Riprendo il blog, dopo la preannunciata pausa, e riparto da un luogo che reputo tra i più “letterari” tra quelli che ho visitato negli ultimi anni. Antibes, la città vecchia, quasi un cammeo incastonato in una costa che, secondo me, sembra vivere in una realtà parallela, forse virtuale: tra la superficialità e la vanità sbandierate di presunti ricchi. Montecarlo, Nizza, Cannes, Juan les Pins, ovvero la Costa Azzurra cretina che vive di ostentazione di superfluo. Decisamente ridicola, se immaginata in qualsiasi fantasia, assolutamente fuori dalla realtà in questo momento non facile per l’economia europea. E poi c’è Antibes, la città vecchia, poche strade tortuose che circondano due torri e ciò che resta delle antiche mura, proprio sul mare. Un promontorio che si affaccia sul porto, pieno zeppo di yacht da ultramiliardari: eppure dentro quelle strade è diverso. Al di là della routine acchiappaturisti, ho trovato spunti ancora in grado di lasciare un’impronta. Scorci, colori e volti in grado d’ispirare.
Ho visitato il museo Picasso, qui nella città del suo atelier dell’ultimo periodo (prima di ritirarsi nell’entroterra di Mougins): ma non l’ho voluto vedere col piglio di chissà quale intellettuale, l’ho visto con mia figlia. Cinque anni e un punto di vista spesso illuminante, più di quello dei critici d’arte, che sinceramente non m’interessa. Resto fermamente convinto che la pittura, come tutte le arti, siano fonti d’ispirazione e d’insegnamento preziosissime per qualsiasi scrittore. Tutta l’arte, certo, ma vista non tanto con l’occhio dell’esperto, bensì con un approccio più “ingenuo” che colga l’essenziale, ovvero l’emozione genuina che riesce a trasmettere un’opera. Picasso, l’ammetto, non l’ho mai amato, ma qualcosa mi ha sempre affascinato del suo genio che lo ho portato a scomporre la realtà e a rappresentarla in modo spesso sconvolgente: del resto, penso (da ingenuo) che Picasso stesso non ambisse certo a trasmettere le stesse emozioni che evoca la luce di un Caravaggio. Penso che volesse ben altro: io, ingenuo in visita al museo di Antibes e che si confronta con una bimba di 5 anni, ho incontrato un Picasso che non mi è piaciuto, non mi ha estasiato, ma mi ha interrogato.
E della “sua” Antibes, Picasso ha fissato soprattutto il colore: quel colore che, in fondo, ho colto nelle stradine della “vieille ville”. Tanti locali e negozi acchiappa turisti, sì, ma anche volti, odori, suoni e colori che s’imprimono in uno sguardo attento e sensibile. Le donne sono una presenza costante e decisamente sensuale, nella città vecchia: il fascino femminile di questo angolo del sud della Provenza non sembra poi tanto diverso da quello che affascinò Picasso stesso, oltre a scrittori come Graham Green. Il mio è uno sguardo che indugia, ma con approccio del tutto platonico, esplora e studia, da marito sereno piuttosto che da scrittore in cerca di avventure. Tuttavia, è sufficiente per cogliere spunti importanti: per esempio Brigitte, che tra i vicoli di Antibes, ha deciso di aprire tutta sola un café e ristorante su misura. La sua, di misura, quella di una donna. Quattro tavoli, forse cinque, poltrone e arredamento femminile per un’impronta decisamente insolita: e tutto è cucinato come a casa, nei tempi e nei modi. Sperimentando profumi floreali e accostamenti decisamente insoliti per noi italiani. A prezzi in controtendenza, qui, ovvero alla portata di tutti. Brigitte, bella signora di mezza età, sensuale, ma non secondo i canoni sfacciati tanto in voga grazie ai modelli televisivi, sarebbe piaciuta moltissimo a Graham Green. Chissà, magari, al suo café ci avrebbe ambientato un racconto, un eterno confronto tra la femminilità francese e il fascino old style americano (che oggi soccombe di fronte al grezzo turista yankee, tutto fast food e infradito).
E da Brigitte, capita spesso d’incontrare Marie: donna apparentemente sola, ma lei dice di essere stata sposata, dallo sguardo tenero che fa colpo anche sui bambini. Vive ad Antibes da decenni e ama cantare il gospel. E al tavolo del café di Brigitte è quasi presenza fissa. Forse malinconica, sicuramente affascinante (ma non maliziosa): tanto che ha ispirato pittori, anzi soprattutto una pittrice che l’ha ritratta su una tela esposta proprio lì, nel locale di Brigitte. Sarebbe piaciuta a Picasso, Marie, ma siccome lo detesto (ma mi affascina), tanto meglio che non si siano mai incontrati: non riesco a immaginarmi quella bellezza scomposta e fatta a pezzi dall’estro del grande artista.
Antibes, una città che trovo letteraria: poche immagini appena evocate sembrano già l’inizio di un romanzo. E secondo voi, quali sono le città oggi più “letterarie”?
Si rischia di essere banali nel citare le grandi capitali europee o di altri continenti. Certo che per noi provinciali pensare alla propria cittadina come luogo letterario è alquanto difficile. Eppure ho scoperto, negli anni, molti libri ambientati a Modena: dai gialli di Giusppe Pederiali alla saga sui vampiri di Claudio Vergnani (vampiri a Modena?) e mi sono resa conto che proprio le cittadine di provincia, possono nascondere le atmosfere, gli umori, gli intrecci per buoni racconti (di genere o meno).