Se il salone del libro “vince”

Da pochi giorni si è chiuso il salone del libro di Torino, un evento che incassa l’ennesimo grande successo di pubblico. Con rammarico, non ho potuto visitarlo, quest’anno: mi sono limitato a immaginarmelo, grazie a chi me l’ha raccontato. Quando la cultura vince, quando 318.000 persone scelgono di dedicare un giorno ai libri e agli scrittori, mi sento un po’ meno pessimista sul futuro di questo Paese: menti positive ce ne sono tante, ne continuo a incontrare. Il pensiero illuminato, insomma, non soccombe sotto la valanga di grigiume che la nostra società produce.

Il salone del libro di Torino è, per certi versi, un baluardo della resistenza odierna: resistenza che non si fa più in montagna e contro dittatori in carne e ossa. I dittatori però esistono e sono quei meccanismi che impediscono alla gente di pensare, di elaborare un proprio disegno culturale. I simboli di questa dittatura sono la televisione e tutto quanto ci sta dentro: ovvero uno strumento che consente d’imporre un pensiero su tutti gli altri.

Proprio per questo, c’è un aspetto del salone del libro (ma non solo di quello) che non mi piace: è l’atteggiamento da star che, quasi sempre, contagia gli scrittori che vi partecipano. Il modello televisivo impera. Lo show man vince. Tempi duri per gli scrittori che scelgono la discrezione, l’introspezione, l’incontro con i lettori solo attraverso la riflessione contenuta in un libro. Oggi, la gerarchia degli scrittori viene dettata dalla tv. Uno scrittore che non vada in tv (meglio se da Fabio Fazio) che non sappia intrattenere un pubblico in un talk show è perdente.

La dittatura del non pensiero, imposta tramite la tv, annebbia ancora una volta le menti, Fortunatamente, però, ci sono i libri, tanti libri. Al salone del libro, parlano i numeri, i veri protagonisti sono stati i libri, più degli scrittori. Una varietà straordinaria di storie, opinioni e idee, tutte impilate lì tra i padiglioni e prese d’assalto dai visitatori, dalla fame di cultura autentica della gente. Per questo, mi sento meno pessimista sul futuro di questo Paese.

Un pensiero su “Se il salone del libro “vince”

  1. D’accordo, ho resistito. non lo volevo scrivere ma tu mi provochi. Io apro la pagina e questo post è sempre lì e allora lo devo dire: di quella montagna di libri una netta minoranza vale la pena di essere letta. E se la cultura che tu intendi ha la C maiuscola, allora sono ancora meno. Ma lungi da me anche solo l’idea di sfoltire quella pila perchè la censura mi atterisce e quel che vale la pena per me può inorridire qualcun’altro e viceversa.

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