Lo strano caso di mister F: sotto la banca, la capra crepa
Tanto lui, mi risponderebbe comunque: «Mi raccomando, mister F, mi ritenga sempre a sua disposizione. In caso di dubbi, non esiti a chiamarmi, i suoi risparmi comunque sono in buone mani», con quel sorriso d’ordinanza stampato sul volto. E lo dirà non prima di avermi stuprato il conto.
Succede sempre così, prima di entrare vorresti avere un’arma da usare come un rapinatore, per far giustizia così; quando esci, chiedi scusa a vanvera e senza motivo, mentre quell’omino di fatto ti rapina col sorriso sulle labbra.
Tutto era cominciato anni fa, ai primi anni di risparmi e lavoro, quando un bel giorno, quell’omino fresco d’assunzione, dallo sportello mi rimproverò: «Ma suvvia, mister F, che fa con questo conto corrente? Non investe? Con i costi attuali, lei ci rimette, il conto corrente costa».
Il primo incontro non lo si scorda mai, ma con tutti quei complimenti, con tanto di caramella gommosa omaggio, m’impedirono di far luce sulla questione, fino a molte ore dopo. Fu in tarda serata, mentre mi rivoltavo nelle lenzuola, che riuscii a realizzare che, se affido i miei soldi a una persona, il minimo che possa pretendere è che me li possa restituire. Se io, invece, chiedo un prestito alla banca, la restituzione viene imposta secondo le regole dello strozzinaggio, ma fatto con il galateo. Se io, invece, presto soldi a una banca, glieli affido con fiducia e belle speranze, succede che sono un peso, un costo per chi li riceve.
E allora? «Li investa, le consiglio i nostri prodotti». E cominciò, allora, una lunga esibizione con giochi di prestigio, illusionismo e qualche immaginario cotillon (i ricchi premi, col cavolo che comparivano tra le clausole). Quell’omino scatenato davanti a me, io seduto e con la fronte sempre più corrugata e un rivolo di sudore che mi colava dietro l’orecchio fin dentro la camicia.
«Ha capito?!» Dopo un’ora di “televendita” non me la sentivo di negare, che figura ci avrei fatto! Risposi con un cenno, con un pollice alzato, ma con tanta confusione in testa. «E ora dovrà rispondere a un piccolo questionario». E cominciò l’interrogazione con una lunga serie di domande, tra le quali mancava soltanto un quesito sulle mie abitudini sessuali e sulla frequenza intestinale, ma forse mi chiese anche quello e non me ne accorsi. Risultato? «Lei mi rientra nel profilo prudente, caro mister F». Ma va? Non lo sapevo, avrei voluto rispondergli: «Peccato, ma dove sta il tavolo verde o la roulette, dai fatemi fare una puntatina».
In banca, come al casinò: l’Italia fondata sul lavoro e sul risparmio si trasformò in pochi anni nell’Italia fondata sulle scommesse in borsa. A giocare, ignari del proprio destino, frotte di ex piccoli risparmiatori che quegli omini in giacca e cravatta vollero trasformare in maghi della finanza. «Ah, caro mister F, le nuove tecnologie sono il futuro, lei non può non investire in questo campo, lo stanno facendo anche molti altri! Vedrà». Mi disse “vedrà” e io, poi, vidi: un anno dopo le tanto conclamate nuove tecnologie erano un bluff e tutti gli investimenti “carta straccia”.
«Ma caro mister F – mi rimproverò il solito omino – ma lei mi è entrato in borsa, quando era ai massimi indici. Insomma mi è entrato troppo tardi e ora mi vuole uscire troppo presto. Certo che se lei azzarda a entrare quando siamo ai massimi…». Mi stava amabilmente prendendo per il culo, ma non riuscivo a realizzare. Anzi, mi venne da dire sotto voce: «Mi scusi, non lo faccio più» (continua)
tutto vero, condivido. Roba da ammazzarli tutti i bancari e il sistema in genere….