marzo: l’è al dì di mort, alegher!

Un pensiero su “La storia si fermò: Milano asburgica

  1. L’impero asburgico seguiva una politica contro gli Italiani ed intendeva cancellarne la nazionalità. Una valutazione obiettiva e veritiera della natura dell’impero asburgico, fondato sul principio dell’egemonia dell’elemento etnico austriaco, può essere introdotta ricordando la verbalizzazione della decisione imperiale espressa nel Consiglio dei ministri il 12 novembre 1866, tenutosi sotto le presidenza dell’Imperatore Francesco Giuseppe. Il verbale della riunione recita testualmente:
    “Sua maestà ha espresso il preciso ordine che si agisca in modo deciso contro l’influenza degli elementi italiani ancora presenti in alcune regioni della Corona e, occupando opportunamente i posti degli impiegati pubblici, giudiziari, dei maestri come pure con l’influenza della stampa, si operi nel Tirolo del Sud, in Dalmazia e sul Litorale per la germanizzazione e la slavizzazione di detti territori a seconda delle circostanze, con energia e senza riguardo alcuno” [La citazione della decisione imperiale di Francesco Giuseppe di compiere una pulizia etnica contro gli Italiani in Trentino-Alto Adige, Venezia Giulia, Dalmazia, si può reperire in Die Protokolle des Österreichischen Ministerrates 1848/1867. V Abteilung: Die Ministerien Rainer und Mensdorff. VI Abteilung: Das Ministerium Belcredi, Wien, Österreichischer Bundesverlag für Unterricht, Wissenschaft und Kunst 1971; la citazione compare alla Sezione VI, vol. 2, seduta del 12 novembre 1866, p. 297]
    Si trattava d’una decisione di pulizia etnica contro gli Italiani, che fu eseguita dalle autorità imperiali con grande durezza, portando praticamente all’estinzione la presenza italiana in Dalmazia ed indebolendola di molto in Trentino-Alto Adige ed in Venezia Giulia. Ma Radetzky progettava di germanizzare a forza il Lombardo-Veneto, vessato da violenze continue e da una fiscalità immane, già prima del 1848.

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