Dieci giorni fa, se n’è andato un vecchio professore. Ha chiuso gli occhi, chissà, pensando a un mondo che ha sempre studiato, immaginato, ricostruito, amato, insegnato, ma che non ha mai visto di persona: mi piace immaginarmelo così, nel suo ultimo pensiero, con la mente rivolta a una Lombardia lontana, dentro a una sommossa popolare, o dietro alle barricate delle Cinque giornata. O chissà, a parlare d’Italia a Giandomenico Romagnosi e a Carlo Cattaneo. Prima di andarsene da questo mondo, il professore ha insegnato a Milano la storia del risorgimento italiano, ha spiegato a generazioni di ragazzi come un sentimento regionale si è trasformato in un sentimento nazionale. Ha scritto, documentato, trasmesso: passioni, saperi, fatti. E nel suo seminare, anche nella mia zucca semivuota, qualcosa è germogliato. Un piccolo ricordo, il mio, a dieci giorni dalla scomparsa di Franco Della Peruta, ringraziandolo per la pazienza e la dedizione sincera all’insegnamento della storia, quella storia che ogni cialtrone vorrebbe piegare e rimodellare a suo vantaggio, ma che, se l’hai studiata con i giusti maestri, allora è un valore da difendere. L’insegnamento del professore, in questa stanza polverosa, non ha prodotto un cattedratico e nemmeno il miglior studente di storia del risorgimento: tuttavia, qualcosa ha dato frutto. E al professore, per esempio, devo la conoscenza di un personaggio a me caro, Cesare Cantù, a cui la cultura lombarda deve molto. Il concetto di letteratura popolare, di riscoperta delle tradizioni, di salvaguardia della storia piccola, quella della propria terra, del proprio villaggio sono valori oggi molto importanti. Fondamentale anche per chi è alla ricerca di fonti d’ispirazione narrativa: per una narrativa lombarda, ma non padana. Ho voluto ricordare Franco Della Peruta, ho voluto parlarvi di Cesare Cantù e, riferito a quest’ultimo, vi presento un personaggio davvero curioso: Carlambrogio di Montevecchia. Cercatelo se vi va, si nasconde nelle biblioteche lombarde, e vi garantisco che sarà una piacevole scoperta. Costui, interpellato dai contadini lombardi, diceva questo: “Se la discordia entra nell’alveare, il miele toccherà ai calabroni: così, se un popolo non è unito, fa la zuppa a’ suoi nemici. Diffidate sempre miei buoni compatrioti, di quelli che cercano di suscitare tra voi odi di partito. Costoro vogliono pescar nel torbido: sperano nel disordine beccar qualcosa, senza curarsi del male che può venire al paese. Vi contano belle parole, promettono mari e monti; ma credete a me, e’ guardano solo al proprio interesse e del vostri si fanno gioco”. Vi consiglio di andare a scovarlo nelle biblioteche, tra le pagine antiche, che odorano di storia. Se, invece, siete più tecnologici e gli aspetti “romantici” della lettura v’interessano meno, lo trovate anche su Google books, gratuitamente: http://books.google.it/books/about/Il_Carlambrogio_di_Montevecchia.html?id=H6kpAAAAYAAJ&redir_esc=y