Ripropongo un tema che avevo suggerito tempo fa, quello dello sport che ispira letteratura e vi segnalo che, proprio in provincia di Varese, vive uno tra i maggiori esperti in Italia. L’amico Alberto Brambilla, di Busto Arsizio, è un importante ricercatore universitario (in Francia e in Italia), e tra le sue numerose pubblicazioni vi sono anche diversi libri dedicati alla letteratura e lo sport. Tra questi, c’è un bel volume uscito qualche anno fa (2009) per Limina, dal titolo “Biciclette di carta. Un’antologia poetica del ciclismo” nel quale il bravo Alberto sviluppa un’accurata ricerca dedicata ai maggiori poeti italiani che si sono ispirati, almeno in qualche componimento, alla bicicletta. E da questo volume, vorrei proporvi una poesia di Mario Luzi che parla di salite e montagne. Così, in tempi di Tour de France, magari qualcuno di voi, davanti alla tivù, chissà, potrebbe trarre qualche ispirazione poetica nel guardare i corridori faticare sulle grandi vette. Un modo “alto” per sfuggire alle notizie dell’attualità, sempre macchiate di mediocrità.
Il termine, la vetta
di quella scoscesa serpentina
ecco, si approssimava,
ormai era vicina,
ne davano un chiaro avvertimento
i magri rimasugli
di una tappa pellegrina
su alla celestiale cima.
Poco sopra
alla vista
che spazio si sarebbe aperto
dal culmine raggiunto…
immaginarlo
già era beatitudine
concessa
più che al suo desiderio al suo tormento.
Sì, l’immensità, la luce
ma quiete vera ci sarebbe stata?
Lì avrebbe la sua impresa
avuto il luminoso assolvimento
da se stessa nella trasparente spera
o nasceva una nuova impossibile scalata…
Questo temeva, questo desiderava.
Questa poesia s’intitola Il termine, la vetta, ed è contenuta nella raccolta di Mario Luzi del 2009, dal titolo Lasciami, non trattenermi. Poesie ultime